Corte di Cassazione ordinanza n. 11271 depositata il 7 aprile 2022
notifica – attestazione di conformità – contenzioso tributario
FATTI DI CAUSA
1 L’Agenzia delle Entrate ricorre, con un motivo, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, d’inammissibilità dell’impugnazione della sentenza n. 274/04/2009 con la quale la CTP aveva accolto le impugnazioni di avvisi di accertamento in materia di imposte dirette (L’intimato contribuente non si costituisce).
RAGIONI DELLA DEC:ISIONE
1. Con l’unico motivo l’A.E., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 53 del lgs. n. 546 del 1992 in quanto il giudice a quo avrebbe errato nel dichiarare l’inammissibilità dell’appello dell’Ufficio, notificato mediante spedizione a mezzo del servizio postale, in assenza di attestazione di conformità dell’atto depositato a quello spedito e di costituzione in giudizio del contribuente appellato.
2. Il motivo è infondato, in applicazione di principio (nell’attualità) pacifico nella giurisprudenza di questa Corte e che, in questa sede, necessita ribadire.
2.1 La questione giuridica inerisce il se il ricorso, di primo grado o (come nella specie) in appello, notificato mediante consegna o spedizione a mezzo del servizio postale, sia o meno inammissibile qualora il ricorrente, all’atto della costituzione in giudizio, ometta di attestare la conformità dell’atto depositato nella segreteria della Commissione tributaria adita a quello consegnato o spedito alla controparte e quest’ultima non si costituisca.
L’art. 22 («Costituzione in giudizio del ricorrente») del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (richiamato, per il giudizio di appello, dall’art. 53), dispone, al comma 3, che «in caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell’atto depositato a quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente. Se l’atto depositato nella segreteria della commissione non è conforme a quello consegnato o spedito alla parte nei cui confronti il ricorso è proposto, il ricorso è inammissibile e si applica il comma precedente», secondo il quale «l’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce a norma dell’articolo seguente».
Va innanzitutto ribadito che l’art . 22, comma 3, cit. va interpretato nel senso che costituisce causa di inammissibilità del ricorso o dell’appello non la mancanza di attestazione, da parte del ricorrente, della conformità tra il documento depositato ed il documento notificato, ma solo la loro effettiva difformità, accertata d’ufficio dal giudice in caso di tale mancanza (ex plurimis, Cass. sez. 5, 11/05/2017, n. 11637, Rv. 6441 22 -01 ; Cass. sez. 5, 15/03/2017, n. 6677, Rv. 643462-01, oltre che, tra le altre, Cass. nn. 17180 del 2004, 21676 del 2006, 4615 del 2008, 6780 del 2009, 11760 del 2014).
2.2 Ciò posto, in ordine al problema di come incida sul detto principio la mancata costituzione in giudizio del resistente in primo grado o dell’appellato, con conseguente impossibilità del giudice di effettuare il diretto raffronto, in concreto, tra l’atto depositato e quello notificato, il Collegio aderisce all’orientamento prevalente favorevole alla tesi dell’inammissibilità del ricorso, ormai da ritenersi univoco in ragione di un risolto contrasto interno alla sezione (per l’orientamento prevalente si vedano, sez. 5, 11/05/2017, n. 11637, Rv. 644122-01; Cass. sez. 5, 1 5/ 03/ 2017, n. 6677, Rv. 643462-01, oltre che Cass. nn. 4615 del 2008 e 1174 del 2010; in senso contrario, Cass. n. 6780 del 2009).
Tale indirizzo, come ribadito dalla citata Cass. sez. 5, n. 6677 del 2017, si basa difatti sull’essenziale e condivisibile rilievo secondo cui la soluzione contraria priverebbe di qualsiasi reale funzione la prescritta formalità di attestazione posta a carico del ricorrente, della cui omissione, non potendo essere «sanat a» dalla verifica officiosa degli atti da parte del giudice, non può che subirne le conseguenze il soggetto onerato.
Il rilievo di cui innanzi è pienamente condiviso anche da Cass. sez. 5, n. 11637, cit., che muove, in via generale e preliminare dai principi interpretativi affermati dalla Consulta (sent. 18 marzo 2004, n. 98, e sent. 6 dicembre 2002, n. 520) circa la costituzionalità delle norme processuali sulle cause di inammissibilità. In particolare: 1) si deve far valere l’esigenza di ridurre i profili d’inammissibilità a quelle sole cause che costituiscano una ragionevole sanzione per la parte processuale; 2) si deve mirare a contrastare la realizzazione della giustizia solo per ragioni di serie importanza; 3) i profili di forma devono essere valutati con criteri di equa razionalità; 4) si deve assicurare l’armonia sistematica del regime dell’istituto controverso con lo specifico sistema processale cui esso appartiene.
Premesso quanto innanzi, nell’ipotesi di costituzione del resistente o dell’appellato, la difformità tra i due esemplari di ricorso è suscettibile di essere contestata dalla parte costituita e, comunque, agevolmente rilevata dal giudice, attraverso il diretto raffronto del ricorso depositato con quello notificato, trattandosi di atti, entrambi, acquisiti in giudizio. Nel caso di contumacia del resistente o dell’appellato, invece, viene a mancare per la parte la possibilità di riscontrare e denunciare la difformità e risulta, peraltro, impedita al giudice ogni effettiva possibilità di verifica ufficiosa della prescritta conformità, attraverso la diretta comparazione dell’esemplare depositato a quello notificato, dato che la contumacia preclude l’acquisizione del secondo esemplare agli atti del giudizio. La valutazione che compie l’appellato circa l’opportunità o meno di costituirsi avviene sulla base dell’atto che gli è stato notificato e non si può ragionevolmente ritenere che sia suo onere accedere alla segreteria della Commissione per verificare l’eventuale difformità tra l’atto a lui notificato e quello depositato, trattandosi di attività difensiva che presuppone, comunque, sia già sorto un interesse concreto a contraddire sulla base dell’atto notificato. Ne consegue che non può attribuirsi alla mancata costituzione in giudizio il significato della non contestazione di una circostanza la mancata corrispondenza tra l’atto notificato e l’atto depositato – che è formalmente ignota all’appellato non costituito.
L’inammissibilità conseguente alla mancata attestazione di conformità del documento depositato e del documento notificato costituisce, dunque, alla luce dei ricordati principi espressi dalla Corte Costituzionale, una ragionevole sanzione per la parte appellante la quale ben può prevedere che, nel caso in cui l’appellato non si costituisca, il giudice si trovi nell’impossibilità di effettuare la verifica officiosa. Trattasi, poi, d’inammissibilità dettata da una ragione di seria importanza e di equa razionalità, considerato che l’appellato potrebbe ignorare il contenuto effettivo dell’atto che ha originato il processo qualora si ritenesse che la sua mancata costituzione implicasse la non contestazione di un atto a lui sconosciuto.
3. In conclusione, il ricorso è rigettato, nulla sulle spese, non essendosi difeso l’intimato contribuente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
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