CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 marzo 2022, n. 7107
Tributi – Accertamento – Associazione sportiva dilettantistica – Associazioni non riconosciute – Responsabilità personale e solidale per i debiti tributari dell’ente – Soggetto che ha effettivamente diretto la gestione complessiva dell’ente o che abbia svolto compiti di amministrazione
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle entrate emise, nel 2006, una serie di atti impositivi nei confronti di associazioni sportive dilettantistiche, operanti nella pallavolo locale del territorio di Carpi, riconducendole ad un’unica macro-organizzazione di supporto alla U.S.T.C. a..s.d. ed attribuendo loro plurime violazioni di norme tributarie.
Per quanto qui rileva, il contribuente Gianmarco G. fu destinatario di undici avvisi d’accertamento, relativi agli anni d’imposta dal 2010 al 2014, di cui tre quale legale rappresentante della C.V. 2008 e gli altri quale soggetto coobbligato ai sensi dell’art. 38 cod. civ., con riferimento alle posizioni delle varie ulteriori associazioni.
Lo stesso contribuente impugnò con separati ricorsi gli avvisi d’accertamento dinnanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Modena che, dopo averli riuniti, con la sentenza n. 854/01/17 li rigettò.
Avverso tale sentenza il contribuente ha proposto appello di fronte alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna che, con la sentenza n. 622/14/19, depositata il 25/03/2019, così ha deciso: «1) Annulla gli avvisi di accertamento emessi nei confronti di G.G. per le ASD: a) U.S.T.C.; b) P.C. 1971; 2) Conferma la legittimità degli accertamenti emessi nei confronti di G.G. per le ASD: a) U.P.C.; b) C.V. 2008. 3) Compensa le spese di giudizio.».
Il contribuente, con ricorso spedito per la notifica a mezzo posta il 25 ottobre 2019 e ricevuto dall’Agenzia delle entrate il 30 ottobre 2019, ha quindi proposto ricorso, affidato a sette motivi, per la cassazione della sentenza della CTR.
L’Ufficio, con controricorso notificato a mezzo p.e.c. al ricorrente il 10 dicembre 2019, ha proposto ricorso incidentale, affidato a due motivi.
Il contribuente ha depositato controricorso al ricorso incidentale, spedito per la notifica a mezzo posta alla ricorrente il 17 gennaio 2020 ed ha successivamente prodotto memoria.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente, il ricorso incidentale dell’Agenzia è tardivo ed inammissibile, come eccepito dal ricorrente nel controricorso al ricorso incidentale e come rilevabile anche d’ufficio.
Infatti, il termine di deposito del ricorso, nei venti giorni dall’ultima notificazione, di cui all’art. 369 cod. proc. civ., computato dalla data (30 ottobre 2019) di ricezione dell’atto notificato alla parte contro cui il ricorso è proposto (cfr. Cass. 07/05/2014, n. 9861) scadeva martedì 19 novembre 2020. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ., il termine – di venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso – per la notifica al ricorrente del controricorso, nel caso di specie contenente il ricorso incidentale, scadeva lunedì 9 dicembre 2020.
Pertanto la notifica al ricorrente, a mezzo p.e.c., del controricorso in data 10 dicembre 2019 è tardiva, con conseguente tardività ed inammissibilità del ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 371 cod. proc. civ. Né peraltro tale termine, scadendo successivamente al 31 luglio 2019, potrebbe ritenersi sospeso ai sensi dell’art. 6 , comma 11, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, in tema di definizione agevolata delle controversie tributarie.
Infine, nessuna rilevanza può avere sul decorso del termine in questione la circostanza che l’Agenzia abbia prodotto copia della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna n. 1319/11/19, depositata il 23/11/2019, che ha rigettato il ricorso erariale per revocazione della medesima sentenza d’appello qui impugnata. Infatti, a prescindere da qualsiasi ulteriore considerazione, deve rilevarsi che comunque, a norma dell’ultimo comma dell’art. 398 cod. proc. civ., la proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione ed il relativo procedimento, salvo provvedimento del giudice davanti al quale la revocazione stessa è proposta, su istanza di parte. Evenienza processuale, quest’ultima, che non è stata dedotta e documentata in questa sede.
2. Tanto premesso circa il ricorso incidentale, deve rilevarsi che, a differenza di quanto ritenuto dal Procuratore Generale, non può dichiararsi l’estinzione del giudizio con riferimento al ricorso principale del contribuente, atteso che quest’ultimo ha espressamente circoscritto il mezzo a due soli accertamenti ( THH044F03113, per l’anno d’imposta 2013, in materia di Ires, Irap ed Iva; e THH044F03115, per l’anno d’imposta 2014, in materia di Iva ), entrambi relativi alla Universal P.C. ASD, precisando altresì che è rispetto agli altri atti impositivi che ha proposto domande di definizione agevolata della lite e si è riservato di ricorrere soltanto in caso di diniego dell’agevolazione.
