CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 marzo 2018, n. 7024
Tributi – Accertamento – Dichiarazione dei redditi – Cessione fabbricati – Plusvalenza
Ritenuto in fatto
1. In data 21.9.2004 la F. srl, in liquidazione, vendeva alla R. srl un immobile sito in Treviglio per la somma di € 1.450.000,00, oltre Iva. Tale valore era ritenuto congruo dall’Agenzia delle entrate. I soci di maggioranza della R. srl erano gli unici soci della F..
2.In data 6.12.2005 la R. srl rivendeva il medesimo immobile alla F. srl per la somma maggiorata di € 1.500.000,00 (€ 50.000,00 in più).
3. In pari data (6.12.2005) la F. srl vendeva lo stesso immobile alla Banca di Credito Cooperativo di Treviglio al prezzo di € 2.240.000.
4. In data 14-10-2009 l’Agenzia delle Entrate notificava alla R. srl avviso di accertamento ai fini Iva ed Ires per la rettifica degli importi dichiarati per il periodo di imposta dell’anno 2005. L’Agenzia delle entrate riteneva che le prime due operazioni avevano determinato per la R. srl una plusvalenza di € 71.750,00 per l’anno 2005, determinata dalla differenza fra il prezzo di vendita (€ 1.500.000) e costo di acquisto (€ 1.450.000), detraendo la quota di ammortamento, che, invece, la F. srl aveva interamente neutralizzato ai fini della tassazione il ricavo realizzato presentando una perdita fiscale di € 6.906.312,00, che quindi il “valore normale” dell’immobile della seconda vendita da R. srl e F. srl dell’1-12-2005, ai sensi degli articoli 9 Tuir e 14 dpr 633/1972, non poteva essere che quello relativo alla terza vendita in favore della Banca.
5. Con sentenza depositata il 18-5-2010 la Commissione Tributaria Provinciale di Milano accoglieva il ricorso della R. s.r.l. rilevando che l’accertamento ai fini Iva era nullo per illegittimo utilizzo della metodologia di accertamento che consentiva all’Ufficio di rettificare la base imponibile della cessione dei fabbricati solo nel caso risultasse inferiore al valore normale, che era nullo l’accertamento ai fini Ires per la mancata dimostrazione da parte dell’Ufficio del valore normale, che non vi era stato alcun artifizio finalizzato alla elusione dell’imposta.
6. Con sentenza depositata l’8-2-2011 la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate, confermando l’accertamento.
7. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione la R. srl.
8.Si difendeva con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
9. Depositava memoria illustrativa la R. srl.
10. L’impugnazione per Cassazione, da parte della Agenzia delle Entrate, della ordinanza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in data 15- 7-2011, con cui veniva disposta, su richiesta della contribuente R. srl, la sospensione della efficacia esecutiva della sentenza ai sensi dell’art. 373 c.p.c., veniva dichiarata inammissibile dalla Corte di cassazione con sentenza depositata il 16-6-2017.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di ricorso per Cassazione la R. s.r.l. censura la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione agli artt. 111 Cost., 132 c.p.c., 36 del d.lgs. 546 del 1992, 118 disp att c.p.c. e 360 comma 1 n. 5 c.p.c.. In particolare, si deduce nell’impugnazione che la Commissione Tributaria Regionale ha accolto il gravame con argomentazioni contraddittorie, in quanto, da un lato ha rimarcato che la plusvalenza è stata artificiosamente costruita dai soci delle due società, con l’interposizione della società in liquidazione F., con l’aumento del prezzo di vendita tra la F. e la terza acquirente Banca (terza vendita), con un prezzo finale molto alto rispetto alla quota di immobile da acquistare, pari al 10 % dell’intero stabile (il residuo 90 % era già della Banca), e dall’altro, ha concluso per la sussistenza del prezzo maggiore riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate in relazione alla seconda vendita, sempre in data 1-12-2005, confermando l’accertamento fiscale.
1.1. Tale motivo è fondato.
1.2.Invero, nella decisione della Commissione Tributaria Regionale si afferma: “La Commissione rileva che le motivazioni di difficoltà finanziaria poste a base dell’operazione non risultano in atti, posto che il prezzo dell’immobile risulta interamente pagato dalla Società R. prima della data del rogito. La plusvalenza è stata artificiosamente costruita dai soci delle due società, con l’interposizione della società in liquidazione F. srl in liquidazione aumentando il prezzo di vendita fra la F. ed il terzo acquirente la BCC. Non risultano ragioni finanziarie né motivazioni economiche alla base dell’intervento della F. srl in liquidazione né risulta giustificato un rialzo, rispetto ai prezzi mediamente praticati in zona, del prezzo finale di vendita oltremodo alto per una quota d’immobile del 10 %, deprezzata da servitù di comunione condominiali che, comunque, R. srl poteva ben cedere direttamente alla BCC”.
È evidente la contraddittorietà tra la motivazione della sentenza e la decisione finale (conferma dell’accertamento fiscale relativo alla plusvalenza).
