CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 luglio 2021, n. 21697
Tributi – Imposta di registro – Sentenza – Accertamento definitivo dell’indennità di esproprio spettante all’espropriato per effetto di un provvedimento ablatorio – Aliquota ex art. 8, lett. c), della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986
Ritenuto che
1. con sentenza n. 2166/8/17, depositata il 7 marzo 2017, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 25110/35/15 della CTP di Napoli, con compensazione delle spese di lite;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro in misura proporzionale del 3%, in luogo di quella applicata dell’1%, in relazione ad una sentenza che, all’esito di un giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di esproprio e di occupazione legittima, determinava l’entità di tale indennità e ne disponeva il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti;
3. la CTP aveva accolto il ricorso sul presupposto che nella fattispecie andasse applicato l’art. 8, lett. c), della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986;
4. la CTR, in riforma della decisione di primo grado, aveva ritenuto, invece, applicabile la lett. b) dell’art. 8 della Tariffa citata, qualificando la sentenza di condanna e non di mero accertamento di un diritto a contenuto patrimoniale;
5. avverso la sentenza di appello la società contribuente proponeva ricorso per cassazione, notificato a mezzo PEC il 6-10- 2017, affidato ad un unico motivo; l’Agenzia si costituiva tardivamente, ai soli fini della partecipazione alla eventuale udienza di discussione.
Considerato che
1. con un unico motivo di ricorso, articolato su più profili, la società contribuente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 156, comma 2, 121 e 132 c.p.c., dell’art. 37 del d.P.R. n. 131 del 1986, dell’art. 8, lett. b) e c) della Tariffa, parte prima, allegata allo stesso decreto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nonché la nullità della sentenza per motivazione apparente in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., censurando l’impugnata sentenza per aver ritenuto assoggettabile all’imposta proporzionale in misura del 3% una sentenza che, avendo ad oggetto l’accertamento in maniera definitiva dell’indennità di esproprio spettante all’espropriato per effetto di un provvedimento ablatorio, non aveva natura di sentenza di condanna bensì di accertamento di un diritto a contenuto patrimoniale.
Osserva che
1. Il ricorso è meritevole di accoglimento.
1.1 Questione controversa è se una sentenza che, all’esito di un giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di esproprio e di occupazione legittima, ne accerti l’esatto ammontare e ne disponga il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, abbia natura di accertamento di un diritto a contenuto patrimoniale, e sia quindi soggetta all’applicazione dell’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%, ai sensi dell’art. 8, lett. c), della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, o costituisca, piuttosto, una sentenza di condanna, soggetta all’imposta nella misura proporzionale del 3%, prevista dalla lett. b) dello stesso art. 8.
1.2 Costituisce orientamento pacifico che il beneficio della registrazione a tassa fissa, anziché proporzionale, dei provvedimenti di esproprio trova la propria ratio nella funzione, propria di tali atti, di trasferire la proprietà del bene in favore dello Stato o di un ente pubblico territoriale, e che tale funzione è evidentemente del tutto estranea alla sentenza o alla ordinanza che, definendo la controversia di natura meramente patrimoniale derivante dalla quantificazione della indennità di esproprio, determina in via definitiva l’ammontare di tale indennità spettante all’espropriato per effetto del provvedimento ablatorio (tra le tante Cass. n. 1012 del 1981; Cass. n. 12692 del 2005).
1.3 Sussiste invece un contrasto nell’ambito di questa Corte, già segnalato con ordinanza interlocutoria della Sez. 6-5 n. 29575 del 2019, sull’applicabilità a tale sentenza dell’imposta proporzionale di registro nella misura dell’1%, di cui all’art. 8, lett. c), della Tariffa parte prima allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, o del 3% di cui alla lett. b) dello stesso articolo.
2. Con indirizzo più risalente è stato ritenuto che “in tema di imposta di registro per espropriazioni per pubblica utilità, il beneficio della registrazione a tassa fissa, anziché proporzionale, dei provvedimenti di esproprio trova la propria “ratio” nella funzione, propria di tali atti, di trasferire la proprietà del bene in favore dello Stato o di un ente pubblico territoriale, mentre tale funzione è del tutto estranea alla sentenza che, definendo una controversia di natura meramente patrimoniale derivante dalla opposizione alla stima, determina in via definitiva l’ammontare della indennità spettante all’espropriato per effetto del provvedimento ablatorio. Ne consegue che non merita censura il provvedimento con il quale l’Ufficio finanziario assoggetti tale tipo di sentenza all’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%, ai sensi dell’art. 8 della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale sentenza di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale” (Vedi Cass. n. 12692 del 2005; Cass. n. 10346, n. 19746 e n.19747 del 2010 e Cass. n. 17593 del 2012).
