La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5183 depositata il 6 marzo 2018 intervenendo in tema motivazione degli atti impositivi “per relationem” ha ribadito il principio secondo cui gli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza.
La vicenda ha riguardato una società di capitale a cui l’Agenzia delle Entrate notificava alcuni avvisi di accertamento ai fini delle imposte dirette ed IVA, avverso tali atti impositivi la società contribuente proponeva ricorso inanzi alla Commissione Tributaria i cui giudici, sia provinciali che regionali, accoglievano le doglianze della ricorrente annullavano gli atti impugnati relative alle imposte dirette per non aver adempiuto all’onere di allegazione, di cui all’art. 7 della legge n. 212/2000, dell’altro atto richiamato nella motivazione dell’avviso di accertamento si riferisce evidentemente agli atti che rappresentano la motivazione della pretesa tributaria che deve essere esplicitata nell’avviso di accertamento e non certo agli atti di carattere normativo o regolamentare. Inoltre la CTR nella sentenza evidenziava che all’epoca dell’avviso di accertamento la carica di “Direttore dell’Ufficio” era effettivamente ricoperta dal funzionario che aveva proceduto alla sottoscrizione dell’atto stesso; l’articolo 12, comma 7, Legge 212/2000, non prevede che, l’Amministrazione ricomprenda nella motivazione dell’avviso di accertamento le osservazioni formulate dal contribuente; secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. N. 10205/2003), la motivazione degli atti per relationem è pienamente legittima, in tema di avviso di rettifica da parte dell’Amministrazione Finanziaria di dichiarazione IVA, laddove si faccia rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza.
Avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso in cassazione affidandosi ad un unico motivo.
La società, resiste con controricorso, proponendo, altresì, ricorso incidentale basato su tre motivi, oltre ad articolare, in subordine richiesta di applicazione dello ius superveniens in materia di sanzioni.
L’Agenzia delle Entrate resiste al ricorso incidentale con controricorso.
I giudici di legittimità hanno accolto la doglianza dell’Agenzia chiarendo che la motivazione dell’atto tributario deve consentire al contribuente di valutare con pienezza di cognizione e senza riduzioni dello spazio di tempo a disposizione della fondatezza della pretesa fiscale e la conseguente condotta da adottare. Pertanto, l’articolo 7, comma 1, legge 212/2000 si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza.
Nel caso esaminato il verbale della Guardia di Finanza richiamato nell’avviso di accertamento era stato firmato dal legale rappresentante della Società, assolvendo così all’obbligo di motivazione per relationem, in quanto, effettuato mediante il riferimento ad elementi di fatto conseguenti da altri atti o documenti comunque connessi all’atto notificato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato.
I giudici del palazzaccio in merito al ricorso incidentale hanno respinto le doglianze in tema di sottoscrizione dell’atto impositivo precisando che legittimamente posto in essere da soggetto con qualifica dirigenziale di ruolo.
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