Pertanto la sentenza impugnata è oggetto di ricorso principale nei limiti dei predetti atti impositivi, che lo stesso ricorrente non include tra quelli di cui alle domande di definizione agevolata.
3. Con il primo motivo di ricorso principale il contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per l’omessa pronuncia in relazione al motivo d’appello concernente la pretesa «contraddittorietà e carenza della motivazione della pretesa fiscale».
Il motivo è infondato, atteso che la conferma esplicita, da parte della CTR, della legittimità degli accertamenti in questione, e quindi il rigetto dell’appello, comporta necessariamente, sul piano logico, l’implicito rigetto della pretesa invalidità formale degli atti impositivi per pretesi vizi della rispettiva motivazione (sul rigetto implicito cfr., ex plurimis, Cass. 13/08/2018, n. 20718).
4. Con il secondo motivo di ricorso principale il contribuente lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per la pronuncia ultra petita che consisterebbe nella rilevazione, da parte della CTR, dell’interpretazione dell’art. 38 cod. civ., ove applicato alla responsabilità delle persone che abbiano agito in nome e per conto dell’associazione.
Il motivo è infondato, atteso che la qualificazione giuridica della fattispecie concreta, ai fini della sua sussunzione in quella normativa astratta, e l’interpretazione di quest’ultima sono riservati al giudice e non costituiscono mutamento della causa petendi e del petitum erariale, rimasto inalterato. Nel caso di specie, nella sostanza, la CTR non ha modificato i presupposti della pretesa impositiva allegati dall’Ufficio, ma ha interpretato le corrispondenti norme che li qualificano .
5. Con il terzo motivo di ricorso principale il contribuente lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 38 cod. civ., per avere la CTR ritenuto la responsabilità del contribuente in ragione della sua carica di consigliere della Universal P.C. ASD, mentre l’Ufficio avrebbe dovuto provare la concreta attività svolta dal G. in nome e nell’interesse dell’associazione.
Il motivo è infondato.
Infatti la CTR ha fatto corretta applicazione dei consolidati principi elaborati da questa Corte in ordine all’applicazione dell’art. 38 cod. civ. in materia di obbligazioni tributarie, secondo i quali « Nelle associazioni non riconosciute, mentre per i debiti sorti su base negoziale non rileva la posizione astrattamente rivestita dal soggetto nella compagine dell’ente, rispondendo la responsabilità personale e solidale di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, di cui all’art. 38 c.c., all’esigenza di garantire i creditori in assenza di forma di pubblicità legale del patrimonio dell’ente, per i debiti d’imposta, sorti “ex lege”, risponde solidalmente delle sanzioni e del tributo non corrisposto, nel solo periodo di relativa investitura, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia effettivamente diretto la gestione complessiva dell’ente.» (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4747 del 24/02/2020).
Nello stesso senso, si era già precisato che « In tema di associazioni non riconosciute, per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale ma “ex lege”, è chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia svolto compiti di amministrazione nel periodo considerato, dovendosi presumere che, quale rappresentante, abbia concorso nelle decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell’associazione.» (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1602 del 22/01/2019).
Pertanto, «In tema di associazioni non riconosciute, la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 c.c., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto che abbia dato luogo alla creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi: peraltro, l’operatività di tale principio in materia tributaria non esclude che per i debiti d’imposta, che sorgono non su base negoziale ma derivano “ex lege” dal verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la gestione complessiva dell’associazione nel periodo di relativa investitura.» (Cass. Sez. 5-, Sentenza n. 25650 del 15/10/2018).
La CTR si è quindi uniformata a tali principi laddove, sulla base della carica formale rivestita dal contribuente nell’associazione, ha ritenuto, con argomentazione inferenziale esplicitata, che egli abbia concorso nelle decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell’associazione.
Premesso che i presupposti fattuali di tale argomentazione e la loro valutazione nel merito non sono sindacati (e comunque non sarebbero sindacabili, tanto più in considerazione del limite della c.d. doppia conformità di cui all’art. 348 ter, quinto comma, cod. proc. civ.), la decisione impugnata, in punto di diritto, è quindi conforme ai criteri già evidenziati.
6. Con il quarto motivo di ricorso principale il contribuente lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., assumendo che, in ordine al rilievo circa la «sovrafatturazione dei ricavi», determinata dalla CTR nella misura stimata del «50%», la motivazione della sentenza impugnata non prende in considerazione le censure mosse dall’appellante e si risolve comunque in una mera affermazione tautologica.
