CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 maggio 2018, n. 10451
Tributi – IRPEF – Accertamento – Redditometro – Indici di capacità contributiva – Versamenti in conto capitale in favore di società – Somme pervenute da parenti – Onere di prova adeguata
Fatti e ragioni della decisione
A.F. ha proposto ricorso per cassazione – proc. n. 14466/2016, affidato a due motivi, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Campania n. 11541/44/2015, pubblicata il 17.12.2015. Il giudice di seconde cure, rigettando l’appello dell’ufficio, aveva confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento emesso sulla base di un accertamento sintetico alla medesima notificato per la ripresa a tassazione di IRPEF per l’anno 2007 pari ad euro 37.812,00, in relazione ai versamenti eseguiti negli anni 2008 e 2009 in favore della società B. srl della quale era socia al 90% ed al possesso di un’autovettura.
Secondo la CTR non vi era prova sulle causali dei versamenti relativi all’importo di euro 236.925,59 e delle generalità della persona per conto dei quali gli stessi venivano effettuati. L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.
A.F. ha inoltre proposto ricorso per cassazione – proc. n. 17270/2016, affidato ad un’unica, complessa censura, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Campania n. 1440/4/2015, pubblicata il 17.2.2016.
Il giudice di seconde cure, accogliendo l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate e rigettando quello incidentale della A., aveva disatteso il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento relativo alla ripresa a tassazione di IRPEF per l’anno 2008 pari ad euro 37.916.0, in relazione ai versamenti in conto capitale eseguiti negli anni 2008 e 2009 in favore della società B. srl della quale era socia al 90%. Secondo la CTR la circostanza che l’importo di euro 100.00,00 fosse pervenuto dai parenti della contribuente, essendo rimasta priva di prova. Quanto ai versamenti relativi all’importo di euro 140.500,00 che sarebbero stati eseguiti da G.M.G., D.P.A. e T.S., secondo la CTR non era stata fornita la prova della ragione dei versamenti e delle persone per conto delle quali i medesimi erano stati effettuati.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.
A.F. ha infine proposto ricorso per cassazione – proc. n.R.G. 17276/2016, affidato ad un’unica, complessa censura, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Campania n. 1439/4/2016, pubblicata il 17.2.2016. Il giudice di appello, accogliendo l’appello II principale proposto dall’Agenzia delle entrate e rigettando / quello incidentale della A., aveva disatteso il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso emesso sulla base di un accertamento sintetico alla medesima notificato per la ripresa a tassazione di IRPEF per l’anno 2006 pari ad euro 36.031.0, in relazione ai versamenti in conto capitale eseguiti negli anni 2008 e 2009 in favore della società B. srl, della quale era socia al 90%. Secondo la CTR la circostanza che l’importo di euro 100.000,00 fosse pervenuto dai parenti della contribuente era priva di riscontro. Quanto ai versamenti relativi all’importo di euro 140.500,00 che sarebbero stati eseguiti da G.M.G., D.P.A. e T.S., secondo la CTR non era stata fornita la prova della ragione dei versamenti e delle persone per conto delle quali i medesimi erano stati effettuati.
L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso.
I due procedimenti da ultimo indicati (R.G. nn. 17270/2016 e 17276/2016) vanno riuniti, stante la connessione soggettiva al proc. N.R.G. n.14466/2016 e possono essere tutti decisi con motivazione semplificata.
Esaminando con priorità il ricorso recante in N.R.G. 14466, va detto che con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 360 c. 1 nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 36 e 61 d.lgs. n. 546/1992.
II prospettato vizio di nullità della sentenza è infondato.
Ed infatti, la CTR ha esposto, anche se sinteticamente, le ragioni poste a fondamento della decisione, non limitandosi al rinvio per relationem alla pronunzia di primo grado, ma anzi espressamente individuandole nell’omessa dimostrazione, alla quale sarebbe stata tenuta la contribuente, circa la provenienza degli importi versati alla società pari ad euro 236.925,59.
Da ciò consegue il rigetto del motivo.
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 38 c. 4 e 6 dPR n. 600/73. La CTR avrebbe omesso di considerare le prove offerte nel corso del giudizio in ordine alla provenienza di somme idonee a giustificarle, evidenziando che le stesse non erano mai state adeguatamente valutate.
