CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 novembre 2019, n. 30935
Tributi – Agevolazioni cd. “prima casa” – Tardivo trasferimento della residenza – Revoca benefici
Rilevato che
La contribuente ha separatamente impugnato un avviso di liquidazione per revoca dell’imposta sostitutiva agevolata sui finanziamenti, nonché un avviso di liquidazione per maggiore IVA e irrogazione sanzioni relativo all’anno di imposta 2010, in relazione all’atto di acquisto 30 marzo 2010 di un immobile destinato a prima casa, quale effetto del disconoscimento dei benefici della prima casa di abitazione per mancato trasferimento della residenza anagrafica dal Comune di Trento al Comune di Roseto degli Abruzzi nei diciotto mesi dalla data di acquisto dell’immobile;
che in entrambi i ricorsi la CTP di Teramo ha accolto i ricorsi della contribuente e la CTR dell’Abruzzo, con sentenze depositate in data 14 marzo 2016, ha accolto gli appelli dell’Ufficio, accertando in entrambe le sentenze che:
– non può darsi rilievo alle circostanze di fatto, dovendosi dare invece rilevanza alle circostanze risultanti dalle verifiche anagrafiche;
– la ricorrente aveva presentato una prima domanda di trasferimento della residenza dal Comune di Trento, che si concludeva con la revoca dell’iscrizione anagrafica per non essere la contribuente ancora dimorante presso il nuovo indirizzo;
– questo provvedimento di revoca non è stato impugnato;
– è stata successivamente avanzata una seconda richiesta di cambio di residenza dal Comune di Trento al Comune di Roseto degli Abruzzi, poi accolta, ma effettuata oltre il termine di diciotto mesi dall’atto di acquisto;
– per quanto il trasferimento della residenza retrodati al momento della domanda, deve aversi riguardo alla seconda domanda di trasferimento di residenza, la quale risulta tardiva in quanto presentata oltre il termine di 18 mesi dall’acquisto;
che parte contribuente propone separati ricorsi per cassazione avverso le due sentenze in epigrafe, affidati a due motivi ciascuno, cui resiste con controricorso l’Ufficio;
Considerato che
che appare opportuno procedere preliminarmente, a termini dell’art. 274 cod. proc. civ., alla riunione dei due procedimenti per connessione soggettiva e oggettiva, in base al principio generale secondo cui il giudice può ordinare la riunione in un solo processo di impugnazioni diverse, oltre i casi espressamente previsti, ove ravvisi in concreto elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto (Cass., Sez. U., 4 agosto 2010, n. 18050; Cass., Sez. U., 23 gennaio 2013, n. 1521; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27550), trattandosi di avvisi relativi alla medesima contribuente e al disconoscimento dei benefici prima casa relativi all’acquisto immobiliare in data 30 marzo 2010;
che in entrambi i ricorsi parte ricorrente ha presentato i medesimi seguenti motivi:
– con il primo motivo (di entrambi i ricorsi) si deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, Nota II Bis del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha preso in esame la prima richiesta di trasferimento, effettuata nei diciotto mesi dall’atto di acquisto, ma solo la seconda; deduce parte ricorrente come il Comune di Roseto degli Abruzzi abbia accertato nei diciotto mesi dalla data di acquisto l’effettiva presenza della contribuente presso la nuova residenza, deducendo come il mancato trasferimento della residenza anagrafica sia ascrivibile a fatti non imputabili alla contribuente; rileva come la seconda domanda di trasferimento non costituisca revoca della precedente domanda ma una mera sollecitazione al Comune, tanto che il cambio di residenza è andato a buon fine;
– con il secondo motivo (di entrambi i ricorsi) si deduce violazione e falsa applicazione in relazione agli artt. 2 e 7 d. Igs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché nullità delle sentenze, per non avere le sentenze impugnate rilevato incidentalmente l’illegittimità del provvedimento emesso dal Comune di Trento che negava l’autorizzazione al trasferimento presso la nuova abitazione, anziché dedurre che la contribuente non avesse provveduto ad impugnarlo, dando conseguentemente rilievo alla iniziale richiesta di trasferimento della residenza avvenuta nel termine di 18 mesi dall’acquisto;
