CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 giugno 2018, n. 16169
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Integrazione del contraddittorio – Obbligatorietà – Cause che, pur scindibili, riguardano rapporti logicamente interdipendenti tra loro o dipendenti da un presupposto di fatto comune (cd. cause dipendenti) – Cause concernenti la società e i soci – Società a ristretta base societaria
Rilevato
– che l’Agenzia delle Entrate, sulla base delle risultanze di un p.v.c. redatto in data 8/03/2010, accertava un maggior reddito di impresa a carico della S.V. S.r.l. ai fini IVA, IRES ed IRAP che recuperava a tassazione nei confronti sia della società che dei soci, nei limiti delle rispettive quote di partecipazione nella predetta società, sul presupposto che la stessa fosse a ristretta base societaria;
– che, riuniti i separati ricorsi proposti dai predetti contribuenti avverso i rispettivi avvisi di accertamento, la CTP di Foggia li accoglieva parzialmente, rideterminando in diminuzione l’entità del reddito accertato, ma la CTR, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate riformando la sentenza di primo grado e confermando gli avvisi di accertamento;
– che per la cassazione della sentenza di appello ricorro i soci con due motivi, cui l’Agenzia intimata replica con controricorso, mentre resta intimata la società nei cui confronti, con provvedimento presidenziale del 20/12/2017, è stata disposta e tempestivamente effettuata l’integrazione del contraddittorio;
– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale i ricorrenti hanno depositato memorie;
– che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;
Considerato
– che con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 51 d.lgs. n. 546 del 1992, lamentando che la CTR non aveva rilevato il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado verificatosi a seguito della proposizione dell’appello, da parte dell’Agenzia delle Entrate, esclusivamente nei confronti della società e con riferimento all’avviso di accertamento a questa notificato;
– che con il secondo motivo deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 102 cod. proc. civ. sostenendo che la CTR non avrebbe potuto disporre, come ha fatto, l’integrazione del contraddittorio, non ricorrendo nella specie un’ipotesi di litisconsorzio necessario;
– che i motivi, stante l’evidente connessione, possono essere trattati congiuntamente;
– che, al riguardo, va osservato che i ricorrenti con i due mezzi di cassazione propongono sostanzialmente un’eccezione di giudicato, sostenendo che la proposizione dell’appello nei confronti della sola società con riferimento ad una sentenza che ha deciso anche la posizione di essi soci, fa passare in giudicato la statuizione favorevole a questi ultimi, stante l’autonomia della loro posizione sostanziale;
– che l’eccezione è infondata e va rigettata; è principio giurisprudenziale costantemente ribadito da questa Corte (cfr. Cass. n. 1225 del 2007, n. 14253 del 2016 e, più recentemente, n. 8406 del 2018), quello secondo cui l’integrazione del contraddittorio è obbligatoria, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., non solo in ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale (cd. cause inscindibili), ma altresì nell’ipotesi di cause che, pur scindibili, riguardano rapporti logicamente interdipendenti tra loro o dipendenti da un presupposto di fatto comune (cd. cause dipendenti), quando siano state decise nel precedente grado di giudizio in un unico processo, al fine di evitare che le successive vicende processuali conducano a pronunce definitive di contenuto diverso; infatti, se si verte in ipotesi di rapporti tributari, che, seppur distinti, e pertanto concettualmente non indissolubili, sono coinvolti in un titolo impositivo unico (il medesimo avviso di accertamento) o che, seppur diversi, siano comunque basati, in relazione alle posizioni contributive coinvolte, su presupposti tributari, almeno in parte, comuni (come si verifica nel caso di avviso di accertamento nei confronti dei soci di società di persone e o di soci di società di capitale a ristretta base societaria, qual è il caso di specie, emessi sulla base dell’accertamento effettuato nei confronti della società), tra le cause concernenti la società e i soci sussiste quel vincolo di collegamento determinato dalla dipendenza da comune fattore, che in presenza di simultaneus processus nel pregresso grado del giudizio, comporta, da un lato, in applicazione previsione di cui all’art. 331 c.p.c., l’obbligo dell’integrazione del contraddittorio nel giudizio di impugnazione e, dall’altro, la sostanziale inscindibilità delle posizioni dei soci rispetto a quelle della società, con la conseguenza che nei confronti di quelli, eventualmente pretermessi e quindi destinatari dell’ordine ex art. 331 c.p.c., non si è formato alcun giudicato che gli stessi possono opporre all’impugnante (arg. da Cass., Sez. U., n. 24707 del 2015; v. anche Cass. n. 2214 del 2011, n. 16294 del 2014 e numerose successive conformi, in base alle quali l’avviso nei confronti della società costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico di quello nei confronti dei soci, nonché Cass. n. 11680 del 2016, secondo cui la sentenza, passata in giudicato, di annullamento dell’atto impositivo nei confronti di società a ristretta base sociale non fa stato nei confronti dei soci solo se fondata su motivi di rito);
– che, conclusivamente, il ricorso va rigettato ed i ricorrenti condannati al pagamento, in favore della costituita Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, nulla dovendosi statuire.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13.
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