CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 8386 depositata il 28 marzo 2024
Tributi – Avviso di accertamento – IRPEF – Termine lungo previgente per l’appello – Determinazione in via induttiva della plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili – Onere prova contraria del contribuente – Accoglimento
Rilevato che
V. ricorre, affidandosi a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui, nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento relativo a Irpef dell’anno 2003, la Commissione tributaria regionale della Sicilia aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado favorevole al contribuente.
In particolare, il Giudice di appello riteneva legittimo l’accertamento induttivo di maggior plusvalenza di un atto di vendita immobiliare, effettuato utilizzando il valore definito dal compratore ai fini dell’imposta di registro e rilevava, altresì, che il contribuente, sul quale gravava il relativo onere, non aveva fornito idonea prova contraria.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 51 del D.Lgs. n. 546 del 1992 laddove la C.T.R. non aveva dichiarato inammissibile, per tardività, l’appello spiegato dall’Agenzia delle entrate. Al proposito, il ricorrente, premesso che la controversia era iniziata prima dell’entrata in vigore della legge n. 69 del 2009, evidenzia che la sentenza di primo grado venne depositata il 28 febbraio 2011 mentre l’appello è stato notificato il 9 aprile 2013 e depositato il 18 aprile 2013, ossia oltre i due anni da detto deposito.
1.1. La censura è infondata. E’ incontestato tra le parti e risulta in atti che il valore della controversia (Euro 7.404) rientra nell’ambito di applicabilità dell’art.39 del D.L. n. 98/2011, conv., con mod. dalla legge n. 111/2011 il cui art. 39, comma 12, lett. c) prevedeva espressamente la sospensione dei termini per la proposizione anche degli appelli sino al 30 giugno 2012 con la conseguenza che, essendo applicabile il termine cd. lungo previgente, l’appello presentato per la notificazione il 5 aprile e ricevuto il successivo giorno 9 è tempestivo.
2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione di legge perpetrata dall’Agenzia delle entrate nell’avere ritenuto applicabile per la determinazione della plusvalenza il diverso valore del terreno, come determinato dall’acquirente ai fini dell’imposta di registro, e malgrado fosse intervenuto, in materia, l’art. 5, comma terzo, del D.Lgs. n. 147 del 2015.
2.1. La censura è fondata. In materia, alla luce dell’ormai consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 9513 del 18.4.2018; Cass. n. 12131 del 08/05/2019) vale il principio per cui “In tema di imposte sui redditi, la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 147 del 2015, avente efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo l’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria“.
4. La sentenza impugnata si è discostata dai superiori principi onde va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la controversia può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo proposto dal contribuente.
5. Le spese dei gradi di merito vanno compensate mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico dell’Agenzia delle entrate.
P.Q.M.
In accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, da distrarre in favore del difensore del ricorrente dichiaratosene antistatario, liquidate in complessivi euro 3.000,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge.
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