AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 24 maggio 2021, n. 363
Articolo 162-bis del TUIR di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 – Ambito soggettivo di applicazione: società che detiene strumenti finanziari per conto dei soci
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società Alfa S.a.p.A. (di seguito anche società o istante) chiede chiarimenti in merito alla propria qualificazione soggettiva ai fini dell’inquadramento nell’ambito dell’articolo 162-bis del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con d.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986.
A tal fine, la società precisa di essere stata costituita nel … e di esercitare, quale attività principale, l’attività di assunzione diretta o indiretta di partecipazioni in altre società.
In data … l’istante rappresenta di aver ceduto le quote di partecipazione, pari al …, detenute nella società Beta S.p.A., alla società Gamma Holding S.p.A., riconducibile al gruppo Gamma.
Il corrispettivo complessivo derivante dall’operazione è stato di euro … . Le rimesse finanziarie ottenute dalla cessione sono state in gran parte investite sui mercati finanziari.
La Società indica che l’oggetto sociale contempla lo svolgimento delle seguenti attività:
a) l’assunzione diretta e indiretta di partecipazioni in altre società, o enti italiani ed esteri, ivi compresa la compravendita, il possesso e la gestione di titoli pubblici o privati;
b) la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma a società o enti cui partecipa, ivi compreso il rilascio di garanzie;
c) il coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario delle società o enti a cui partecipa.
La società istante dichiara che è tassativamente escluso l’esercizio di tali attività nei confronti del pubblico.
In via meramente strumentale e accessoria, e al solo fine di conseguire l’oggetto sociale, la società dichiara di poter compiere anche alcune operazioni commerciali, industriali, immobiliari, mobiliari e finanziarie, ma in ogni caso non nei confronti del pubblico.
Sono escluse dall’oggetto sociale della società tutte le attività riservate agli iscritti in albi professionali, i servizi di investimento di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, le attività di cui alla legge n. 197 del 1991, la raccolta del risparmio tra il pubblico e l’esercizio nei confronti del pubblico delle attività finanziarie di cui al decreto legislativo n. 385 del 1985.
L’istante precisa che, in relazione alla composizione dell’attivo di Stato Patrimoniale della società, sono riportati i dati relativi all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2018, non essendo ufficiali, alla data di presentazione dell’istanza, i corrispondenti valori dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019.
La società istante rileva, tuttavia, che la natura e la composizione del proprio portafoglio finanziario al 31 dicembre 2019 è in linea rispetto all’esercizio precedente. La Società, al 31 dicembre 2018, ha iscritto, tra gli altri, nel suo attivo di Stato Patrimoniale, investimenti finanziari per un valore complessivo di euro …, relativi a partecipazioni, titoli e altri strumenti finanziari, oltre che crediti finanziari. L’istante segnala che rispetto al montante totale degli investimenti finanziari in essere, euro … (circa il 64%) si riferiscono a pura attività di gestione della liquidità (cosiddetta attività di trading).
Con documentazione integrativa acquisita con nota prot. …, l’istante ha prodotto i dati relativi al bilancio chiuso al 31 dicembre 2019, da cui emerge – a fronte di una consistenza complessiva dell’attivo patrimoniale pari a euro … – un ammontare dell’attivo circolante pari a euro ….
Le attività finanziarie detenute, evidenzia l’istante, sono di fatto il frutto del mero impiego di proprie eccedenze di liquidità. L’istante investe, infatti, le proprie risorse finanziarie per il tramite di primari istituti bancari a cui è stato conferito apposito mandato, ovvero in via diretta in caso di investimenti in fondi di varia natura.
In altre parole, la società Alfa dà mandato di natura discrezionale a primari istituti bancari al fine dell’investimento della liquidità oltre che investire la restante liquidità direttamente in fondi.
Come sopra delineato, la società ha, rispetto al totale degli investimenti in essere, una percentuale minoritaria di investimenti in partecipazioni di società non quotate che risultano iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie. L’istante segnala, tuttavia, che non si tratta di partecipazioni di controllo, in quanto le percentuali di possesso non superano in alcun caso il 15%.
Nell’istanza è riportato il dettaglio delle attività finanziarie immobilizzate dell’istante al 31 dicembre 2018, mentre nella documentazione integrativa è contenuto il medesimo dettaglio al 31 dicembre 2019. In entrambi le attività finanziarie immobilizzate sono inferiori al 50 per cento del montante totale degli investimenti della società.
Di contro, la quota prevalente degli investimenti in essere è rappresentata da titoli e strumenti finanziari detenuti al solo scopo di compravendita (i.e, attività di trading), pertanto non afferenti ad attività finanziarie svolte nei confronti delle partecipate.
La società, pertanto, detiene prevalentemente titoli e strumenti finanziari al solo scopo di impiego della liquidità, non per conto terzi, cioè avvalendosi di patrimonio proprio con esclusione di qualsiasi forma di mandato ad operare da parte di terzi, di clienti ovvero di altri intermediari finanziari.
