AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 13 luglio 2020, n. 210
Cessione a termine di valute – Contratti Deliverable FX Forward Articoli 67, comma 1, lettera c-ter) e comma 1-bis e 68, comma 6, TUIR
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante detiene – a proprio nome – un conto corrente in dollari americani (USD) e uno in euro presso un istituto di credito estero. Tale conto è stato indicato nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi.
L’Istante dichiara che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, ha superato l’importo di euro 51.645,59 per almeno sette giorni lavorativi continui.
Nel corso del 2018, l’interpellante ha effettuato quattro cessioni di valuta a termine; in particolare si tratta di cessioni a termine di USD contro EUR. Le operazioni sono state effettuate in regime dichiarativo.
Al riguardo viene rappresentato che la tipologia di contratto stipulata (del tipo Deliverable FX Forward) consisterebbe in un contratto a termine di cessione di valuta di tipo traslativo, circostanza desumibile anche dalla scheda informativa allegata all’istanza.
Più precisamente, tale contratto consiste in un accordo fra il venditore della valuta e l’acquirente della valuta, in base al quale:
– il venditore si impegna a pagare al compratore un importo fisso della valuta base (USD), e – il compratore si impegna a pagare al venditore un importo fisso di un’altra valuta (EUR).
Entrambi gli importi sono pagati ad una data futura concordata. Né il venditore, né l’acquirente hanno il diritto o l’obbligo di ricevere o fare pagamenti prima della scadenza prevista nel contratto. L’Istante evidenzia che il contratto in esame consiste in una pura cessione a termine di valuta e che la valuta utilizzata per regolare il contratto alla scadenza stabilita è stata acquistata il giorno prima della liquidazione.
Tanto premesso l’interpellante chiede di conoscere la corretta interpretazione delle norme contenute nell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter) e comma 1-bis, nonché nell’articolo 68, comma 6, del Tuir, al fine di confermare la rilevanza della differenza fra cambio a pronti (c.d. cambio “spot”) alla data della stipula e cambio a pronti alla data dell’acquisto della valuta (componente speculativa), senza tener conto della differenza fra cambio a pronti alla data della consegna della valuta e cambio a pronti alla data dell’acquisto della valuta.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che ai fini della tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria non si debba tenere conto della differenza fra il cambio a pronti alla data della consegna e cambio a pronti alla data dell’acquisto della valuta. A suo parere, il corrispettivo della cessione della valuta a termine, infatti, non può rilevare per il calcolo delle plusvalenze e delle minusvalenze di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter ), del Tuir sia come elemento per la determinazione di plusvalenze (o minusvalenze) realizzate mediante cessione a titolo oneroso di valute estere oggetto di cessione a termine, sia come elemento per la determinazione di plusvalenze (o minusvalenze) realizzate per effetto del prelievo dal conto corrente in valuta la cui giacenza media supera euro 51.645,59 per almeno sette giorni lavorativi continui.
Così operando, si genererebbe una doppia imposizione dello stesso reddito (in capo allo stesso contribuente), vietata dall’articolo 163 del Tuir.
Ad avviso dell’Istante sarebbe, invece, rilevante la differenza fra il cambio spot alla data della stipula e cambio a pronti alla data dell’acquisto della valuta (definita dall’Istante “componente speculativa”).
Più precisamente, viene evidenziato che ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter) e dell’articolo 68, comma 6, sesto periodo, del Tuir è tassato il differenziale negoziato tra le parti (c.d. punti termine), ossia la differenza fra corrispettivo ricevuto a termine e controvalore al cambio a pronti alla data di stipula del contratto.
Inoltre, l’Istante ritiene che dovrebbe essere tassata anche la componente speculativa presente in tutti i casi in cui il cambio a pronti alla data d’acquisto della valuta non coincide con il cambio a pronti alla data di stipula del contratto. In tale ipotesi la componente speculativa corrisponde allo scarto positivo o negativo fra:
– il risultato complessivo (pari alla differenza fra corrispettivo della cessione della valuta a termine e costo d’acquisto della valuta consegnata a termine, così come risulta dai movimenti del conto corrente in valuta), che è l’effettivo risultato delle transazioni realmente effettuate sul conto corrente in valuta;
– e i punti termine già tassati o dedotti autonomamente per effetto dell’articolo 68, comma 6, del Tuir.
Tale importo, ossia la componente speculativa come definita dall’Istante, si ottiene anche come differenza fra il controvalore a pronti alla data di stipula e il costo d’acquisto della valuta ceduta. Questo secondo metodo di calcolo metterebbe in rilievo la natura speculativa del componente di reddito. Se infatti il cambio a pronti alla data d’acquisto della valuta coincidesse con il cambio a pronti alla data di stipula del contratto, questa componente di reddito sarebbe nulla.
Se si utilizzasse come minuendo il corrispettivo a termine, si tasserebbero (o si dedurrebbero) due volte i punti termine sia autonomamente, ai sensi dell’articolo 68, comma 6, sesto periodo, del Tuir, sia nel calcolo della differenza fra il cambio a termine (che comprende i punti termine) e il cambio effettivo d’acquisto.
A parere dell’istante si genererebbe, in tal modo, una doppia tassazione (ma anche una doppia deduzione) in contrasto con i principi dell’ordinamento.
Parere dell’agenzia delle entrate
In via preliminare, si rileva che il presente parere si basa sulla qualificazione operata dall’istante del contratto (Deliverable FX Forward) quale contratto a termine di cessione di valuta di tipo traslativo, ancorché dalla documentazione “contenente le informazioni chiave” rilasciate dall’intermediario al cliente risulti che si tratti di un “contratto in derivati”.
