CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 settembre 2021, n. 23787
Riscossione – Estratto di ruolo – Impugnazione – Cartelle di pagamento prodromiche regolarmente notificate – Inammissibilità del ricorso
Rilevato che
La Corte di appello di Salerno con la sentenza n.694/2018 aveva dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 436 bis c.p.c., l’appello proposto da F.C. avverso la decisione con cui il locale tribunale aveva dichiarato inammissibile la sua domanda di opposizione ad estratto di ruolo.
La Corte territoriale, avendo rilevato che la pronuncia impugnata era stata adottata sulla base di consolidati principi del giudice di legittimità e che pertanto anche in sede di gravame i motivi proposti non si scostavano da quanto già esaminato dal tribunale e non avevano quindi possibilità di accoglimento, dichiarava inammissibile il gravame.
Avverso detta decisione proponeva ricorso la F. affidato a tre motivi.
Agenzia Entrate Riscossione e Inps rimanevano intimati.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che
1) Deve preliminarmente rilevarsi che l’attuale ricorso è stato proposto, ai sensi dell’art. 348 ter e 436 bis c.p.c, avverso il provvedimento di primo grado rispetto al quale la Corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità.
Con il primo motivo parte ricorrente deduce la nullità e/o inesistenza della notifica della cartella esattoriale e l’omessa prova di atti interrativi della prescrizione. A suo dire la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere rituale la notifica della cartella sottesa al ruolo impugnato.
Il motivo presenta più profili di inammissibilità. Si osserva preliminarmente che nella censura non è indicato lo specifico vizio denunciato in violazione degli oneri di specificazione dei motivi di ricorso per cassazione. A riguardo questa Corte ha chiarito che “Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito” (Cass. n. 11603/2018).
Il motivo è anche privo degli elementi necessari ad identificare la censura in quanto non inseriti gli elementi di fatto necessari a confutare la statuizione della corte circa la ritenuta ritualità della notifica. Si osserva in proposito che “Al ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 348 ter, comma 3, c.p.c. si applicano le disposizioni di cui agli artt. 329 e 346 del medesimo codice, sicché la parte deve fornire l’indicazione che la questione sollevata in sede di legittimità era stata devoluta, sia pure nella forma propria dei motivi di appello, al giudice del gravame dichiarato inammissibile ex art. 348 bis c.p.c.” (Cass. n. 31369/2020).
2) Con il secondo motivo è lamentata l’errata valutazione circa la ritenuta decadenza dalla impugnazione nonché la statuizione circa la carenza dell’interesse ad agire rilevato dalla corte territoriale con riguardo all’estratto di ruolo.
La Corte territoriale nel dichiarare l’inammissibilità ha in prima battuta posto in rilievo l’assenza di allegazioni che contrastassero la accertata carenza di interesse ad agire nell’impugnare l’estratto di ruolo ove regolarmente notificati gli atti ad esso prodromici; ha poi richiamato l’orientamento consolidato (Cass. n. 6723/2019) su cui fondava la prognosi di rigetto del ricorso.
Il motivo risulta inammissibile in quanto la decisione assunta dal giudice del gravame è supportata dal consolidato principio secondo cui ” In materia di riscossione di crediti previdenziali, qualora la cartella di pagamento sia stata regolarmente notificata, è inammissibile per carenza d’ interesse ad agire l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., proposta avverso l’estratto di ruolo contributivo e diretta a far valere fatti estintivi sopravvenuti (nella specie, la prescrizione del credito), difettando una minaccia attuale di atti esecutivi ed essendo ben possibile che intervenga l’eliminazione del credito in via di autotutela mediante sgravio della pretesa contributiva” (Cass. n. 6723/2019).
3) Con il terzo motivo parte ricorrente si duole della condanna alle spese di primo grado ritenendo la causa estranea al perimetro di applicazione dell’art. 436 bis c.p.c, attesa la fondatezza dei motivi e comunque la oscillazione registratasi nella giurisprudenza che avrebbero dovuto comportare una scelta compensativa.
La infondatezza dei motivi, come sopra evidenziato, e la presenza di orientamenti consolidati (Cass. 6723/2019), rende corretta la scelta processuale con riguardo alla pronuncia adottata ai sensi dell’art. 436 c.p.c., anche compatibile con rito lavoro (Cass. n. 10409/2020). Da ciò deriva, peraltro, che la scelta sulle spese processuali, conseguente alla pronuncia di inammissibilità, non contrasta i principi secondo i quali “il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa” (Cass. n. 18128/2020).
Il ricorso deve essere rigettato. Nulla per le spese.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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