AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 14 settembre 2021, n. 584
IVA – Mancato esercizio dell’attività – Spettanza del diritto alla detrazione e al rimborso dell’imposta
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa s.r.l. (di seguito, “l’Istante” o “Società”) rappresenta di avere sottoscritto, a luglio 2018, in qualità di conduttore, un contratto di locazione di un immobile a uso alberghiero con Beta s.r.l. (in breve, “Locatore”), previa ristrutturazione e riqualificazione dello stesso in albergo “chiavi in mano”, a carico del Locatore.
L’Istante riferisce altresì che:
– l’efficacia di questo contratto è subordinata a alcune clausole sospensive, una delle quali riguarda l’avvenuta ristrutturazione e riqualificazione dell’immobile “chiavi in mano” entro marzo 2019 da parte del Locatore;
– si è obbligato al versamento in favore di Gamma S.p.A. (socio unico del Locatore) di Euro 1.000.000,00 + IVA al 22 per cento “a titolo di rimborso di parte dei costi che Beta srl avrebbe dovuto sostenere per la riqualificazione alberghiera dell’immobile oggetto del contratto di locazione”;
– ha versato il predetto importo a agosto 2018, ricevendo contestualmente a proprio favore e nell’interesse di Gamma S.p.A. una garanzia bancaria a prima richiesta, fino a 1 milione di euro, che copre Gamma S.p.A. dal rischio di restituzione della somma in commento in caso di mancato rispetto del termine di consegna dell’immobile.
A seguito del mancato rispetto del termine di consegna dell’immobile e delle proroghe concesse dall’Istante, a aprile 2020 la Società ha agito per la risoluzione del contratto secondo le modalità ivi descritte, tra cui l’effetto immediato, e a giugno 2020 ha ottenuto il rimborso da parte della banca di 1 milione di euro.
Ne è conseguita l’impossibilità per l’Istante di avviare l’attività alberghiera presso l’immobile oggetto del contratto di locazione e pertanto sta valutando l’intenzione di procedere alla sua liquidazione.
Tanto premesso, la Società, pur non avendo mai realizzato, per le suesposte ragioni, operazioni attive, chiede se l’eccedenza di IVA a credito maturata di circa euro 240 mila (principalmente connesso al versamento del suddetto milione di euro) possa essere chiesta a rimborso ai sensi dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in breve, “Decreto IVA”) per effetto della cessazione di attività.
A tal fine dichiara di non essere una società di comodo ai sensi dell’articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, come emerge dal test di operatività allegato al presente interpello.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che non esistano preclusioni alla richiesta di rimborso dell’eccedenza a credito maturata.
Al riguardo, la Società richiama la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione secondo cui “…la compatibilità con l’oggetto sociale (per quanto rileva nella specie, attinente alla gestione di complessi immobiliari a scopo turistico- alberghiero) di voci di spesa relative alla compravendita e/o alla ristrutturazione di immobili costituisce, rispetto alla detraibilità del tributo assolto sulle operazioni passive, elemento puramente indiziario dell’inerenza all’effettivo esercizio dell’impresa; come tale valutabile dal giudice di merito insieme con altre circostanze della concreta vicenda, idonee a fondare il convincimento circa l’effettiva inerenza delle medesime operazioni passive all’espletamento della progettata attività imprenditoriale, all’interno di un criterio di ripartizione che vede onerata della prova la società”.
I predetti principi trovano conferma, ad avviso dell’Istante, nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e, in particolare nella sentenza del 28 ottobre 2018, C-249/17, Ryanair, secondo cui:
– “dato che le attività economiche a norma della sesta direttiva possono consistere in vari atti consecutivi, gli atti preparatori devono già ritenersi parte integrante delle attività economiche. Pertanto, chiunque abbia l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica ed effettua a talfine le prime spese di investimento deve essere considerato come un soggetto passivo” (punto 18);
– “Ilprincipio della neutralità dell’IVAper quanto riguarda l’imposizione fiscale dell’operatore economico esige che le prime spese di investimento effettuate ai fini dell’esercizio di un’impresa siano considerate come attività economiche e sarebbe in contrasto con tale principio ritenere che queste attività inizino solo nel momento in cui comincia ad aversi un reddito imponibile. Qualsiasi altra interpretazione porrebbe a carico dell’operatore economico il costo dell’IVA nell’ambito della sua attività economica, senza dargli la possibilità di effettuarne la detrazione, e si risolverebbe in una distinzione arbitraria tra spese di investimento sostenute per le esigenze di un’impresa, a seconda che esse siano realizzate prima dell’esercizio effettivo di quest’ultimao durante tale esercizio”(punto 24);
– “Inoltre, il diritto a detrazione, una volta nato, rimane acquisito anche se, successivamente, l’attività economica prevista non è stata realizzata e, pertanto, non ha dato luogo ad operazioni soggette ad imposta o il soggetto passivo non ha potuto utilizzare i beni o i servizi che hanno dato luogo a detrazione nell’ambito di operazioni imponibili a causa di circostanze estranee alla sua volontà”(punto 25).
Tanto considerato, la Società ritiene di poter chiedere il rimborso dell’eccedenza di credito IVA maturata nella dichiarazione IVA relativa all’esercizio di liquidazione con causale identificata dal n. 1 -art. 30, comma 1, cessazione di attività, con conseguente inserimento dell’importo vantato anche nel bilancio finale di liquidazione.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della Direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (di seguito, “Direttiva IVA”) “Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”. In proposito, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia “le attività preparatorie debbono essere considerate attività economiche… Chiunque svolge atti preparatori è di conseguenza considerato soggetto passivo”.