che va rigettata l’eccezione di inammissibilità per tardività dei due ricorsi dedotta dal controricorrente, essendo stato i ricorsi notificati a mezzo PEC in data 17.10.2016 a fronte della pubblicazione della sentenza in data 14.03.2016; per quanto il computo del termine di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 cod. proc. civ. operi a termini degli artt. 155, comma 2, cod. proc. civ. e 2963, comma 4, cod. civ., non ex numero, bensì ex nominatione dierum, sicché il termine scade allo spirare della mezzanotte del giorno del mese corrispondente a quello in cui il termine ha cominciato a decorrere (Cass., Sez. VI, 30 maggio 2018, n. 13546; Cass., Sez. VI, 26 maggio 2017, n. 13406; Cass., Sez. III, 31 agosto 2015, n. 17313), deve scomputarsi dal semestre di cui all’art. 327 cod. proc. civ. il periodo feriale di 31 giorni compreso tra il primo agosto e il 31 agosto per effetto della sospensione dei termini processuali di cui all’art. 1 l. 7 ottobre 1969, n. 742, come modificato dal d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla I. 10 novembre 2014, n. 162; ne consegue che il termine per l’impugnazione delle due sentenze è scaduto il 15 ottobre 2016, cadente di sabato e prorogato di diritto al primo giorno non festivo (Cass., Sez. VI, 16 novembre 2016, n. 23375), che è proprio il giorno in cui sono state proposte le due impugnazioni delle due sentenze (lunedì 17.10.2016);
che il primo motivo di entrambi i ricorsi riuniti si rivela inammissibile sotto una pluralità di profili:
a) in primo luogo non vi è traccia nelle sentenze impugnate dell’argomentazione secondo cui la seconda domanda di trasferimento della residenza costituisse mera sollecitazione (eventualmente volta alla revisione in autotutela del provvedimento di diniego), inviata al Comune di residenza e non revoca della precedente domanda, il che non consente di apprezzare la non novità della questione, non essendovi elementi per ritenere che il giudice di appello la abbia trattata nelle sentenze impugnate;
b) in secondo luogo, ove si riqualificasse il primo motivo dei ricorsi riuniti non come violazione di legge ma come nullità delle sentenze per omissione di pronuncia (violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.), il motivo è ulteriormente inammissibile, in quanto il ricorrente non ritrascrive gli atti di causa di primo e secondo grado al fine di verificare l’omessa pronuncia, limitandosi a trascrivere i ricorsi di primo grado che, al contrario, ascrivevano il mancato trasferimento del termine alle «difficoltà del Comune di Trento nell’autorizzare il trasferimento nella nuova abitazione», che è circostanza diversa dalla riqualificazione della seconda istanza di trasferimento della residenza quale mera sollecitazione al Comune di residenza;
c) in terzo luogo, il motivo intende ottenere una nuova qualificazione della valutazione delle risultanze degli atti di causa, laddove la sentenza del giudice di appello ha accertato che nel caso di specie vi sono stati due distinti procedimenti amministrativi volti a ottenere il trasferimento della residenza, il primo conclusosi con la revoca della iscrizione anagrafica e il secondo conclusosi positivamente, laddove la riqualificazione della seconda istanza come sollecitazione a rivedere il provvedimento di revoca precedentemente assunto (qualificandosi l’intero procedimento unitariamente dalla prima domanda all’accoglimento della seconda domanda) è incompatibile con l’accertamento in fatto, per opera delle sentenze impugnate, della pluralità dei procedimenti;
che il secondo motivo di entrambi i ricorsi riuniti si rivela inammissibile in relazione alla dedotta nullità delle sentenze per omessa pronuncia, posto che il ricorrente non riproduce gli atti di causa di primo e secondo grado che consentano di apprezzare la dedotta omissione, se non relativamente alla deduzione di «difficoltà create dal Comune di Trento nell’autorizzare il trasferimento nella nuova abitazione» – peraltro, nel solo giudizio di primo grado – che è argomentazione differente dalla dedotta disapplicazione per illegittimità del provvedimento amministrativo di revoca dell’iscrizione anagrafica;
