CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 dicembre 2018, n. 31203
Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Rateazione – Pignoramento presso terzi
Rilevato che
A.G. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 9 giugno 2017 contro Equitalia Sud s.p.a. avverso la sentenza n. 97 del 2017, depositata dalla Corte d’appello di Lecce in data 17 marzo 2017, notificata il 13.4.2017, con la quale la corte d’appello, in totale riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda di ripetizione di indebito proposta dalla A. nei confronti di Equitalia Pragma s.p.a., poi divenuta Equitalia Sud s.p.a.
Questi i fatti, per quanto ancora rilevano:
La A. nel 2011 conveniva in giudizio la Equitalia Pragma s.p.a., chiedendone la condanna alla restituzione delle somme da essa percepite in eccedenza a titolo di interessi. Assumeva di aver chiesto di essere ammessa ad un piano di rateazione per il pagamento di una cartella, di averlo rispettato solo in parte, e che a seguito dell’inadempimento Equitalia aveva proceduto al pignoramento presso terzi, capiente, per un importo comprensivo di interessi ultralegali calcolati non dalla data dell’ultima rata pagata sulla sorte capitale residua, ma fin dalla data, ben precedente, di maturazione del credito.
Chiedeva quindi la restituzione di questa differenza, a suo dire non dovuta.
La domanda, previa cm contabile, veniva accolta in primo grado, con decisione integralmente ribaltata in appello. La motivazione della sentenza di appello non è riportata, neppur in sintesi, al termine della parte sommariamente espositiva dei fatti di causa. Le ragioni della decisione si possono inferire solo dalla lettura dei motivi di ricorso: se ne ricava che la corte d’appello abbia ritenuto la A. non ammessa al beneficio della rateazione, in mancanza della prova di avvenuta prestazione di garanzia o polizza fideiussoria.
Equitalia servizi di Riscossione s.p.a. resiste con controricorso.
Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal d.l. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di improcedibilità per omesso deposito della copia notificata della sentenza.
Il decreto di fissazione dell’adunanza camerale e la proposta sono stati comunicati alle parti costituite.
La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
Con la memoria la ricorrente sostiene di aver tempestivamente prodotto la copia notificata della sentenza e comunque ne deposita un’altra copia, sulla quale soltanto risulta, sulla prima pagina, un timbro di deposito in cancelleria. Alla luce del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 10648 del 2017, alla stregua del quale ” In tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio”, poiché la copia notificata della sentenza è stata comunque acquisita agli atti, il ricorso risulta procedibile.
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 167 c.p.c., 111 Cost., nonché l’omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (rappresentato dal riconoscimento, da parte di Equitalia, della sussistenza della rateazione),In particolare, la Corte non avrebbe considerato il “fatto” del comportamento processuale di Equitalia, che a sua volta non avrebbe contestato che, comunque, la rateazione sia stata applicata, e almeno in parte, ad essa abbiano ottemperato i debitori, pagando alcune rate comprensive di capitale e interessi.
Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 153 e 183 c.p.c., nonché 2033 c.c. nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, consistente dalla tardività ed inutilizzabilità probatoria della documentazione prodotta da Equitalia, prodotta solo dopo il deposito della cm e facente riferimento alla mancata presentazione della polizza fideiussoria, in conseguenza della quale il piano di rateazione si doveva intendere rifiutato e i versamenti effettuati considerati solo come acconti sul debito residuo.
Con il terzo motivo si denuncia nuovamente la violazione degli artt. 153 e 183 c.p.c., nonché l’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla pacifica e incontroversa, da parte dell’attrice, contestazione della congruità degli interessi applicati da Equitalia.
Il ricorso è complessivamente inammissibile, perché i motivi di ricorso risultano eccentrici rispetto alla effettiva ratio decidendi, che è quella, espressa a pag. 5 e seguenti della sentenza impugnata, in base alla quale il piano di rateazione (prodotto in giudizio dalla stessa attuale ricorrente in primo grado) era, fin dall’inizio, sospensivamente condizionato, come era espressamente indicato nel piano stesso, alla avvenuta prestazione in un termine indicato, di garanzie di adempimento, fossero esse polizza fideiussoria o fideiussione bancaria, prestate secondo gli schemi predisposti dalla stessa creditrice. Non essendo contestato che i debitori non abbiano mai prestato le garanzie richieste, anche prescindendo dalla nota di rifiuto della rateazione proveniente dall’agenzia delle entrate (unico soggetto legittimato a concedere la rateazione), la corte d’appello ha ritenuto che il piano di rateazione non avesse mai prodotto effetti, e che per questo gli interessi siano stati correttamente calcolati non sulla base del piano di ammortamento, ma delle scadenze originarie.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Liquida le spese in euro 2.300,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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