COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – Sentenza 20 luglio 2020 n. 86
Tributi – ICI – Esenzione – Immobili destinati allo svolgimento di attività assistenziali – Ente religioso – Attività scolastica con il pagamento di rette – Esclusione del beneficio
Svolgimento del processo
La Commissione Tributaria Provinciale di Trieste, con sentenza 275/01/16, ha accolto il ricorso proposto dall’Istituto delle …… avente sede legale in Roma, avverso gli avvisi di accertamento ICI emessi dal Comune di Trieste per gli anni 2010 e 2011 (emessi nella considerazione che l’Istituto, proprietario di una struttura immobiliare in Trieste utilizzato per finalità didattiche, non aveva mai versato l’ICI dovuta per legge).
Avverso la detta pronuncia il Comune ha proposto appello, articolato su di un unico motivo. Concludendo per la riforma integrale della sentenza appellata, con condanna di controparte alle spese del doppio grado di giudizio. Con allegata documentazione e richiesta di discussione in pubblica udienza.
L’Istituto ha depositato controdeduzioni in data 11.04.2017, concludendo per il rigetto dell’appello e per la condanna di controparte alle spese di giudizio.
All’odierna pubblica udienza sono presenti ambo le parti, le quali – successivamente all’esposizione delle rispettive ragioni – concludono come in atti.
La controversia è quindi trattenuta in decisione.
Fatto e diritto
1. La Commissione Provinciale ha considerato – in accoglimento della tesi di parte secondo la quale l’imposta non era dovuta in base all’art. 73 TUIR e all’art. 7, comma 1, lettera i) del D.Lgs. 504/1992 nel testo vigente ratione temporis [i.e. in raccordo con co. 2-bis art. 7: esenzione da ICI intesa applicabile alle attività assistenziali, ( … ) “che non abbiano esclusivamente natura commerciale”] – che la novella introdotta con il D.L. 24.01.2012 n. 1 [Misure urgenti in materia di concorrenza, liberalizzazioni e infrastrutture], successivamente convertito in legge [con il quale – art. 91-bis “Norme sull’esenzione dell’imposta comunale sugli immobili degli enti non commerciali”] – è stata specificamente modificata la disposizione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i) ante citato nel senso: esenzione da ICI di immobili “destinati esclusivamente allo svolgimento “con modalità non commerciali” di attività assistenziali, (… )”] non poteva dispiegare valenza retroattiva, ai sensi dell’art. 20 della L. 212/2000.
Enunciata l’irretroattività delle disposizioni tributarie, ancorché conseguenti a decisioni della Commissione europea in tema di aiuti di Stato, è stato in sentenza evidenziato che la caratteristica della esclusiva natura commerciale dell’Istituto religioso ricorrente non era stata affermata né dal Comune con i propri atti di accertamento, né era stata contestata in udienza innanzi alle affermazioni del ricorrente in ordine alla modesta entità della “retta” richiesta, nemmeno in grado di coprire le necessitanti riparazioni più urgenti che l’Istituto richiedeva, dal che la non dimostrata sussistenza di quella “esclusiva natura commerciale” richiesta dalla normativa all’epoca vigente quale presupposto per escludere l’esenzione.
I Primi Giudici hanno concluso affermando che a partire dal 2012 la questione delle “rette” introitate potrebbe [avrebbe potuto] portare a conseguenze diverse, poiché teoricamente equiparabili alla modalità con cui si svolge solitamente un’attività commerciale, ma per le epoche precedenti non appare possibile applicare tale disposizione, di significato chiaramente circoscritto e riduttivo.
2. Con l’unico motivo di appello il Comune censura la sentenza per avere la stessa sostanzialmente ritenuto spettante il diritto all’esenzione nei confronti dell’Istituto ricorrente per il solo fatto che trattasi di “ente ecclesiastico”, senza considerare che l’attività svolta negli immobili, poiché effettuata dietro corrispettivo, è attività commerciale, come tale esclusa dal trattamento di favore. Porta, a sostegno, giurisprudenza di legittimità (ex multis Cass. 5041- 5042-5043/2015; Cass. 10337/2015; Cass. 12012/2015, e, inoltre, Cass. 14225-14226/2015 nonché Cass. 19035-36-37-38-39/2016), la decisione della Commissione europea dd. 19.12.2012 n. 2013/284 (aiuti di Stato/Italia C 26/2010) e la decisione del Consiglio di Stato 292/2016.
