Corte di Cassazione, sentenza n. 21853 depositata il 21 luglio 2023
giudicato esterno – validità
Fatti di causa
1. La società contribuente A.A. L Sas di B.B. & C. ha impugnato un avviso di accertamento relativo a IVA del periodo di imposta (Omissis), con il quale si accertava che le cessioni di beni strumentali effettuate dalla società Arte del Dolce Sas alla società contribuente, poste a oggetto di cinque fatture emesse dalla società cedente, dissimulassero una cessione di azienda, esclusa dal campo IVA e assoggettata a imposta di registro, con conseguente disconoscimento della detrazione IVA in capo alla contribuente cessionaria. L’Ufficio valorizzava diversi elementi indiziari al fine di ritenere provata la volontà del terzo cedente di dismettere l’azienda, quali la compilazione degli Studi di settore il cedente avesse dato ai beni strumentali valore zero, circostanza indicativa secondo l’Ufficio della reale volontà di dismissione dei beni ceduti, nonchè la circostanza che le parti dell’operazione di compravendita avessero la stessa compagine sociale, la circostanza della medesima localizzazione delle aziende di cedente e cessionario e la circostanza che cedente e cessionario avessero il medesimo personale, dal che si sarebbe desunta la volontà di trasferimento del compendio aziendale alla società contribuente; l’Ufficio valorizzava, inoltre, anche il comportamento negoziale successivo alla compravendita in oggetto tenuto dalla società cedente, la quale nel periodo di imposta successivo aveva ribaltato alcuni costi sulla cessionaria e aveva proceduto a cedere le rimanenze, comportamento sintomatico, ad avviso dell’Ufficio, della perdita di operatività.
2. La CTP di Treviso ha accolto il ricorso.
3. La CTR del Veneto, con sentenza in data 11 novembre 2013, ha accolto l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto preliminarmente il giudice di appello che, ove si tratti di erroneo assoggettamento a IVA, l’Ufficio è tenuto a recuperare l’IVA indebitamente detratta dal cessionario indipendentemente dalla richiesta di rimborso formulata dal cedente. Il giudice di appello ha, poi, valutato tutti gli elementi indiziari addotti dall’Ufficio e ha ritenuto che l’operazione di cessione dei beni strumentali dissimulasse una cessione di azienda; in particolare, ha dedotto tale conclusione dalla medesima compagine sociale di cedente e cessionario, dalla valorizzazione a zero fatta dal cedente dei beni strumentali in sede di studi di settore e dal comportamento successivo tenuto dal cedente, che non aveva più proseguito nella gestione caratteristica e si era limitato a cedere le rimanenze. La decisione del giudice di appello è stata fondata sul disposto del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 secondo cui nell’interpretazione di un contratto deve darsi rilievo preminente alla causa e alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti.
4. Ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a tre motivi; resiste con controricorso l’Ufficio.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, relativo alla esistenza di un accertamento in fatto contenuto in altro precedente di merito (segnatamente, sentenza della CTP di Treviso 055/09/13), secondo cui l’atto impugnato sarebbe stato qualificato come compravendita di beni in sede di impugnazione dell’avviso di liquidazione dell’imposta di registro.
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2555 c.c. e dell’art. 2697 c.c., nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che nel caso di specie sussisterebbe un dissimulato contratto di cessione di azienda. Deduce parte ricorrente che la sentenza impugnata ha condiviso l’accertamento compiuto dall’Ufficio, secondo cui cinque fatture di cessione di beni dissimulerebbero una cessione di azienda; parte ricorrente censura l’omessa valutazione da parte del giudice di appello relativa alla attività che si sarebbe potuta svolgere in forza dei fattori produttivi oggetto di cessione, dovendosi accertare se con i beni e servizi ceduti si fosse trasferito un compendio di beni suscettibili di autonoma capacità produttiva, tale da potersi configurare come organizzazione produttiva, in conformità all’orientamento della Corte di giustizia.
3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19, 21, 30 nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che non vi sarebbe indebito arricchimento per l’Erario. Deduce parte ricorrente che l’esposizione dell’IVA sulle fatture di acquisto legittima la detrazione dell’imposta versata all’emittente in via di rivalsa.
4. Preliminare all’esame del ricorso è l’intervenuta formazione del giudicato esterno, come osservato dal Pubblico Ministero, sulla qualificazione inter partes dell’operazione economica sottostante in sede di impugnazione dell’avviso di liquidazione dell’imposta di registro. Il Pubblico Ministero osserva che, per effetto di decisione di questa Corte (Cass., Sez. V, 29 settembre 2021, n. 26503), è stata decisa con efficacia di giudicato la parallela causa proposta dalla società contribuente, accogliendosi l’originario ricorso da essa proposto avverso la sentenza della CTR del Veneto n. 596/05/2015, che aveva accolto l’appello dell’Ufficio. La questione decisa nel ridetto precedente riguardava l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro in relazione alla medesima fattispecie (vendita di macchinari e altri beni strumentali riqualificata dall’Agenzia delle Entrate come cessione di azienda) e in quella sede si è accertato che l’operazione economica sottostante andava qualificata come compravendita di beni, anzichè quale cessione di azienda.
