La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 17585 del 18 luglio 2013 ha stabilito che in caso di rapina al dipendente di banca spetta il risarcimento dei danni subiti senza che su di lui gravi l’obbligo di dimostrare l’inadeguatezza del sistema di sicurezza interno, essendo sufficiente la semplice la dimostrazione del danno subito e del nesso causale con la prestazione svolta.
Per i Giudici di Appello il lavoratore ricorrente non aveva allegato né provato l’omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di misure di sicurezza idonee ad evitare le rapine, limitandosi ad allegare la manifestazione di segni di paura e disagio nell’immediatezza di ciascuna rapina e l’installazione di porte antirapina solo nel 1982, successivamente ai primi due episodi criminosi.
Gli Ermellini hanno ribaltando la sentenza della Corte d’appello accogliendo il ricorso del lavoratore dipendente secondo cui “il lavoratore il quale agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro deve allegare e provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, l’esistenza del danno ed il nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno”. E ancora i giudici hanno ricordato che “incombe al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, senza che occorra anche la indicazione delle norme antinfortunistiche violate o delle misure non adottate, mentre, quando il lavoratore abbia provato quelle circostanze, grava sul datore di lavoro l’onere di provare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno”.
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