3. L’Istituto, in controdeduzioni, eccepisce dapprima l’inammissibilità dell’appello, per non avere mai affrontato il contenuto preminente della sentenza impugnata, ove affermasi l’inapplicabilità retroattiva delle norme invocate dal Comune. Sottolinea, quindi, l’illegittimità del recupero ICI in violazione dell’art. 20 della L. 4/29 e art. 3 D.lgs. 472/97, rappresentando in primis contenuti e limiti della decisione della Commissione Europea – non costituente pronuncia giurisdizionale allorché più volte citata nella giurisprudenza di legittimità richiamata dal Comune. Decisione che, seppure avente configurato la disposizione di cui all’art. 7, co. 1, lett. i) D.lgs. 504/92 aiuto di Stato, ha riconosciuto l’impossibilità del recupero dello stesso. Da ultimo evidenzia a che alcuna delle sentenze della Suprema Corte smentisce il principio dell’irretroattività delle disposizioni tributarie.
Motivi della decisione
4. L’appello comunale è ammissibile, in quanto le ragioni in esso esposte sono sostanzialmente conferenti al caso di specie.
5. Sul piano generale è ben vero che il Legislatore del 2006, varando una disposizione innovativa dell’art. 7, co. 1, lett. i) stabilendo – con integrale sostituzione del precedente co. 2-bis dell’art. 7, in vigore dal 3.12.2005, ove ” l’esenzione ) da ICI) si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse”) – con l’art. 36 del DL 223/2006 testualmente che ” … l’esenzione si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano natura esclusivamente commerciale … “, ha dato asistematico riferimento ad una categoria ibrida, tali “le attività non esclusivamente commerciali”, che è, per lo più, ignota al sistema giuridico italiano. È altrettanto vero che, con ciò, si era inteso restringere il confine dell’esenzione a quei soli casi in cui l’organizzazione dimostrasse di operare anche con criteri diversi da quelli propriamente di mercato.
6. La Commissione Europea, a fine 2012, con decisione 2013/284/UE, aveva considerato la norma de qua come aiuto di Stato, escludendone però il recupero.
7. La Suprema Corte nelle sentenze citate dall’appellante (in particolare in Cass. 14225-14226/2015, pronunciandosi in ordine a controversia relativa alle annualità 2007-2009, quindi in vigenza del co. 2-bis dell’art. 7 D.Lgs. 504/1992 nel testo vigente dal luglio 2006) è stato confermato il principio che l’esenzione prevista dall’art. 7, co. 1, lett. i) resta subordinata alla compresenza di un requisito soggettivo [esercizio diretto dell’attività da parte di un ente pubblico o privato non avente come oggetto principale o esclusivo l’esercizio di attività commerciale] e di un requisito oggettivo [svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza ed equiparate]. E, inoltre, che la sussistenza del requisito oggettivo deve essere accertata in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale.
7.1 È stato pertanto progressivamente affermato in ambito giurisprudenziale che un immobile non sconta l’ICI se è da utilizzato da un organismo non lucrativo allo scopo di offrire specifici servizi secondo parametri non tipicamente economici. Nella sostanza, assunto il profilo soggettivo, il discrimine per accedere al trattamento di favore è fatto discendere dalla forma [a fini esentivi da attuarsi “con modalità non commerciali” ex Cass. 19035-36-37-38-39/2016 e succ.] dell’attività esercitata. La sola circostanza per cui le operazioni vengono realizzate dietro corrispettivo, per quanto modesto, è peraltro assunta quale rivelatrice dell’esercizio dell’attività con modalità commerciale.
8. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea in sentenza 27 giugno 2017 (Causa C-74/16) ha eseguito una esaustiva chiarificazione, anche con precisi e analitici richiami a proprie precedenti decisioni, sulle nozioni di “aiuti di Stato”, di “impresa” e di “attività economica”. Al punto 41 viene statuito che secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, la nozione di “impresa” comprende qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico e dalle fonti di finanziamento. Al punto 45 viene precisato che costituisce “attività economica” qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato, fermo restando (punto 46) che la circostanza che l’offerta di beni o servizi sia fatta senza scopo di lucro, o comunque in perdita, non osta a che l’entità che effettua tale offerta debba essere considerata come un’impresa, poiché tale offerta si pone in concorrenza con quella di altre imprese che perseguono lo scopo di lucro.
9. La Suprema Corte, in sentenza 10289/2019 (controversia inerente accertamenti ICI 2007-2008-2009) ha precisato che per quanto attiene al requisito oggettivo, il requisito della natura “non esclusivamente commerciale” richiesto dal testo applicabile alla fattispecie in esame, deve essere interpretato anche alla luce della sua compatibilità con i principi di diritto dell’Unione Europea. Con richiamo a Cass. 4066/2019) ha dapprima chiarito che: “deve tenersi conto della decisione 2013/284/UE della Commissione Europea del 19.12.2012 e ha in proposito affermato che l’esenzione ICI prevista in favore degli enti non commerciali dall’art. 7, co. 1, lett. i) del D.lgs. 504 del 1992 è compatibile con il divieto di aiuti di Stato sancito dalla normativa unionale solo ove abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica, dovendosi intendere tale, secondo il diritto dell’Unione, l’attività svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico“.
