Corte di Cassazione ordinanza n. 19098 del 14 giugno 2022
indetraibilità dell’IVA su operazioni inesistenti – prova che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione dei beni si iscriveva in un’evasione
RILEVATO
L’Agenzia delle entrate ricorre avverso la sentenza della CTR per la Sicilia – Messina che ha confermato la pronuncia della CTP di Messina ove sono state accolte le ragioni della società contribuente in tema di prova della frode “carosello”.
Più in particolare, il collegio d’appello -richiama la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla prova presuntiva circa la consapevolezza del contribuente di sapere (o dover sapere) di far parte di una frode in ragione di determinati elementi caratterizzanti la fattispecie e debitamente accertati- ha ritenuto che l’assenza di una sede operativa adeguata in rapporto all’attività dichiarata e il non aver mai tenuto la contabilità non fossero circostanze tali da dover far dubitare del ruolo di soggetto meramente interposto dell’interlocutore con cui aveva a che fare l’odierno controricorrente.
Ha spiegato tempestivo controricorso la società cooperativa contribuente.
Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la parte privata ha richiamato l’ordinanza di questa Corte n. .5059 /2022, intervenuta tra le medesime parti e analoghe circostanze, seppur relative ad anno di imposta diverso.
CONSIDERATO
Con l’unico motivo di ricorso si prospetta censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 19 d.P.R. n. 633/1972, dell’2.rt. 41 d.l. n. 331/1993, dell’art. 2697 c.c., dell’art. 109 d.P.R. n. 917/1986, dell’art. 39 d.P.R. n. 600/1973, nella sostanza lamentando che il collegio d’appello non abbia ritenuto l’accertata assenza di locali idonei della società interposta e l’assenza di contabilità come presunzione sufficiente per dedurre la consapevolezza (o la colpevole ignoranza) della parte contribuente di trovarsi ad operare con imprenditore fittizio.
Ritenuto assolto l’onere dell’autosufficienza, il ricorso può essere esaminato.
Sul punto, questa Suprema Corte di legittimità è intervenuta più volte affermando che in tema di detrazione dell’IVA correlata ad operazioni inesistenti, la prova che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione dei beni si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia (Corte giustizia 22 ottobre 2015, C-277 /14), può essere fornita dall’Amministrazione anche mediante presunzioni – come espressamente prevede l’art. 54, comma 2, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 – valorizzando, nel quadro indiziario, quali elementi sintomatici della mancata esecuzione della prestazione dal fatturante, l’assenza della minima dotazione personale e strumentale adeguata alla predetta esecuzione, l’immediatezza dei rapporti (cedente/ prestatore fatturante interposto e cessionario/ committente), una conclamata inidoneità allo svolgimento dell’attività economica e la non corrispondenza tra i cedenti e la società coinvolta nell’operazione (Cass. V, n. 5339/2020; cfr. altresì, Cass. V, n. 26453/2018; n 33915/2019).
Peraltro, non può esplicare efficacia di giudicato riflesso il precedente di questa Corte n. 5059 /2022 citato in memoria dalla parte privata, considerato che l’obbligazione tributaria si rinnova di anno in anno, così come possono variare le circostanze soggettive di percezione dei profili oggettivi circa la consistenza della reale esistenza del soggetto interposto. Donde non sussiste il vincolo di accertamento indefettibile ed incontrovertibile proprio del giudicato nella sua efficacia diretta e riflessa (cfr. Cass. V, n. 6953/2015; n. 38950/2021).
Non di meno, pur non esplicando effetti di cosa giudicata, la pronuncia citata merita di avere continuità. Ed infatti, l’assenza di contabilità del soggetto interposto non risulta poter essere percepibile dagli altri operatori con cui entra in contatto, né la percezione (soggettiva) dell’adeguatezza della sede operativa può -da sola- essere elemento idoneo per far presumere la consapevolezza in capo al contribuente di essere parte di una più ampia frode. Si tratta, infatti, di un apprezzamento di valore estremamente variabile, tanto per il ciò che viene percepito, quanto per la considerazione che il percepito può avere nella diversa coscienza di ciascuno. Donde la presunzione cui fa riferimento questa Corte per indicare ciò che un operatore diligente sapeva o doveva sapere si misura secondo un criterio di prognosi postuma su dati oggettivi forniti dall’Ufficio, tali da assurgere ad indizi e, quindi, reggere la presunzione che consente l’inversione dell’onere della prova.
Pertanto, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato, precisandosi che la in tema di giudizio di cassazione, la causa, dovendo essere rinviata alla pubblica udienza allorché “non ricorrono le ipotesi previste all’articolo 375”, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. (introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40), ben può essere definita con rito camerale anche nel caso in cui ricorra una ipotesi (tra quelle indicate dal citato art. 375, n. 5, cod. proc. civ.) diversa da quella opinata dal relatore nella relazione (cfr. Cass. S.U. n. 8999 /2009).
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come m dispositivo, cefn distrazione a favore del difensore antistatario.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio di legittiniità a favore della parte contribuente, che liquida in € settemilatrecento/00, oltre ad €.200,00 per esborsi, rimborso nella misura forfettaria del 15%, Iva e c.p.a. come per legge, con distrazione delle spese al difensore antistatario costituito.
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