che il motivo è inammissibile anche sotto il profilo della dedotta violazione di legge, laddove i motivi dei ricorsi attaccano la parte della motivazione delle due sentenze impugnate, che hanno fondato il giudizio di tardività del trasferimento della residenza anagrafica sulla tardività della seconda istanza di trasferimento (tardiva rispetto al termine di cui al termine indicato nella nota II-bis, dell’art. 1 della Tariffa del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), sul presupposto (ellitticamente prospettato) che il giudice di appello avrebbe dovuto disapplicare, quale atto presupposto dell’atto impositivo, il provvedimento amministrativo di revoca dell’iscrizione anagrafica precedentemente attuata in esito alla prima domanda di trasferimento per illegittimità dello stesso, così da prendere a riferimento la prima domanda di trasferimento della residenza e non la seconda;
l’inammissibilità di detto motivo (di entrambi i ricorsi) si apprezza sotto il profilo secondo cui la prospettazione della illegittimità del provvedimento amministrativo di revoca dell’iscrizione anagrafica (quale atto presupposto degli avvisi di accertamento impugnati) costituisce circostanza nuova, non prospettata nelle fasi del giudizio dì merito, nelle quali la contribuente si è difesa (in primo grado) sulla questione della non imputabilità della causa di mancata iscrizione anagrafica («il mancato trasferimento della residenza nel termine di diciotto mesi non è perciò da ricondursi ad un comportamento omissivo della Ricorrente, ma esclusivamente alle difficoltà create dal Comune di Trento nell’autorizzare il trasferimento nella nuova abitazione»);
che l’inammissibilità del motivo deriva, ulteriormente, dal fatto che la contribuente non illustra i motivi per i quali l’atto di revoca dell’iscrizione anagrafica dovrebbe essere disapplicato dal giudice tributario («detto provvedimento è, pertanto, palesemente viziato per carenza di motivazione e se la CTR lo avesse esaminato […] non avrebbe potuto che dichiararne l’illegittimità»); il potere del giudice tributario di disapplicare gli atti amministrativi costituenti il presupposto per l’imposizione di cui all’art. 7, comma 5, d. Igs. n. 546/1992, espressione del principio generale contenuto nell’art. 5 l. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, richiede che gli atti presupposti dell’atto impositivo (nella specie, la revoca dell’iscrizione anagrafica in esito alla prima domanda di trasferimento) siano stati, investiti dai motivi di impugnazione dedotti dal contribuente in relazione all’atto impositivo impugnato (Cass., Sez. V, 13 giugno 2012, n. 9631); tuttavia, la disapplicazione da parte del giudice tributario dell’atto presupposto del successivo atto impositivo presuppone che vengano illustrati i motivi di illegittimità – in relazione alla domanda del contribuente – del suddetto atto impositivo (Cass., Sez. V, 17 giugno 2016, n. 12545), in relazione ai lamentati vizi di legittimità del provvedimento (Cass., Sez. Lav., 26 giugno 2006, n. 14728, Cass., 4212/16 Sez. U., 2 dicembre 1992, n. 12868); motivi di illegittimità che non vengono adeguatamente illustrati né nel ricorso, né con riferimento alla loro trattazione nei due gradi del giudizio di merito; che entrambi i ricorsi vanno, pertanto, dichiarati inammissibili, con spese del giudizio di legittimità regolate dal principio della soccombenza; sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato per entrambi i ricorsi;
P.Q.M.
dispone la riunione della causa n. 24212/2016 R.G. alla causa n. 24211/2016 R.G.; dichiara inammissibili i ricorsi, condanna C. M. al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in complessivi € 3.000,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ciascuno dei ricorsi proposti, se dovuti.
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