Corte di Cassazione ordinanza n. 18203 depositata il 7 giugno 2022
motivazione apparente
Premesso che:
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la CTR del Lazio, in riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto corretto il classamento in C/3, proposto con procedura docfa, per un’unità immobiliare destinata a laboratorio dalla proprietaria srl S.R. ed ha annullato l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate aveva invece inserito l’immobile in categoria D/7;
2. la contribuente resiste con controricorso;
3. l’Agenzia ha depositato memoria;
considerato che:
1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia lamenta, “in relazione al 3 del primo comma dell’art.360 del c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 del d.lgs. 546/92”, per avere la CTR disatteso l’eccezione sollevata da essa Agenzia di inammissibilità dell’appello della contribuente perché meramente ripropositivo delle deduzioni formulate col ricorso originario a sostegno del proposto classamento dell’immobile in C/3;
2. il motivo è La decisione della CTR si allinea alla statuizione di questa Corte secondo cui “in tema di contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito” (Cass. n.1200 del 22/01/2016; per identica statuizione di diritto espressa con riguardo all’appello dell’amministrazione, cfr. Cass. n. 24641 del 05/10/2018, ove si precisa che l’art.53 cit. è norma speciale rispetto all’art.342 c.p.c., nonché Cass. n. 7369 del 22/03/2017);
3. con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia lamenta violazione dell’art. 132 c.p.c. sostenendo che la motivazione della sentenza sia “carente e contraddittoria”;
4. il motivo è infondato.
4.1 «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conforme, ex multis, Cass., Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
4.2 La motivazione della sentenza impugnata esprime in modo comprensibile le ragioni della ritenuta correttezza dell’accatastamento dell’immobile in questione in C/3 e non in D/7.
La categoria catastale C/3 è relativa ad immobili destinati a “Laboratori per arti e mestieri”.
La CTR, dopo aver correttamente ricordato che la categoria D/7 “ricomprende immobili costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”, ha evidenziato che l’unità immobiliare di che trattasi si trova “all’interno di un capannone composto da molteplici locali destinati ad attività produttive e commerciali … [ è] un laboratorio, non un opificio industriale, [ è] allocabile in qualsiasi struttura …. per cui si ritiene più coerente l’attribuzione della categoria C/3 che si riferisce appunto a negozi e botteghe”.
Il riferimento alla “allocabilità” della attività è ultroneo. Il riferimento al fatto che trattasi di laboratorio e non di opificio industriale vale a motivare l’attribuzione della categoria catastale;
5. con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia lamenta violazione o falsa applicazione “delle norme che regolano il catasto edilizio urbano e norme per la semplificazione delle procedure di accatastamento degli immobili urbani di cui al d.r.l. 13 aprile 1939, n.652”. Sostiene la ricorrente che la CTR ha errato nell’attribuire all’unità immobiliare di cui trattasi la categoria D/3 essendo detta unità, per le relative caratteristiche intrinseche ed estrinseche, da inserire nella categoria D/7;
6. il motivo è inammissibile perché con esso la ricorrente mira ad ottenere una nuova valutazione dei fatti circa la sussistenza in concreto delle ragioni che giustificano la legittimità dell’atto di classamento impugnato. Tale nuova valutazione in fatto non può essere ottenuta in questa sede di legittimità (cfr. Cass. n. 6064 del 2008; Cass. 18709 del 2007);
7. il ricorso deve essere rigettato;
8. le spese seguono la soccombenza;
9. dato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per esser amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere alla srl Saxa Rosata le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 1400,00, oltre spese forfetarie, accessori ed€ 200,00 per esborsi.
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