Il motivo, che si risolve nella sostanza nella denuncia della mera apparenza della motivazione della sentenza d’appello in parte qua, è infondato.
Infatti la CTR ha argomentato quali fossero i presupposti ( sproporzione degli importi pagati dagli sponsor e prelievi di contanti con relativa documentazione contabile, che facevano presumere la restituzione agli stessi sponsor di parte delle somme ricevute dall’associazione) dell’accertamento della «sovrafatturazione» e, per quanto sintetica, la motivazione rassegnata evidenzia le fondamenta del ragionamento logico-giuridico in ordine non solo all’an, ma anche al quantum del relativo fenomeno. Invero la circostanza che il giudizio di congruità e ragionevolezza della percentuale applicata dalla CTR sia ancorato, pur nella stringatezza dell’esposizione, a dati risultanti dalla documentazione esaminata, esclude che la valutazione si esaurisca in una mera determinazione equitativa e la rende, sotto il profilo della sussistenza di un’effettiva motivazione, non inferiore alla soglia del c.d. minimo costituzionale (cfr. Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
7. Con il quinto motivo di ricorso principale il contribuente lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., a causa dell’omessa pronuncia in ordine al rilievo di costi ritenuti inesistenti, che la CTR ha confermato per l’assenza di documentazione probatoria comprovante i relativi esborsi.
Il motivo, nel corpo del quale il ricorrente pare voler denunziare in realtà la ritenuta apparenza della motivazione della sentenza d’appello sul punto, è comunque infondato, atteso che una pronuncia, esplicita, sulla questione è stata resa ed è stata argomentata inequivocabilmente con riferimento al difetto di prova delle componenti negative del reddito (in coerenza, peraltro, con la ripartizione dell’onere della prova in materia).
8. Con il sesto motivo di ricorso principale il contribuente lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., a causa dell’omessa pronuncia in ordine alla mancata effettuazione di ritenute alla fonte sui compensi corrisposti ad atleti, allenatori e dirigenti dell’associazione.
9. Con il settimo motivo di ricorso principale il contribuente lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ancora a causa dell’omessa pronuncia in ordine alla mancata effettuazione delle ritenute alla fonte di cui al sesto motivo, con riferimento anche al trattamento differenziato cui avrebbero dovuto essere sottoposti i compensi eccedenti i 20.000,00 euro, assoggettati a ritenuta d’acconto.
9.1. Il sesto ed il settimo motivo vanno trattati congiuntamente per la loro connessione e sono infondati.
Infatti sul rilievo attinente le ritenute in questione la CTR si è pronunciata espressamente nella motivazione della sentenza impugnata, nell’ultimo capoverso di pag. 4.
Tale motivazione (che sinteticamente, ma univocamente, fonda la decisione sulla qualificazione in termini di compensi, e non di rimborsi, delle somme oggetto delle mancate ritenute), unita all’esplicita conferma integrale (per an e quantum) degli atti impositivi in questione, determina inequivocabilmente il rigetto, implicito, delle ulteriori deduzioni di cui al settimo motivo di ricorso. Il quale, peraltro, è comunque assolutamente generico e non autosufficiente in ordine alla questione dell’importo e della qualificazione delle ritenute, giacché non individua puntualmente quali e quanti sarebbero, in concreto, i compensi corrisposti rispetto ai quali, in ragione del quantum, sarebbe stata posta e sarebbe stata rilevante la questione della qualificazione delle dovute ritenute, rimanendo pertanto astratto. Tanto meno, poi, il motivo riproduce o indica (con riferimento al grado ed alla fase della relativa produzione nel merito) quali sarebbero i documenti sui quali dovrebbe fondarsi la relativa questione, ciò che è invece necessario a pena di inammissibilità, ai sensi dell’ art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. (Cass. 15/01/2019, n. 777; Cass. 18/11/2015, n. 23575; Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726; Cass. n. 1235 del 2019).
Infine, la stessa denuncia di un’omessa pronuncia non è logicamente compatibile con quella, evocata nel corpo del sesto motivo, della motivazione apparente, che presuppone invece che una decisione sia stata resa, ma non effettivamente motivata.
Peraltro, la CTR ha motivato sul punto per relationem con la sentenza di primo grado, della quale ha evidenziato puntualmente e condiviso esplicitamente l’argomentazione relativa alle anomalie in ordine ai pretesi rimborsi chilometrici ed alla conseguente qualificazione degli stessi come compensi , sui quali applicare le dovute ritenute, cosicché la motivazione d’appello non si è esaurita in un mero e generico rinvio alla decisione appellata (cfr. Cass. 23/08/2018, n. 21037, ex plurimis).
10. In ragione della reciproca soccombenza le spese di legittimità si compensano.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica alla ricorrente incidentale l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile quello incidentale e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 , se dovuto.