Infatti, nella motivazione si afferma che, in realtà, il prezzo pagato nell’ultimo trasferimento alla BCC dell’1-12-2005 è troppo elevato rispetto al valore di mercato (“…aumentando il prezzo di vendita….”; “prezzo finale di vendita oltremodo altro per una quota d’immobile del 10 %”), ma poi, contraddittoriamente, prendendo come punto di riferimento della plusvalenza relativa al secondo negozio di compravendita tra la R. s.r.l. e la F. srl, sempre dell’1-12-2005, proprio il prezzo ritenuto troppo alto.
2. Con il secondo motivo di impugnazione la R. s.r.l. deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., non avendo la Commissione Tributaria Regionale pronunciato in relazione alla preclusione della Agenzia delle Entrate di rettificare il valore delle compravendita a seguito della legge comunitaria del 2008 (7.7.2009 n. 88) con riferimento al “valore normale”. Tale legge comunitaria ha abrogato la disposizione che consentiva alla Agenzia delle entrate di rettificare ai fini Iva la base imponibile della cessione dei fabbricati nel caso che questa risultasse inferiore al valore normale. Inoltre la legge comunitaria del 2008 ha abolito la norma del d.l. 223/2006 che fondava l’accertamento dei beni immobili sul valore normale con carattere di retroattività in funzione della esigenza di rimuovere la incompatibilità rispetto al sistema normativo comunitario.
La R. srl ha dedotto tali argomentazioni nella costituzione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale evidenziando che “all’Ufficio era preclusa la rettifica del valore indicato nell’atto di trasferimento perché in base alle norme vigenti al momento di effettuazione della compravendita, l’adozione di un prezzo superiore a quello previsto dalle tariffe catastali rivalutate era garanzia di intangibilità dei valori dichiarati, sia ai fini Iva che ai fini Ires”.
Effettivamente tale argomentazione difensiva è stata del tutto trascurata dalla Commissione Tributaria Regionale, incorrendo la Commissione nel vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c..
3. Con il terzo motivo di impugnazione la R. srl deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 39, 40 e 41 bis del dpr 600/973 in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per mancanza di presunzioni gravi precise e concordanti e per la dimostrata esistenza di valide ragioni economiche. Il ragionamento della Commissione Tributaria è fondato su un unico dato, per il quale il valore normale dell’immobile oggetto del secondo atto deve coincidere con il prezzo pattuito tra le parti nel terzo atto, trascurando del tutto le esistenti valide ragioni economiche e finanziarie della seconda compravendita.
3.1. Tale motivo è fondato.
Invero, la Commissione Tributaria si è limitata ad affermare che “le motivazioni di difficoltà finanziaria poste a base dell’operazione non risultano in atti, posto che il prezzo dell’immobile risulta interamente pagato dalla società R. prima della data del rogito”, senza considerare che l’unico indizio preso in considerazione dalla Commissione regionale va valutato unitamente alla non contestazione degli elementi di fatto presenti in atti, tali da dimostrare, secondo la ricorrente, le ragioni economiche della transazione intercorsa tra le parti.
Infatti, risulta pacificamente, in assenza di specifiche contestazioni, che dai mastrini delle due società emerge che il prezzo non è stato integralmente pagato dalla R. srl, con la conseguente stipulazione dell’accordo transattivo del 3-3-2005 tra le due società, a compagine societaria in parte diversa.
Deve tenersi conto, allora, della allegazione della circostanza che la R. s.r.l. non è stata in grado di pagare la seconda rata per € 550.000,00 (pur avendo già versato la somma di € 1.190.000 comprensiva di iva al 20%), sicché con la transazione del 3-3-2005 la R. avrebbe ritrasferito l’immobile alla F., con la restituzione della parte di prezzo già versato, e con un minimo utile di € 50.000,00, volto alla copertura delle spese dell’atto e degli oneri legati al mutuo.
La R., anziché iniziare una causa civile per incassare il residuo prezzo, avrebbe, dunque, preferito trovare un accordo per il ritrasferimento dell’immobile, posticipando la restituzione del prezzo già pagato dalla F. al momento dell’individuazione di un nuovo acquirente, poi individuato nella BCC.
Inoltre, deve tenersi conto anche della ulteriore circostanza che, se l’intento elusivo era quello di interporre la società F. in liquidazione nella vendita del 6-12-2005 alla BCC, in modo tale da far assorbire da essa la plusvalenza con le proprie perdite (mentre la R., essendo in attivo, avrebbe dovuto pagare l’imposta), resta da comprendere la ragione per cui alla prima vendita da F. a R. del 21-9-2004 al prezzo di € 1.450.0, 00, quindi ad un anno circa di distanza circa dalla seconda vendita, non sia stata applicata la plusvalenza. In tal modo la plusvalenza sarebbe sempre stata a carico della F., in liquidazione, con perdite ingenti, con la possibilità di assorbimento delle stesse.
La F., poi, avrebbe potuto vendere l’immobile direttamente alla BCC, ed anche in tal caso la plusvalenza sarebbe stata assorbita dalla F. in liquidazione.
4. La sentenza va, pertanto, cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie i motivi primo, secondo e terzo del ricorso; cassa con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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