Il motivo è inammissibile. Va anzitutto rilevato che nella sentenza qui esaminata non si rinviene il vizio di violazione di legge prospettato dalla ricorrente, non avendo la CTR disatteso i principi che pongono a carico del contribuente l’onere di vincere la presunzione nascente dall’individuazione delle spese per incrementi patrimoniali – v., fra le tante, Cass. n. 21142/2016, secondo cui l’accertamento del reddito con metodo sintetico, ex art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore – invece escludendo che la A. avesse offerto valida dimostrazione del fatto che i versamenti in favore della Società B. srl fossero pervenuti da soggetti terzi e non dalla parte contribuente.
Orbene, il vizio di omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio non ricorre proprio in relazione alla compiuta verifica, condotta dalla CTR, in ordine alla mancata dimostrazione della provenienza delle somme versate in favore della società, dovendosi quindi ritenere che vi sia stato, da parte del giudice di merito, l’esame del fatto controverso nel giudizio. Ne consegue, pertanto, che a questa Corte è inibito il sindacato di cui all’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c.(cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014).
Il ricorso va pertanto rigettato.
Passando all’esame del ricorso n. R.G. 17270/2016, con l’unico motivo la A. deduce la violazione degli art. 360 c. 1 nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 36 e 61 d.lgs. n. 546/1992, nonché all’art. 38 c. 4 e 6 dPR n. 600/73. La CTR avrebbe omesso di considerare che in altro parallelo giudizio, concernente l’accertamento relativo all’anno 2007 e fondato sui medesimi presupposti, era passata in giudicato la statuizione resa dalla CTR Campania all’interno della sentenza n. 11541/44/2015, relativa alla prova che era stato messo a disposizione della contribuente l’importo di euro 100.000,00 da parte del nonno e dello zio. Sarebbe poi mancata la valutazione delle prove ad opera del giudice di merito che avrebbe così confezionato una sentenza radicalmente nulla. Sotto tale profilo, secondo la ricorrente, sarebbe evidente la violazione dell’art. 38 c. 4 e 6 dPR n. 600/73, in quanto la CTR avrebbe omesso di considerare le prove offerte nel corso del giudizio in ordine alla provenienza di somme idonee a giustificare i versamenti in favore della società, evidenziando che le stesse non erano mai state adeguatamente valutate.
Orbene, con riferimento al profilo di censura relativo alla nullità della sentenza impugnata, lo stesso è infondato.
Ed infatti, la CTR ha esposto, anche se sinteticamente, le ragioni poste a fondamento della decisione, espressamente individuandole nell’omessa dimostrazione, alla quale sarebbe stata tenuta la contribuente, circa le ragioni dei versamenti eseguiti in favore della società e la provenienza degli importi versati al medesimo sodalizio.
La censura è infondata con riguardo alla questione relativa alla disponibilità in capo alla contribuente della somma di euro 100.000,00.
E’ infatti vero che, per effetto della sentenza della CTR Campania 11541/44/2015, depositata il 17.12.2015, relativa ad altro avviso emesso sulla base del c.d. redditometro a carico della A. per l’anno 2007 in ragione della mancata dimostrazione di redditi idonei a giustificare versamenti in favore della società per gli anni 2008 e 2009, coperta da giudicato in relazione all’esito del procedimento n. 14466/2016 qui riunito e già esaminato- sia divenuto irrefutabile l’accertamento compiuto fra le stesse in ordine alla piena disponibilità di detto importo di euro 100.000,00 in quanto messo a disposizione della A. e da di lei congiunti. Tuttavia, siffatto accertamento non è in grado spiegare effetto alcuno rispetto alla verifica relativa all’anno 2008, se solo si consideri che il giudicato formatosi sull’esistenza, in uno degli anni compresi nel meccanismo del c.d. redditometro, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta per un ammontare idoneo a giustificare solo la quota di maggiore reddito presunta per un dato anno non può spiegare effetti preclusivi sull’accertamento relativo agli altri anni – cfr. Cass. n. 14509/2016. Siffatto accertamento, infatti, riguardando la disponibilità di somme per un’annualità non concerne un fatto dotato di caratteristica di durata o invariabile né una qualificazione destinata a riflettersi su altre annualità.
Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Occorre infine passare all’esame del proc. n. 17276/2016. Con l’unico motivo si deduce la violazione degli artt. 360 c. 1 nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 36 e 61 d.lgs. n. 546/1992, nonché all’art. 38 c. 4 e 6 dPR n. 600/73. La CTR avrebbe omesso di considerare che in altro parallelo giudizio, concernente l’accertamento relativo all’anno 2007 e fondato sui medesimi presupposti, era passata in giudicato la statuizione resa dalla CTR Campania all’interno della sentenza n. 11541/44/2015, sul punto non impugnata dalla contribuente, relativa alla prova che era stato messo a disposizione della contribuente l’importo di euro 100.000,00 da parte del nonno e dello zio. Sarebbe poi mancata la valutazione delle prove ad opera del giudice di merito che avrebbe così confezionato una sentenza radicalmente nulla. Sotto tale profilo, secondo la ricorrente, sarebbe evidente la violazione dell’art. 38 c. 4 e 6 dPR n. 600/73, in quanto la CTR avrebbe omesso di considerare le prove offerte nel corso del giudizio in ordine alla provenienza di somme idonee a giustificare i versamenti in favore della società, evidenziando che le stesse non erano mai state adeguatamente valutate.
Orbene, esaminando con priorità il profilo di censura relativo alla nullità della sentenza impugnata, lo stesso è infondato.
Ed infatti, la CTR ha esposto, anche se sinteticamente, le ragioni poste a fondamento della decisione, espressamente individuandole nell’omessa dimostrazione, alla quale sarebbe stata tenuta la contribuente, circa le ragioni dei versamenti eseguiti in favore della società e la provenienza degli importi versati al medesimo sodalizio.
La censura è parimenti infondata con riguardo alla questione relativa alla disponibilità in capo alla contribuente della somma di euro 100.000,00.
Ed invero, l’accertamento, divenuto irrefutabile per effetto della sentenza della CTR Campania 11541/44/2015, depositata il 17.12.2015 (ormai coperta da giudicato per effetto del rigetto del ricorso n.R.G. 14466/2016 proposto dalla A., già sopra esaminato) e relativa ad altro accertamento redditometrico emesso a carico della A. per l’anno 2007 sulla base della mancata dimostrazione di redditi idonei a giustificare versamenti in favore della società per gli anni 2008 e 2009, compiuto fra le stesse parti da altra autorità giudiziaria con riferimento ad altra annualità d’imposta (2007) in ordine alla piena disponibilità di tale importo in quanto messo a disposizione della A. da di lei congiunti, non è in grado di spiegare effetti nella vicenda relativa all’anno 2006. Ed invero, il giudicato formatosi sull’esistenza, in uno degli anni compresi nel meccanismo del c.d. redditometro, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta per un ammontare idoneo a giustificare solo la quota di maggiore reddito presunta per un dato anno non può spiegare effetti rispetto ad un anno precedente.
La restante censura, concernente le ulteriori disponibilità che la contribuente avrebbe dimostrato possedere per giustificare i versamenti in favore della società B. s.r.l., è per converso inammissibile.
Va anzitutto rilevato che nella sentenza qui esaminata non si rinviene il vizio di violazione di legge prospettato dalla ricorrente, non avendo la CTR disatteso i principi che pongono a carico del contribuente l’onere di vincere la presunzione nascente dall’individuazione delle spese per incrementi patrimoniali – v., fra le tante, Cass. n. 21142/2016, secondo cui l’accertamento del reddito con metodo sintetico, ex art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore – invece escludendo che la A. avesse offerto valida dimostrazione del fatto che i versamenti in favore della Società B. srl fossero pervenuti da soggetti terzi e non dalla parte contribuente.
Orbene, il vizio di omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio non ricorre proprio in relazione alla compiuta verifica, condotta dalla CTR, in ordine alla mancata dimostrazione della provenienza delle somme versate in favore della società, dovendosi quindi ritenere che vi sia stato da parte del giudice di merito l’esame del fatto controverso nel giudizio e che questa Corte non possa sostituirsi alla CTR nella valutazione del fatto operato in sede di merito.
Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza, dando atto ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater dPR n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente nei tre giudizi dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i tre ricorsi a norma del comma 1 bis dell’art. 13 comma 1 quater d.P.R. n.115/2002.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi nn.17270/2016 e 17276/2016 a quello recante il n.14466/2016.
Rigetta il ricorso relativo al proc. n. R.G. n.14466/2016 e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidandole in favore dell’Agenzia delle entrate in euro 3000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Rigetta il ricorso relativo al proc. n. R.G. n. 17270/2016 e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in euro 3000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Rigetta il ricorso relativo al proc. n. 17276/2016 e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in euro 3000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater dPR n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente nei tre giudizi dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i tre ricorsi a norma del comma 1 bis dell’art. 13 comma 1 quater d.P.R. n. 115/2002.
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