L’articolo 168 della Direttiva IVA dispone che “Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
a) l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo… “
Dal combinato disposto delle predette disposizioni si ricava – coerentemente alla giurisprudenza unionale – che è l’acquisto di beni o di servizi da parte di un soggetto passivo che agisce come tale a determinare l’applicazione del sistema dell’IVA e, quindi, del sistema della detrazione.
L’impiego dei beni o servizi, reale o previsto, determina solo l’entità della detrazione iniziale alla quale il soggetto passivo ha diritto e l’entità delle eventuali rettifiche durante i periodi successivi, ma non incide sulla nascita del diritto alla detrazione (cfr. Ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 18 maggio 2021, causa C-248/20).
Secondo tale giurisprudenza sovranazionale, “il diritto a detrazione, una volta sorto, rimane, in linea di principio, acquisito anche se, successivamente, l’attività economica prevista non è stata realizzata, cosicché non ha dato luogo ad operazioni soggette ad imposta o se, a causa di circostanze estranee alla sua volontà, il soggetto passivo non ha utilizzato detti beni e servizi che hanno dato luogo alla detrazione nell’ambito di operazioni soggette a imposta.
Ogni interpretazione diversa della direttiva IVA sarebbe contraria alprincipio di neutralità dell’IVA per quanto riguarda l’onere fiscale dell’impresa. Infatti, ciò potrebbe creare, all’atto del trattamento fiscale delle stesse attività di investimento, disparità ingiustificate tra imprese che effettuano già operazioni imponibili e altre che cercano, mediante investimenti, di avviare attività da cui deriveranno operazioni soggette ad imposta”.
Con riguardo, infine, al rimborso dell’eccedenza di IVA detraibile giova richiamare, infine, l’articolo 183 della Direttiva IVA secondo cui “Qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite”.
Ai predetti principi unionali deve attenersi l’interpretazione della disciplina nazionale in materia di detrazione e rimborso IVA. Secondo la disciplina nazionale:
– “Per la determinazione dell’imposta dovuta a norma del primo comma dell’articolo 17 o dell’eccedenza di cui al secondo comma dell’art. 30, è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione. Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all ‘ anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.
2. Non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all’imposta, salvo il disposto dell’articolo 19-bis2″(art. 19, commi 1 e 2, del Decreto IVA);
– Se dalla dichiarazione annuale risulta che l’ammontare detraibile (…) aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili (…) il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività (art. 30 del Decreto IVA).
Come già chiarito dall’Amministrazione Finanziaria, il diritto alla detrazione sorge e può essere esercitato “…fin dal momento dell’acquisizione dei beni e dei servizi, anche ammortizzabili (detrazione immediata)”.
Ciò significa che il contribuente non deve attendere l’effettiva utilizzazione dei beni e dei servizi nella propria attività per stabilire se gli spetta e in quali termini il diritto alla detrazione, essendo a tal fine sufficiente che i beni ed i servizi siano destinati a essere utilizzati in operazioni che danno diritto alla detrazione. Naturalmente, deve trattarsi di una destinazione avvalorata oggettivamente dalla natura dei beni e dei servizi acquisiti rispetto all’attività concretamente esercitata dal contribuente. (Cfr. circolare n. 328 del 1997).
In ordine al carattere immediato della detrazione IVA, peraltro, la giurisprudenza di legittimità nazionale – coerentemente ai principi sanciti dalla richiamata giurisprudenza unionale – ha riconosciuto che “ai fini della detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti di beni e sulle operazioni passive occorre accertarne l’effettiva inerenza rispetto alle finalità imprenditoriali, senza che sia tuttavia richiesto il concreto svolgimento dell’attività di impresa, potendo la detrazione dell’imposta spettare anche in assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività di carattere preparatorio, purché finalizzate alla costituzione delle condizioni d’inizio effettivo dell’attività tipica (Cass. sentenza n. 23994 del 3 ottobre 2018).
Alla luce delle predette argomentazioni, con riguardo al caso prospettato, si ritiene sussistente – in linea di principio – il diritto al rimborso dell’eccedenza dell’IVA assolta e effettivamente dovuta sugli acquisti propedeutici all’avvio della dichiarata attività alberghiera. Ciò, nel presupposto dell’effettiva connessione dei predetti acquisti con l’espletamento della progettata attività alberghiera e delle conseguenti operazioni attive imponibili o operazioni attive che comunque, ai sensi dell’articolo 19 del Decreto IVA, conferiscono il diritto alla detrazione.
Tale circostanza che, anche nel caso in esame condiziona la spettanza del diritto alla detrazione, implica una valutazione delle circostanze di fatto collegate alla progettata attività alberghiera – utile anche al fine di escludere che l’intera operazione qui descritta sia stata preordinata dalle parti per abusare della disciplina in tema di detrazione (cfr. Cassazione, Ordinanza n. 7488 del 2020) – che non può essere svolta in sede di risposta ad istanza di interpello.
A ogni buon fine, giova ricordare che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sentenza n. 4020 del 2012), da un’operazione assoggettata ad IVA originano tre rapporti autonomi che sono:
1. tra l’amministrazione finanziaria e il cedente/prestatore, relativamente al pagamento dell’imposta;
2. tra il cedente/prestatore e il cessionario/committente, in ordine alla rivalsa;
3. tra l’amministrazione finanziaria e il cessionario/committente, per ciò che attiene alla detrazione dell’imposta assolta in via di rivalsa.
L’esistenza di questi tre autonomi rapporti presuppone che rimanga salvo il principio di neutralità dell’IVA che a sua volta postula l’esclusione, in ogni caso, di una perdita di gettito per l’Erario.
In forza dei suddetti principi, va comunque escluso il diritto al rimborso dell’imposta versata in sede di rivalsa qualora l’Istante ne abbia ottenuto la restituzione da parte del Locatore, anche per effetto dell’escussione della garanzia bancaria rilasciata da quest’ultimo.
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