CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2018, n. 21805
Imposte sui redditi e ad altri tributi – Controllo fiscale – Cessione di azienda
Fatti di causa
In data 6 marzo 2007, a seguito di controllo fiscale con riferimento alle imposte sui redditi e ad altri tributi, l’Agenzia delle Entrate Provinciale di Firenze – Ufficio di Firenze 2 (come concordemente riferito in questa sede da entrambe le parti e come indicato nell’intestazione della sentenza impugnata mentre a p. 3 di detta sentenza si fa al riguardo riferimento all’Agenzia delle Entrate Provinciale di Firenze – Ufficio di Firenze 1) notificò alla N.F. s.a.s. e ai soci della medesima società avvisi di accertamento inerenti agli anni 2000 e 2001, contestando, per l’anno 2000, una maggiore plusvalenza relativa ad una cessione di azienda effettuata nell’anno 2000 (e ripartita per il 50% nelle due predette annualità) nonché la non deducibilità di alcune perdite su crediti e, per l’anno 2001, il medesimo rilievo relativo alla già indicata maggiore plusvalenza.
Avverso tali accertamenti la predetta società e i soci proposero separati ricorsi, poi riuniti, cui si oppose l’Agenzia delle Entrate di Firenze.
La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, con sentenza depositata in data 5 novembre 2007, ritenne legittima la ripresa a tassazione relativa alla maggiore plusvalenza da cessione di azienda, annullò, invece, la ripresa a tassazione relativa alla indeducibilità delle perdite su crediti.
Avverso tale decisione proposero distinti appelli, da una parte, la N.F. & C. s.a.s. e F.N. e F.N., in proprio e nella qualità di soci della predetta società, e, dall’altra, l’Ufficio.
La Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza n. 35/30/10, depositata in data 11 febbraio 2010, pronunciando sull’appello proposto dalla società e dai soci e con il quale si contestava la sentenza impugnata nella parte in cui la Commissione Tributaria Provinciale aveva confermato l’operato dell’Ufficio in ordine ad una accertata maggiore plusvalenza relativa alla cessione di azienda, accolse l’appello dei contribuenti e compensò le spese.
Avverso quest’ultima sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
La N.F. & C. s.a.s. nonché F.N. e F.N., in proprio e nella qualità di soci della predetta società, hanno resistito con controricorso contenente pure ricorso incidentale condizionato, basato su tre motivi e illustrato da memoria.
Ragioni della decisione
1. Va evidenziato che, con “istanza di estinzione per condono liti minori” depositata in data 6 ottobre 2014, l’Avvocatura dello Stato ha rappresentato che con le note prot. nn. 110164, 110165, 110170, 110171 e 110177 del 6 agosto 2012 l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Firenze le ha comunicato che il «contribuente ha presentato domanda di definizione della controversia ai sensi dell’art. 39 comma 12 del d.l. n. 98/2011 (che richiama l’art. 16 della legge n. 289/2002) provvedendo al versamento di tutte le somme dovute» e ha, pertanto, chiesto la declaratoria di estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 16 comma 8 della legge n. 289 del 2002.
I controricorrenti ricorrenti incidentali hanno, a loro volta, rappresentato in memoria che, relativamente agli avvisi di accertamento nn. R5H020200048/2007, R5020200052/2007 (rectius R5H020200052/2007, v. documentazione allegata alla memoria), R5H010200083/2007, R5H010200080/2007 e R05H010200081/2007 (rectius R5H010200081/2007, v. documentazione allegata alla memoria), oggetto del presente giudizio, è intervenuta la definizione della lite fiscale ex art. 39 co. 12 del d.lgs. 6 luglio 2011, n. 98 e hanno chiesto, pertanto, la declaratoria di cessazione della materia del contendere relativamente ai predetti avvisi di accertamento.
2. Alla luce di quanto concordemente rappresentato dalle parti e della documentazione dalle medesime depositata, va dichiarato estinto il giudizio in relazione agli avvisi di accertamento a carico della società e dei due soci, F.N. e F.N., per l’anno 2001 nonché in relazione agli avvisi di accertamento a carico della N.F. & C. s.a.s. e di F.N. per il 2000, per intervenuto condono.
3. Resta, quindi, da esaminare il ricorso principale in relazione all’avviso di accertamento a carico di F.N. per l’anno 2000, tenuto conto di quanto rappresentato dalle parti e in difetto, al riguardo, di comunicazione della regolarità della definizione della lite, della domanda di definizione della lite fiscale, della comunicazione di ricezione di tale domanda e del modello di pagamento unificato.
4. L’unico motivo del ricorso principale è così rubricato: «Violazione degli artt. 16 della L. 27 dicembre 2002 n. 289, 39 del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 e 54 del d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c.».
