Corte di Cassazione, ordinanza n. 22963 depositata il 27 luglio 2023

omessa motivazione – motivazione apparente – contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili – motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile

Rilevato che: 

1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, veniva rigettato l’appello proposto da J.S. S.p.a. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Parma n.655/4/2016 la quale aveva rigettato il ricorso della società avente ad oggetto l’avviso di rettifica dell’accertamento e l’atto di contestazione ed irrogazione sanzioni relativi a dazi ed IVA 2011, 2012 e 2013.

2. Tali atti venivano emessi dall’Amministrazione nei confronti della contribuente, quale rappresentante doganale coobbligato in solido con l’obbligato principale, in relazione alla presunta errata dichiarazione del valore della merce importata in dogana, in relazione ad operazioni di importazione di merce di provenienza extracomunitaria poste in essere dalla società M.I. S.p.a. In sintesi, veniva contestato l’utilizzo della voce doganale 83062900, relativa ad oggetti finiti di ornamento, nello specifico secondo la ricorrente destinati esclusivamente a decorazione, sostegno e completamento di oggetti funerari, settore economico nell’ambito del quale operava da anni, merce che veniva ritenuta a seconda dell’oggetto o semilavorati non prodotti finiti, o prodotti generici in metallo.

3. Il giudice di appello, come già prima il giudice di prime cure, accertava che la merce in questione, oggetti funerari corrispondenti a campane, campanelle, oggetti floreali, lampade votive, vasi ed urne, presentavano funzioni strutturali proprie e non possedevano una valenza esclusivamente decorativa, con conseguente conferma delle riprese e delle sanzioni.

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso la contribuente per due motivi, cui ha resistito l’Agenzia con controricorso.

Considerato che:

5. Con il primo motivo di ricorso – in relazione all’art.360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. – viene dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art.20 del Reg. CE n.2913/92 (CDC) e degli artt.1, 2, 3 e 6 del Reg. CEE n.2658/87, dell’art.33 del Reg. CE n.952/23 e delle Informazioni Tariffarie Vincolanti (ITV), avendo la CTR fatto malgoverno di tali norme nella parte della decisione in cui ha classificato le merci funerarie – come fiori, campanelle, oggetti floreali, lampade, vasi ed urne – non nella voce doganale che inquadra gli oggetti ornamentali ad uso funerario in quanto avrebbero anche una funzione diversa e pertanto non hanno una valenza esclusivamente decorativa.

5.1 Il secondo motivo della società ricorrente, ex art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ., lamenta la nullità della sentenza sotto il profilo motivazionale per violazione dell’art.132 comma 4 cod. proc. civ. e l’omessa o apparente In buona sostanza la contribuente si duole del fatto che con l’atto di appello aveva evidenziato che le note esplicative confermavano la correttezza della classificazione doganale effettuata e aveva allegato le ITV relative alle voci doganali 830629 e 830630 comprensive di rilievi fotografici delle merci e la decisione di appello, non avendone in alcun modo tenuto conto si rileva apodittica non consentendo di comprendere le ragioni sulla base delle quali il giudice è pervenuto alla propria decisione.

6. I due motivi, connessi, possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati, nei limiti che seguono.

6.1 Partendo dal profilo della denunciata nullità della sentenza per parvenza di motivazione, logicamente precedente ogni altra dedotta violazione di legge, si deve ribadire che «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01) e che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

6.3 Nel caso in esame la motivazione espressa dal giudice d’appello è molto generica e assertiva, al punto che dalla lettura della sentenza soltanto non si evince con certezza su quale sia l’oggetto del contendere: è riportato a 2 della sentenza che l’Agenzia ha disconosciuto la voce doganale 83062900, relativa ad oggetti finiti di ornamento, mentre la merce è stata ritenuta a seconda dell’oggetto o semilavorati non prodotti finiti, o prodotti generici in metallo: la sentenza non riporta però le voci doganali alternative oggetto di riqualificazione, riportate solo a pag.3 del ricorso.

6.4 Soprattutto, la scarna motivazione non permette di evincere la sequenza logica che il giudice del merito deve seguire per governare correttamente la presente fattispecie doganale, facendo passare la sussunzione della fattispecie concreta nel pertinente quadro normativo necessariamente attraverso l’esame della Tariffa doganale di uso integrato UE (TARIC) istituita dal CE n.2568 del 1987 (cfr. Cass. Sez. 5, n.23984 del 2008), come correttamente evidenziato nel primo motivo. Si tratta infatti di un sistema comune che introduce una omogenea codificazione e classificazione delle merci attraverso la nomenclatura combinata. A titolo di esempio, nel capitolo 83 “lavori diversi di metalli comuni” viene specificato come le parti di metalli comuni sono da classificare nella voce corrispondente degli oggetti ai quali si riferiscono – con determinate esclusioni; e, a tal proposito, la nomenclatura prevede una voce specifica, la 8306, per Campane ecc.; la nota esplicativa fornisce ulteriori precisazioni utili al lavoro del giudice del merito sulle voci di classificazione astrattamente applicabili, percorso ermeneutico la cui realizzazione deve necessariamente transitare attraverso l’applicazione delle Regole di interpretazione ivi stabilite.

6.5 In conclusione, nella presente controversia l’esame della TARIC è un passaggio essenziale per comprendere se il procedimento logico seguito dal giudice del merito sia aderente al quadro normativo e questo correttamente ricondotto al dato fattuale della fattispecie, mancando il quale la motivazione si colloca al di sotto del minimo costituzionale.

7. La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata e, per l’effetto, va disposto il rinvio, ai sensi della legge 130/2022, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, in relazione ai profili di cui sopra, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, in relazione ai profili oltre che per la liquidazione delle spese di lite.