CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 aprile 2018, n. 9596
Licenziamento disciplinare – Procedura di contestazione della violazione – Termine per l’irrogazione del licenziamento – Decorrenza – Consumazione del diritto di difesa coincidente, in ragione della richiesta audizione orale, con la data fissata per la stessa – Interpretazione delle clausole di contrattazione collettiva – Lavoratore è libero di discolparsi nelle forme da lui prescelte, per iscritto o a voce e con l’assistenza o meno di un rappresentante sindacale
Fatti di causa
1. La Corte d’appello dell’Aquila, con sentenza n. 1024 pubblicata il 15.10.2015, ha respinto l’impugnazione proposta dal sig. N.W. confermando la sentenza del Tribunale di Vasto che aveva rigettato la domanda volta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento.
2. La Corte territoriale ha ritenuto insussistente la violazione dell’art. 8 del CCNL di settore sul rilievo che il termine di sei giorni per l’irrogazione del licenziamento, successivi alle giustificazioni, dovesse farsi decorrere dalla data dell’incontro fissato per l’audizione richiesta dal lavoratore, vale a dire dal 3.8.2011, coincidente nel caso di specie con la data della lettera di recesso.
3. Ha ritenuto dimostrato (sulla base della relazione investigativa e della deposizione del titolare dell’agenzia investigativa) l’addebito contestato al dipendente, vale a dire la mancata assistenza alla sorella disabile nei giorni di congedo straordinario ai sensi dell’art. 42 D.Lgs. n. 151 del 2001, e lo stesso tale da integrare una giusta causa di recesso per la grave violazione dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto e per l’intenzionalità della condotta.
4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il sig. N., affidato a due motivi illustrati da memoria, cui ha resistito con controricorso la C. spa.
Ragioni della decisione
1. Col primo motivo di ricorso è stata dedotta violazione di norme di diritto, dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro e, segnatamente, dell’art. 8 Sez. IV, Titolo VII, CCNL Industria Metalmeccanica Privata del 20.1.2008, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
2. A fronte della lettera di contestazione disciplinare ricevuta il 20.7.2011, la F.C., in nome e per conto del sig. N., aveva inviato lettera di giustificazioni recapitata il 27.7.2011, chiedendo l’audizione orale del proprio iscritto. L’incontro, inizialmente fissato l’1.8.2011, era stato differito su iniziativa della società al 3.8.2011 ma non aveva avuto luogo.
3. Il licenziamento è stato intimato con lettera del 4.8.2011, quando era abbondantemente trascorso il termine di sei giorni dalla data delle giustificazioni, previsto dall’art. 8 CCNL.
4. Col secondo motivo di ricorso è stata dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
5. La Corte territoriale ha male valutato il materiale probatorio in atti e, in particolare, la deposizione del teste G., titolare dell’agenzia investigativa incaricata dalla società, quanto allo svolgimento di attività lavorativa da parte del N. sia presso la propria agenzia, situata nello stesso stabile ove il predetto ha la residenza, e sia presso presunti clienti; non ha adeguatamente tenuto conto delle deposizioni degli altri testimoni, come A. e R., idonee a dimostrare l’assistenza notturna prestata dal N. alla sorella disabile.
6. Il primo motivo di ricorso presenta profili di inammissibilità perché formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c..
7. La censura è argomentata sulla base di una ricostruzione dei fatti (“il 26.7.2011 alle ore 13.03 la C. spa (sig.ra M.) contattava il sindacalista per chiedere lo spostamento dell’incontro al 3.8.2011; alle ore 13.42 dello stesso giorno la C. spa richiamava il sindacalista per confermare l’incontro del 3.8.2011 allo scopo di consentire la partecipazione del proprio consulente, dott. T.), divergente rispetto a quella operata dalla sentenza d’appello, del tutto sfornita di indicazioni in ordine alle fonti di prova dei fatti medesimi e alla collocazione dei relativi atti processuali.
8. La censura fa riferimento alle dichiarazioni rese dalla teste sig.ra M.B. M., responsabile del personale, ma la deposizione non è stata trascritta né è precisata la sede processuale in cui il relativo verbale è rinvenibile. E’ riportata la deposizione del teste A.D.L., sindacalista della F.C., ma solo per estratto e, anche in tal caso, senza precisazione sulla sede processuale di collocazione del verbale.
9. Le regole poste dagli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c. comportano che, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., di carenze motivazionali, ex art. 360, n. 5, c.p.c. o di un error in procedendo, ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 della medesima norma, è necessario non solo che il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, ma anche che ne venga indicata l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass. n. 19157 del 2012; Cass. n. 6937 del 2010; Cass. n. 15808 del 2008; Cass. n. 12239 del 2007).
10. Il motivo è comunque infondato atteso che la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio, acquisito nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui la disposizione dell’art. 7, comma 2, L. n. 300 del 1970 deve essere interpretata nel senso che il lavoratore è libero di discolparsi nelle forme da lui prescelte – e, quindi, per iscritto o a voce, con l’assistenza o meno di un rappresentante sindacale – con la conseguenza che, ove il lavoratore eserciti il proprio diritto chiedendo espressamente di essere “sentito a difesa” nel termine previsto dallo stesso art. 7, comma 5, il datore di lavoro ha l’obbligo della sua audizione, funzionale a consentire la piena rispondenza del giudizio disciplinare al principio del contraddittorio fra le parti, e, quindi, alla piena realizzazione del diritto di difesa dell’incolpato; da ciò consegue che le discolpe fornite dal lavoratore per iscritto consumano il diritto di difesa dello stesso solo quando dalla dichiarazione scritta emerga la rinuncia ad essere sentito ovvero la richiesta appaia, sulla base delle circostanze del caso, ambigua o priva di univocità, (cfr. Cass. n. 5864 del 2010; Cass. n. 1661 del 2008; Cass. n. 7848 del 2006; Cass. n. 9066 del 2005).
11. Correttamente la Corte territoriale ha computato il termine di sei giorni, previsto dal contratto collettivo per l’irrogazione del licenziamento, a decorrere dalla consumazione del diritto di difesa coincidente, in ragione della richiesta audizione orale, con la data fissata per la stessa.
12. Il secondo motivo di ricorso è infondato quanto alla dedotta violazione dell’art. 116 c.p.c.. Questa Corte ha più volte precisato (cfr. Cass. n. 11892 del 2016; Cass. n. 25029 del 2015; Cass. n. 25216 del 2014) che essa può porsi solo ove il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi probatori soggetti invece a valutazione. Nessuna di queste situazioni è rappresentata nel motivo di ricorso in esame.
13. Il motivo, ove anche riconducotto all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., in quanto denuncia sostanzialmente l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie, sarebbe inammissibile in base al dell’art. 348 ter, comma quinto, c.p.c., introdotto dall’art. 54, comma 1, lett. a) del D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012, in ragione della c.d. doppia conforme. Né nel caso di specie è dedotta la diversità delle ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado, (cfr. Cass. n. 5528 del 2014; Cass. n. 19001 del 2016; Cass. n. 26774 del 2016).
14. Il motivo di ricorso in esame sarebbe inammissibile ove pure si prescindesse dalle preclusioni di cui all’art. 348 ter, comma 5, c.p.c., vertendo la censura, tenuto conto del testo dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. ratione temporis applicabile, non su un fatto storico bensì sulla valutazione delle prove raccolte che si assume svolta in modo errato, (cfr. Cass., S.U., n. 8053 del 2014).
15. Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere respinto, con condanna di parte ricorrente, in base al criterio di soccombenza, alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
16. Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.
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