2.1 Secondo invece un indirizzo di più recente formazione, a cui si è adeguata la decisione impugnata, alla sentenza che, rideterminandone l’entità, ordini il deposito, presso la Cassa Depositi e Prestiti, delle dovute indennità di esproprio e di occupazione legittima, si applica l’imposta percentuale di cui all’art. 8, lett. b), della Tariffa – Parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, trattandosi “in parte qua”, di statuizione di condanna, priva della funzione, propria del provvedimento amministrativo di espropriazione per pubblica utilità, di trasferire la proprietà del bene allo Stato, e che si limita, nel definire una controversia di natura patrimoniale derivante dalla opposizione alla stima, a determinare in via definitiva l’ammontare dell’indennità spettante all’espropriato per effetto del provvedimento ablatorio” (Vedi Cass. n. 9137 del 2014, richiamata da Cass. n. 6481 del 2019, seppure in tema di ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. di determinazione e di esplicita condanna dell’espropriante al pagamento dell’indennità di espropriazione dovuta a conguaglio di quella indicata nell’atto di cessione volontaria).
2.2 Merita segnalare che, nella specie, si è in presenza di un contrasto meramente “inconsapevole”, in quanto tutte le pronunce innanzi richiamate incentrano la loro parte motiva sull’esclusione della registrazione a tassa fissa, ponendosi su tale punto in dichiarata continuità, mentre l’applicazione della differente misura proporzionale dell’1% o del 3% consegue, esclusivamente, alla corrispondente diversa percentuale già applicata dall’Agenzia delle Entrate nei rispettivi provvedimenti impugnati, senza che sulla questione sia stata sollecitata o comunque resa una espressa pronuncia.
3. Al fine di determinare se un provvedimento giudiziario abbia ad oggetto una pronuncia di condanna o di accertamento di un diritto con contenuto patrimoniale, è utile richiamare quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 177 del 13 luglio 2017, seppure al diverso fine della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 8, comma 1, lett. c, della tariffa – parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, nella parte in cui assoggetta all’imposta di registro proporzionale, anziché in misura fissa, anche le pronunce che definiscono i giudizi di opposizione allo stato passivo del fallimento con l’accertamento di crediti derivanti da operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto.
Il Giudice delle leggi, con una argomentazione utilizzabile anche nella vicenda in esame, ha ricordato che «il fatto che l’accertamento del diritto di credito costituisca il necessario antecedente logico giuridico della condanna non rende omogenee le fattispecie messe a confronto” ed ha individuato “la diversità degli effetti che derivano dai due tipi di pronunce, quanto alla realizzazione degli interessi del creditore” nel fatto che “solo quelle di condanna sono suscettibili di esecuzione forzata.”
3.1 In tema questa Corte ha già affermato che la sentenza che accerta l’esistenza o l’ammontare del credito pignorato, definendo il giudizio di cognizione instaurato, a norma dell’art. 548 cod. proc. civ., in caso di mancata o contestata dichiarazione del terzo, è compresa fra gli atti dell’autorità giudiziaria «di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale», di cui all’art. 8, comma 1, lett c) della tariffa -parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, assoggettati all’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%, e non all’imposta nella misura fissa, riferendosi la norma non soltanto all’accertamento costitutivo, ma anche a quei provvedimenti privi di contenuto traslativo o ablatorio, che si risolvono in un accertamento dell’esistenza di ricchezza (in termini Cass. n. 15159 del 2009).
Analogamente, si è detto che la sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo nei confronti del debitore esecutato ex art. 549 cod. proc. civ., è assoggettata, ex art. 8, comma 1, lett. c), della tariffa – parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, ad imposta di registro in misura proporzionale e non fissa, in quanto è una decisione di mero accertamento e non di condanna sottoposta, in via alternativa, ad I.V.A. (in termini Cass. n. 11036 del 2019); anche in relazione ad una fattispecie relativa ad una sentenza resa all’esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, assoggettata ad imposta di registro in relazione alla pronuncia ricognitiva dell’esistenza del credito che era stata adottata contestualmente alla revoca di tale decreto dopo che il debito era stato pagato in corso di causa, si è ribadito che” Gli atti giudiziari di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale sono soggetti ad imposta di registro in misura proporzionale con aliquota dell’1%, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c), della tariffa parte prima allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, anche qualora essi riguardino corrispettivi o prestazioni soggetti ad IVA, non applicandosi il principio di alternatività di cui all’art. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986.” (Vedi Cass. n. 3459 del 2021).