9.1 Ha quindi evidenziato che la Commissione Europea non aveva ordinato il recupero delle somme, ritenendolo impossibile.
“Tuttavia, questa parte della decisione, che sembrava chiudere il capitolo dell’aiuto di Stato illegittimamente concesso in virtù della norma in esame con una sorta di sanatoria, è stata annullata dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 6 novembre 2018 (Cause riunite C-622/16/P – C-623/16/P – C- 624/16/P), dove si è evidenziato che l’ordine di recupero di un aiuto illegale è logica e normale conseguenza della sua illegalità, e che, diversamente, si farebbero perdurare gli effetti anticoncorrenziali della misura”.
9.2 Ha concluso, in accoglimento del ricorso principale (del comune di rilevanza) cassando la sentenza di appello, con il rinvio alla Commissione Tributaria Regionale per vedere accertato in concreto, con criteri di rigorosità e alla luce della giurisprudenza nazionale e dei principi eurounitari, la natura economica o non economica dell’attività svolta nell’immobile, verificando in particolare se tale attività sia stata prestata a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un importo simbolico.
9.3 Il dispositivo della sentenza CGUE (Grande sezione) 6.11.2018 (Cause riunite C-622/16/P – C- 623/16/PC- 624/16/P) per quanto relativo al recupero di aiuti di Stato è stato:
“3. La decisione 2013/284 è annullata nella parte in cui la Commissione europea non ha ordinato il recupero degli aiuti illegali concessi sulla base dell’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili.”
10. Quanto premesso è demandato al Collegio l’accertamento – entro i ristretti margini come dianzi enunciati dalla Suprema Corte nell’esercizio della funzione nomofilattica – della natura economica o non economica dell’attività svolta dall’Istituto nell’immobile di cui è controversia.
11. Nel caso di specie il requisito soggettivo, diversamente da quanto rappresentato dall’appellante Comune, sussiste. Ciò poiché l’Istituto delle Suore …… – proprietario dell’immobile – rientra nella prefigurazione di ente privato non avente come oggetto principale o esclusivo l’esercizio di attività commerciale (art. 73 TUIR) in quanto civilmente riconosciuto tramite iscrizione al registro persone giuridiche tenuto dalla Prefettura di Roma.
12. Per l’integrazione del requisito oggettivo – potenzialmente sussistente in relazione al contenuto di cui all’art. 7 comma 1, lettera i) D.lgs. 504/92, in quanto l’attività nel caso di specie ivi (in Trieste) direttamente esercitata (“didattica”) rientra tra quelle elencate nel detto comma – è risolutivamente richiesta la contestuale connotazione “non economica” dell’attività stessa.
12.1 Tale connotazione non appare nel caso sussistente, in quanto l’attività non è stata constatata svolta a titolo gratuito o verso il versamento di importi simbolici, essendosi trattato nel caso di “rette” [i.e. “importo fisso da versarsi mensilmente”], come desunto, anche ma non solo, dall’ultimo periodo della parte motiva della sentenza di prime cure.
12.2 Da quanto immediatamente precede consegue l’insussistenza del requisito oggettivo, l’accertamento della cui mancanza conduce per gli effetti, in riforma della sentenza di prime cure, alla dovuta debenza dell’ICI per gli anni di cui è controversia in favore del Comune di Trieste.
13. La constatazione che negli anni 2010 e 2011 l’Istituto, nel ritenere rientrante l’immobile nella prefigurazione esentiva tenuto conto dell’allora vigente stesura della norma di legge (determinante inevitabile incertezza su contenuti, oggetto e destinatari della norma stessa), non poteva che avere operato in perfetta buona fede, esclude il contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, a termini dell’art. 10, comma 3 della Legge 212/2000 e dell’art. 8 del D.lgs. 546/1992. Inapplicabilità di sanzioni che va, pertanto, dichiarata.
14. Le spese, attesa la peculiarità della questione, caratterizzata da profili di novità, vanno integralmente compensate per l’intero giudizio.
P.Q.M.
accoglie l’appello del Comune, e, in riforma dell’appellata sentenza dichiara dovuta l’ICI per gli anni 2010 e 2011 relativamente all’immobile di cui è controversia, senza applicazione di sanzioni. Compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.
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