CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 aprile 2018, n. 9234
Licenziamento disciplinare – Rilievo di inammissibilità del ricorso – Ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello – Dimostrazione che esse sono tra loro diverse
Fatto
Rilevato che la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la legittimità del licenziamento intimato a C.G., dipendente della S.r.l. N.P., con comunicazione del 13.1.2010, per la condotta consistita nell’aver reiteratamente consegnato ai clienti del parcheggio, gestito dalla società, un resto inferiore al dovuto, all’atto del ritiro della propria autovettura, nella giornata del 7.10.2009, come emergeva a seguito di diffusione di un servizio giornalistico nell’ambito del programma televisivo denominato ” L.I.”; che la Corte territoriale osservava, per quanto qui interessa, che il lavoratore non aveva contestato l’accadimento dei fatti, nella loro storicità, quali risultanti dalla riproduzione visiva e tanto meno la riferibilità a sé degli stessi ma solo l’erronea indicazione – nel filmato – della data delle riprese nonché le modalità del montaggio per la trasmissione televisiva; che, in ogni caso, il filmato in forma integrale era stato prodotto in giudizio e dallo stesso emergeva che il dipendente, in sei casi su dieci, alla consegna, da parte del cliente, di una banconota di euro 20,00, a fronte di un costo di euro 3,00, restituiva sempre la somma di euro 15,00, salvo restituire l’ulteriore differenza nel caso in cui il cliente si fosse accorto dell’ammanco; che il lavoratore neppure negava di aver consegnato somme inferiori ma si giustificava affermando che i fatti erano dovuti a “situazioni contingenti”, senza, tuttavia, chiarire in cosa consistessero; che la prova orale confermava i fatti come emersi dalle riproduzioni filmate; che gli stessi integravano giusta causa di licenziamento, in ragione del vulnus cagionato alla fiducia della parte datoriale nell’affidabilità del proprio dipendente a rendere la delicata prestazione con la necessaria e completa rettitudine, trasparenza e diligenza; che la reiterazione degli episodi, il concorso con altri colleghi, la selezione dei clienti “distratti” attuata con accurata ponderazione allo scopo di non rendere prontamente riconoscibile l’incompleta restituzione del resto, la restituzione degli importi ai clienti che immediatamente si avvedevano dell’ammanco, la mancata segnalazione alla società – alla chiusura giornaliera della cassa – delle differenze contabili in eccesso rappresentavano elementi tutti che orientavano per un giudizio di proporzionalità della sanzione;
che ha proposto ricorso per cassazione G.C. affidato a due motivi;
che, con entrambi i motivi, ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., l’errata valutazione degli elementi di prova, l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, l’omessa ammissione di mezzi istruttori;
che ha depositato controricorso la società N.P. s.r.l.;
Diritto
Considerato che i motivi denunciati, configurando vizi di motivazione, sono inammissibili;
che, infatti, ai sensi dell’articolo 348 ter cod. proc. civ., commi 4 e 5, allorquando la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado il ricorso per Cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1-2-3 e 4 del primo comma dell’articolo 360 cod. proc. civ. ;
che la disposizione è applicabile ratione temporis ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato dall’11 settembre 2012 (articolo 54 co. 2 D.L. 83/2012); che, nel presente giudizio, l’atto di appello è stato depositato in data 17.6.2013;
che, per evitare il rilievo di inammissibilità, è onere della parte ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, onde dimostrare che esse sono tra loro diverse (Cass. nr. 26774 del 2016; Cass. nr. 5528 del 2014); che tale ipotesi non ricorre nella fattispecie;
che, in ogni caso, i vizi denunciati neppure indicano, nei termini rigorosi richiesti dal vigente testo del predetto art. 360 nr. 5 cod. proc. civ. (applicabile all’attuale giudizio) il “fatto storico”, non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053);
che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara Inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre agli esborsi liquidati in euro 200,00, alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso art. 13.
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