Tenuto conto che la qualificazione del contratto non rientra nell’oggetto del quesito, si assume acriticamente la qualificazione dello strumento finanziario così come presupposta dall’Istante.
Come noto, le regole di tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere sono contenute negli articoli 67 e 68 del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
I proventi derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rientrano tra i diversi di natura finanziaria, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del Tuir.
Tali redditi sono determinati, sulla base della disciplina generale contenuta nell’articolo 68 del Tuir, analiticamente, per ciascuna operazione effettuata, in misura pari alla differenza tra il corrispettivo di vendita e il valore di acquisto, aumentato di ogni onere inerente alla produzione del reddito.
Si considera cessione a titolo oneroso, ai sensi della medesima lettera cter) e del comma 1-ter dell’articolo 67 del Tuir anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente, a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio dell’anno, sia superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui.
In tale ipotesi il legislatore ha equiparato il prelievo dal conto corrente o dal deposito alla cessione a titolo oneroso della valuta, a nulla rilevando la finalità a cui le somme prelevate sono destinate.
Come chiarito dalla prassi, l’introduzione di tale equiparazione è giustificata dalla considerazione che quando la valuta è uscita dal conto corrente o dal deposito, non è più possibile stabilire se e in che momento essa è stata successivamente ceduta (cfr. circolare n.165/E del 1998, par. 2.2.3).
In caso si prelievo dal deposito o conto corrente in valuta, ai sensi del comma 1- bis del citato articolo 67, si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente (metodo LIFO).
Ai sensi del comma 6 dell’articolo 68 del Tuir, per le valute estere cedute a termine si assume come costo il valore della valuta al cambio a pronti vigente alla data di stipula del contratto di cessione. Il costo o valore di acquisto della valuta è documentato a cura del contribuente. Per le valute estere prelevate da depositi e conti correnti, in mancanza della documentazione del costo, si assume come costo il valore della valuta al minore dei cambi mensili accertati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, nel periodo d’imposta in cui la plusvalenza è realizzata.
Il successivo comma 7, alla lettera c), dispone che per le valute estere prelevate da depositi e conti correnti si assume come corrispettivo il valore normale della valuta alla data di effettuazione del prelievo.
In materia, con la circolare 24 giugno 1998, n. 165 è stato precisato che:
– per quanto concerne la determinazione della base imponibile delle plusvalenze derivanti dalla cessione a termine di valute, “la plusvalenza è pari alla differenza tra il corrispettivo percepito a fronte della cessione (determinato in funzione del cambio a termine) ed il valore delle valute calcolato in base al cambio a pronti vigente alla data di stipula del contratto di cessione. In pratica, la plusvalenza (o minusvalenza) è costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo della valuta come sopra determinato”;
– per le cessione a pronti di valute estere prelevate da depositi e conti correnti, “la base imponibile è pari alla differenza tra il corrispettivo della cessione ed il costo della valuta, rappresentato dal cambio storico calcolato sulla base del criterio “L.I.F.O.”, costo che deve essere documentato dal contribuente”.
In altri termini, la plusvalenza/minusvalenza imponibile derivante dalla cessione a termine di valuta non coincide con la plusvalenza/minusvalenza effettivamente realizzata tramite l’operazione, ottenibile mediante il raffronto del prezzo di vendita con il costo di acquisto della valuta sostenuto, bensì con una plusvalenza meramente “virtuale”. In tal senso si è espressa la relazione governativa al decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 dove è chiarito che: “come si desume dalla norma che determina la misura del provento imponibile, non si propone di sottoporre ad imposizione i differenziali positivi o negativi e gli altri redditi conseguiti attraverso tali contratti, che nell’attuale regime rimangono perciò non imponibili, ma soltanto una plusvalenza di carattere, per così dire, virtuale e cioè la plusvalenza che eventualmente emerga, confrontando il cambio a pronti vigente alla data della stipula del contratto con quello a termine preso a riferimento nel contratto stesso”.
La base imponibile della plusvalenza derivante dalla cessione a termine di valuta non viene, quindi, determinata assumendo come costo di acquisto il costo effettivamente sostenuto per l’acquisto della valuta ceduta a termine, bensì sulla base del tasso di cambio a pronti, di un tasso cioè, puramente virtuale, alla data della stipula del contratto.
Pertanto, alla luce di quanto rappresentato, sebbene il contribuente abbia acquistato la valuta un giorno prima del termine e sussista una differenza tra il costo e il valore della valuta al tasso “spot ” (ovvero alla stipula del contratto), la determinazione della plusvalenza/minusvalenza non può essere determinata nella modalità proposta dall’Istante.
L’acquisto di valuta estera, funzionale a regolare l’operazione di cessione a termine, costituisce una operazione autonoma e indipendente dal contratto e, pertanto, da assoggettare ad imposizione secondo le modalità sopra illustrate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter) e comma 1-ter del Tuir.
In particolare, tenuto conto che nel caso di specie ricorrono le condizioni del superamento del predetto limite quantitativo di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui, si dovrà tenere conto anche delle plusvalenze/minusvalenze realizzate tramite i prelievi dal conto in valuta, quale autonomo presupposto di imposizione rispetto alla specifica operazione di investimento di cessione a termine di valuta, da determinare secondo le regole suesposte.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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