4. Tanto premesso, rileva il Collegio che il suindicato contrasto non può che essere risolto valorizzando la natura e l’oggetto del giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di esproprio.
4.1 Più volte è stato evidenziato da questa Corte che in materia di opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione o di occupazione temporanea, oggetto del giudizio è la congruità e conformità di essa ai criteri di legge (Vedi Cass. 15414 del 2019), esulando dall’ambito di quel giudizio le domande finalizzate a conseguire il pagamento dell’indennità definitivamente accertata e non contestata (Vedi Cass. n. 10440 del 2020).
Si è quindi affermato che “Il giudizio di opposizione alla stima delle indennità di espropriazione e di occupazione temporanea, al pari di quello volto alla determinazione giudiziale del giusto indennizzo, devoluti alla competenza in unico grado della Corte di appello, sono circoscritti alle questioni relative all’ammontare di dette indennità nei rapporti tra espropriante ed espropriati, dovendo la Corte non pronunciare condanna dell’espropriante al relativo pagamento, ma limitarsi ad ordinare il deposito presso la Cassa depositi e prestiti della differenza tra il superiore importo liquidato in sede giudiziaria e quello fissato in sede amministrativa. Ne consegue che l’espropriante non può opporre in compensazione proprie autonome ragioni di credito vantate nei confronti delle controparti ed inerenti a rapporti diversi, il cui accertamento esula dall’oggetto dei giudizi in questione e che sono insuscettibili di contrapporsi all’obbligo di deposito degli indennizzi imposto dalla legge (vedi Cass. n. 19323 del 2013).
In altro arresto si è ritenuto che “Nel decidere sull’opposizione alla stima, la Corte d’appello non può pronunciare condanna dell’espropriante al pagamento dell’indennità di esproprio, ma deve limitarsi ad ordinare il deposito presso la Cassa depositi e prestiti della differenza tra il superiore importo liquidato in sede giudiziaria e quello fissato in via amministrativa, atteso che anche a tale liquidazione sono applicabili – anche se l’opponente abbia chiesto la condanna della controparte al pagamento diretto – i principi generali posti dagli artt. 48 e 55 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, trattandosi di norme che rispondono a precise esigenze a tutela del pubblico interesse, per eventuali diritti vantati dai terzi sull’indennità, e per non esporre l’espropriante ad eventuali azioni di recupero per pagamenti indebiti” (Vedi Cass. n. 4087 del 2001; n. 16258 del 2002; n. 539 del 2004).
5. Né, al fine di individuare la natura della sentenza in esame, appare corretto valorizzare la presenza, in aggiunta alla pronuncia di accertamento della misura dell’indennità, dell’ordine di deposito della differenza eventualmente accertata presso la Cassa Depositi e Prestiti, equiparandolo ad una condanna dell’espropriante ad un fare fungibile, suscettibile pertanto di esecuzione forzata.
5.1 L’ordine di deposito non costituisce, infatti, il petitum dell’azione di opposizione alla stima, il bene della vita che il creditore intende realizzare con la proposizione di questo giudizio, né tale ordine è pronunciato dal giudice nel suo interesse ed a suo favore, anzi tutt’altro, dal momento che l’espropriato dovrà attendere lo svincolo definitivo della somma depositata, al termine del procedimento, per poter ottenere il ristoro economico del bene espropriato.
In realtà il deposito dell’indennità costituisce un adempimento funzionale e prodromico al completamento del più complesso procedimento espropriativo che si sviluppa in ambito amministrativo, quale fase transitoria ed intermedia tra la determinazione provvisoria e quella definitiva dell’indennità, finalizzata alla tutela di terzi creditori che, vantando diritti sull’immobile espropriato, si vedono garantita la possibilità di far valere tali diritti direttamente sull’indennità depositata. (Vedi Cass. SU n. 109 del 1999; Cass. n. 6709 del 2000 e n. 25662 del 2006).
Analogamente alla somma determinata dall’amministrazione espropriante, e non accettata dal privato perché ritenuta incongrua, anche la differenza ulteriore, eventualmente riconosciuta all’esito del giudizio di opposizione, è oggetto di deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, al solo fine di tutelare potenziali diritti vantati da terzi e nello stesso tempo evitare che dopo il pagamento l’amministrazione pubblica sia esposta al rischio di azioni di ripetizione di indebito.