5. Al riguardo va osservato che il giudicato esterno può e deve essere rilevato di ufficio nel giudizio di cassazione, trattandosi di elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto (Cass., Sez. V, 5 aprile 2023, n. 9368; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2023, n. 6040; Cass., Sez. V, 13 luglio 2022, n. 22173; Cass., Sez. Lav., 21 aprile 2022, n. 12754; Cass., Sez. VI, 7 gennaio 2021, n. 48). Questo giudicato, ove formatosi a seguito di sentenza della Corte di cassazione, è rilevabile d’ufficio anche nell’ipotesi in cui essa non sia versata in atti con certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., non essendo il giudicato esterno nel patrimonio esclusivo delle parti, ma corrispondendo a un preciso interesse pubblico, volto a evitare la formazione di giudicati contrastanti (Cass., Sez. VI, 11 giugno 2021, n. 16589).
6. Il ricorrente si è limitato in ricorso a indicare l’esistenza della sentenza di primo grado (CTP di Treviso 055/09/13), la quale aveva ricostruito la vicenda negoziale in conformità alle deduzioni di parte contribuente. Questa Corte (Cass., n. 26503/2021) si è, invero, pronunciata definitivamente nella controversia in tema di liquidazione di imposta di registro. Si è ritenuto che, in coerenza con la natura dell’imposta di registro intesa quale imposta d’atto, il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 – in conformità con i dettami del giudice delle leggi (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158) – consente l’accertamento ai fini dell’imposta di registro sulla sola base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti a esso collegati. Di conseguenza, è stato accertato che “ci si trova di fronte ad un caso di vendita di beni mobili (…), pur a fronte della cessione di tutti i beni strumentali all’esercizio dell’attività produttiva della cedente” e che “non è richiesta alcuna valutazione circa l’esistenza o meno di valide ragioni economiche atte a giustificare l’operazione medesima” (Cass., n. 26503/2021, cit.), accogliendosi l’originario ricorso della società contribuente.
7. Trattandosi della medesima operazione economica, il giudicato esterno non può non essere applicato nella specie, stante l’importanza attribuita al giudicato anche dal diritto dell’Unione, al fine sia di garantire tanto la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici quanto una buona amministrazione della giustizia, nel caso in cui risultino esauriti i mezzi di ricorso disponibili ovvero siano elassi i termini previsti per i mezzi di impugnazione (CGUE, 20 aprile 2023, DIGI Communications, C-329/21, punto 58; CGUE, 14 maggio 2020, Orszagos Idegenrendeszeti Foigazgatosag Delalfoldi Regionalis Igazgatosag, C-924/19 PPU e C-925/19 PPU, punto 185). Diversamente, l’applicazione del giudicato secondo la disciplina di diritto interno potrebbe ostare all’applicazione del diritto dell’Unione solo ove si verta in tema di pratiche abusive (CGUE, 3 settembre 2009, Olimpiclub, C2/08, punti 30, 32). Pratiche abusive che, nella specie, non risultano prospettate.
8. L’operazione economica è, pertanto, stata ricostruita escludendosi l’assoggettamento a imposta di registro proporzionale, sul presupposto che non si tratta di cessione di azienda ma di compravendita di beni. Il giudicato esterno riguarda, peraltro, la ricostruzione del fatto (esclusione della cessione di azienda) e non l’applicazione della norma di diritto di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, attesa la diversa base probatoria che assiste l’accertamento ai fini dell’imposta di registro – incentrato su “elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati” (D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20) – rispetto all’accertamento ai fini IVA, che richiede “una valutazione globale di tutte le circostanze del caso di specie, che può comprendere la presa in considerazione delle intenzioni delle parti, purchè esse siano comprovate da elementi oggettivi deve essere effettuata secondo una valutazione globale delle circostanze, purchè queste siano comprovate da elementi oggettivi” (CGUE, 21 dicembre 2022, Fallimento Villa di Campo, C-250/22, punto 22; CGUE, 19 dicembre 2018, Mailat, C 17/18, punti 16 e 26; CGUE, 10 novembre 2011, Schriever, C-444/10, punti 32 e 38), specie laddove si tratti di un’operazione artificialmente scomposta in più parti (CGUE, 4 marzo 2021, Frenetikexito, C 581/19, punti 38 e 39).
9. Di conseguenza, deve farsi applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 40 – applicabile per effetto del principio iura novit curia – ritenendosi l’operazione, quale compravendita di beni mobili, assoggettata a imposta di registro in misura fissa e, di conseguenza, assoggettabile a IVA. Nel caso, pertanto, che l’operazione economica sia stata riconosciuta come compravendita ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, con pronuncia giurisdizionale avente efficacia di cosa giudicata, la stessa comporta l’assoggettamento ai fini IVA D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ex art. 40. Stante l’applicazione del giudicato esterno nella specie, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari altri accertamenti in fatto ex art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito, accogliendosi il ricorso originario.
10. L’esito del giudizio, in dipendenza di sopravvenute ragioni estranee all’odierna controversia, quali la formazione di un giudicato esterno preclusivo di una diversa soluzione, integra le “gravi ed eccezionali ragioni” giustificanti, a norma dell’art. 92 c.p.c., comma 2 nel testo applicabile ratione temporis, la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio (Cass., Sez. Lav., 31 maggio 2019, n. 14883; Cass., Sez. Lav., 26 giugno 2018, n. 16847).
11. Analogamente alle ipotesi di inammissibilità sopravvenuta del ricorso, per le quali non ricorrono le finalità sanzionatorie di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non vi è luogo al raddoppio del contributo unificato, essendo tale strumento applicabile in caso di procedimento concluso con conferma della statuizione impugnata (Cass., Sez. V, 22 marzo 2021, n. 7963; Cass., Sez. III, 10 febbraio 2017, n. 3542).
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso; compensa le spese dell’intero giudizio.
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