L’Agenzia delle Entrate, nel motivo all’esame, richiama anzitutto la motivazione espressa negli avvisi di accertamento con riferimento alla ripresa a tassazione relativa alla maggiore plusvalenza da cessione di azienda, in cui, in sintesi, è evidenziato che: la N.F. & C. s.a.s. aveva, con atto notarile del 7 dicembre 2000, ceduto l’azienda alla S. S.r.l.; l’Ufficio aveva provveduto, con avviso di rettifica e liquidazione, notificato alla parte acquirente e a quella cedente, alla rettifica del valore dichiarato nel predetto atto; avverso tale atto impositivo era stato proposto ricorso soltanto dalla società acquirente, S. S.r.l., nella persona dell’amministratore unico F.N., dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze che, con sentenza n. 92/08/04 del 16 dicembre 2004, aveva dichiarato cessata la materia del contendere a seguito di presentazione della domanda di chiusura liti fiscali pendenti di cui all’art. 16 della legge n. 289 del 2002 da parte della società ricorrente ( in quella sede; dall’esame della documentazione richiesta dall’Ufficio alla N.F. & C. s.a.s., in relazione alla plusvalenza da cessione di azienda, era emerso che detta società aveva determinato tale plusvalenza sulla base di quanto dichiarato nell’atto notarile (valore di avviamento pari a £ 150.000.000) e da interrogazioni alla Banca Dati dell’Anagrafe tributaria non risultava che la stessa si fosse opposta all’accertamento del maggior valore attribuito all’avviamento (£ 350.000.000) effettuato dall’Ufficio; la definizione delle liti fiscali pendenti ex art. 16 della legge n. 289 del 2002, cui aveva aderito solo la parte acquirente, spiegava la sua efficacia unicamente ai fini della maggiore imposta di registro accertata nell’avviso di rettifica e liquidazione impugnato, comportando come necessario corollario l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere e la relativa pronuncia non acquistava efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere in giudizio; il valore definitivamente assegnato ai fini dell’imposta di registro all’avviamento, nell’ambito del trasferimento di azienda era vincolante per l’Amministrazione Finanziaria nell’accertamento, ai fini delle imposte sui redditi, avente ad oggetto plusvalenze realizzate con lo stesso trasferimento; l’Ufficio aveva determinato, quindi, «la maggiore plusvalenza derivante dalla cessione di azienda in questione in £ 200.000.000, corrispondente alla differenza tra il valore di avviamento accertato e quello dichiarato …, da ripartire in due esercizi negli anni d’imposta 2000 e 2001.
Con il motivo in scrutinio l’Agenzia delle Entrate censura, inoltre, la sentenza impugnata in questa sede, per violazione e falsa applicazione delle norme richiamate nella riportata rubrica, per aver la CTR ritenuto che il valore dell’avviamento accertato ai fini dell’imposta di registro e il cui contezioso sia stato definito mediante adesione del contribuente al condono ai sensi dell’art. 16 I. 289/2002 non debba considerarsi valore “accertato in via definitiva”, ai fini della presunzione di corrispondenza di detto valore con il prezzo incassato in sede di cessione dell’azienda, presunzione invece riconosciuta legittima, secondo il ricorrente, dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità.
4.1. Il motivo è infondato.
E’ pur vero che questa Corte ha più volte affermato il principio – richiamato dalla ricorrente – secondo cui l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, con conseguente onere della prova incombente sul contribuente, al fine di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato a quello coincidente con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrare di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore (v. Cass. 21/02/2007, n. 4057; Cass. 2/03/2011, n. 5070; Cass. 31/07/2015, n. 16254; n. 14485 del 2009).
Tuttavia, detto principio è ormai superato alla stregua dello ius superveniens di cui all’art. 5, comma 3, del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147, che prevede quanto segue: «Gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e gli articoli 5, 5-bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347».
Tale norma, ponendosi espressamente quale norma d’interpretazione autentica, ai sensi dell’art. 1 comma 2 della legge n. 212/2000, è applicabile retroattivamente.
Va quindi ribadito in questa sede il principio da ultimo affermato da questa Corte, secondo il quale, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (Cass., ord., 6/06/2016, n. 11543; Cass. 17/05/2017, n. 12265).
Il rilievo che precede assorbe ogni altra questione pure proposta dalle parti con e in relazione al motivo all’esame.
5. Il ricorso principale deve essere, pertanto, rigettato relativamente all’avviso di accertamento a carico di F.N. per l’anno 2000.
6. L’esame del ricorso incidentale condizionato, in relazione all’avviso di accertamento da ultimo indicato, resta assorbito dal rigetto del ricorso principale al riguardo.
7. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno interamente compensate tra le parti, tenuto conto della particolarità delle questioni esaminate e della sopravvenienza della norma applicata rispetto alla data di inizio del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio in relazione agli avvisi di accertamento a carico della N.F. & C. s.a.s., di F.N. e di F.N. per l’anno di imposta 2001 nonché in relazione agli avvisi di accertamento a carico della N.F. & C. s.a.s. e di F.N. per l’anno d’imposta 2000, per intervenuto condono; rigetta il ricorso principale in relazione all’avviso di accertamento a carico di F.N. per l’anno 2000; dichiara assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato in relazione all’avviso di accertamento da ultimo indicato; compensa per intero tra tutte le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
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