Nessun trasferimento di ricchezza al soggetto espropriato, nessuna attribuzione di un bene o condanna al pagamento, ma solo un accertamento di valore cui si accompagna un adempimento accessorio nell’interesse di terzi e della parte pubblica debitriceespropriante ma non del creditore-espropriato.
5.2 Del resto, nell’affermare che in tema di espropriazione per pubblica utilità, la cd. opposizione alla stima non si configura come fase di mera impugnazione del provvedimento amministrativo, caratterizzandosi, invece, come giudizio di autonoma quantificazione dell’indennità da parte del giudice, la cui pronuncia determinativa dell’indennità dovuta ha contenuto giurisdizionale limitatamente all’ordine di deposito delle eventuali somme aggiuntive, restando impregiudicate le diverse azioni di svincolo e di condanna al pagamento delle somme dovute (Cass., 04/11/1997, n. 10785; Cass., 11/08/2000, n. 10680; Cass., 21/08/2013, n. 19323), questa Corte ha già evidenziato che l’ordine di deposito della somma riveste natura di statuizione indefettibile, necessariamente accessoria al decisum, la cui utilità verrebbe del tutto frustrata senza il deposito dell’indennità, sicché l’omissione dell’ordine di deposito può essere addirittura emendato mediante la procedura di correzione di errore materiale, ai sensi dell’art. 287 cod. proc. civ. (Vedi Cass. n. 13248 del 2018).
6. Né depone in senso contrario Cass. SU n. 13798 del 2012, che ha confermato la giurisdizione del giudice ordinario, quale giudice dell’esecuzione, in merito alla domanda dei creditori-espropriati volta a determinare le modalità di esecuzione dell’ordine di deposito rimasto inattuato, dopo aver ricordato che la proposizione del giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo costituisce un rimedio complementare, che si aggiunge al procedimento di esecuzione previsto dal codice di rito, spettando poi alla libera scelta del creditore l’utilizzazione dell’uno o dell’altro (S.U. 31.3.2006, n. 7578; S.U. 18.4.1994, n. 3680; S.U. 18.2.1994, n. 1593; v. anche S.U. 27.7.2011, n. 16390; S.U. 15.7.2008, n. 19345).
Tale pronuncia, infatti, è limitata al dedotto motivo di giurisdizione, individuata sulla base della domanda delle parti, ed in ogni caso riconduce alla possibilità di esecuzione l’ordine accessorio di deposito e non la statuizione relativa alla determinazione dell’indennità che costituisce, per i motivi innanzi indicati, l’unico tratto caratterizzante ai fini fiscali.
7. Così ricostruita la natura del giudizio, va certamente escluso che la sentenza de quo contenga una statuizione di condanna, suscettibile di essere messa in esecuzione a carico dell’espropriante da parte dell’espropriato, che abbia ottenuto l’accertamento dell’indennità in misura superiore alla stima effettuata in sede amministrativa, al fine di ottenerne il pagamento del tutto o della sola differenza; anzi l’avente diritto dovrà necessariamente attendere il momento in cui, a fronte della definitività della procedura, gli sarà possibile ottenere lo svincolo della somma depositata, previa presentazione di specifica ed ulteriore istanza e rilascio di espressa autorizzazione in sede amministrativa. Né tale natura muta per la presenza dell’ordine di deposito presso la Cassa DDPP dell’ulteriore importo accertato giudizialmente, che costituisce sono una pronuncia accessoria, che consegue ex lege e non a domanda, quale adempimento necessitato dal procedimento amministrativo in cui tale giudizio è inserito come eventuale fase di cognizione riservata alla giurisdizione ordinaria.
8. In continuità con i più risalenti precedenti va pertanto affermato il seguente principio di diritto ” In tema di imposta di registro, la sentenza che, all’esito di un giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di esproprio e di occupazione legittima, ne accerti l’esatto ammontare e disponga il deposito della differenza presso la Cassa Depositi e Prestiti, non ha natura di condanna bensì di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale ed è, pertanto, soggetta all’applicazione dell’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%, ai sensi dell’art. 8, lett. c), della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.“
9. Per le suesposte considerazioni, il ricorso va accolto; segue la cassazione della sentenza impugnata e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c. con l’accoglimento del ricorso introduttivo.
9.1 Atteso il denunciato contrasto e la controvertibilità della fattispecie, sussistono i presupposti per una integrale compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente; compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.
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