L’attività svolta esclude, altresì, qualsiasi forma di retrocessione del risultato della negoziazione a clienti, semplicemente perché non sono previsti in base al modello di business.
Di fatto, gli investimenti effettuati dalla società Alfa (per il tramite delle banche o anche direttamente, a seconda dei casi), rappresentano l’impiego della liquidità realizzata a seguito dell’operazione di cessione sopra citata.
Con la documentazione integrativa l’istante, nel confermare di svolgere attività di gestione del proprio portafoglio finanziario a fini meramente speculativi, non per conto di terzi, ha fornito alcune precisazioni circa le attività definite come meramente ” accessorie e strumentali “. In particolare, l’istante ha evidenziato di avere finanziamenti attivi, i quali, come risulta dalla nota integrativa del bilancio chiuso al 31 dicembre 2019, vengono classificati tra i “Crediti verso altri pari ad euro …, che si riferiscono prevalentemente ai finanziamenti attivi in essere con le società Delta S.p.A. pari ad Euro …, ed Epsilon S.p.A. (società partecipata) pari ad Euro …. Il finanziamento verso Delta S.p.A. è così composto:
-Per euro … della quota capitale;
-Per euro … della quota di crediti per interessi maturati nel corso di esercizio 2019.
Il contratto di finanziamento stipulato in data …, con scadenza il …, è stato rinnovato sino al … e matura interessi a un tasso annuo pari all’Euribor ad un mese, maggiorato di uno spread del …%”
Alla luce di quanto sopra, argomenta l’istante, l’attività meramente accessoria, come descritta, riveste un ruolo del tutto marginale rispetto all’attività principale.
Quest’ultima, infatti, è rappresentata da investimenti finanziari che all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019 ammontano ad un totale di euro …, che in rapporto al totale di euro … dei finanziamenti attivi, come sopra descritti, sono evidentemente di gran lunga superiori e dunque prevalenti. Di fatto, i finanziamenti attivi rappresentano poco più del 2 per cento del totale degli investimenti finanziari.
Da ultimo, la Società evidenzia di avere in essere al 31 dicembre 2018 anche debiti bancari per euro …. Al riguardo, viene precisato in sede di documentazione integrativa che detto debito è stato contratto in ragione della volontà di reperire ulteriori risorse economiche (date anche le favorevoli condizioni di mercato) al fine di incrementare gli investimenti finanziari, attività, quest’ultima, che, come precisato a più riprese, rappresenta l’attività principale svolta dalla Società Ciò posto, l’istante ritiene di poter beneficiare della facoltà prevista dall’articolo 106, comma 1 del decreto-legge del 17 marzo 2020 n. 18 (c.d. “Cura Italia”), ovvero l’utilizzo del termine più ampio (i.e. 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale) per la convocazione dell’assemblea ordinaria di approvazione del bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2019.
Di conseguenza, in considerazione del maggior termine di approvazione del bilancio, ritiene che il termine per il versamento del saldo 2019 e del I° acconto 2020 (IRES e IRAP) è posticipato al 31 luglio 2020.
Resta ferma, ad avviso dell’istante, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del d.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, l’ulteriore facoltà di effettuare i versamenti dovuti entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine ordinario (c.d. termine lungo) applicando alle somme da versare la maggiorazione dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo. Pertanto, le imprese che approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi, per le quali il c.d. termine ordinario per il versamento scade il 31 luglio 2020, hanno tempo fino al 31 agosto 2020 (il 30 agosto è domenica) per effettuare il versamento applicando la maggiorazione dello 0,40 per cento.
Tutto ciò premesso, la società istante chiede delucidazioni in ordine alla propria qualificazione soggettiva ai fini dell’articolo 162-bis del TUIR e chiarimenti sulle relative conseguenze di natura tributaria.
A tal proposito, formula i seguenti cinque quesiti.
Con il primo quesito la Società chiede se, ai fini tributari, debba essere qualificata come società industriale o commerciale oppure debba ritenersi soggetta al diverso trattamento fiscale previsto per le società di partecipazione finanziaria di cui all’articolo 162-bis, comma 1, lettera b), del TUIR o per le società di partecipazione non finanziaria di cui all’articolo 162-bis, comma 1, lettera c), del TUIR.
In altre parole, con specifico riferimento alla composizione del portafoglio finanziario della società, l’istante ritiene di non integrare alcun requisito in termini di prevalenza né con riferimento alla detenzione di partecipazioni in intermediari finanziari né in soggetti diversi da questi, così come sarebbe richiesto dalla normativa di riferimento. Peraltro, l’istante evidenzia che la detenzione dei titoli e degli strumenti finanziari in genere è funzionale al solo impiego della liquidità, non per conto terzi, non potendo, quindi, essere in alcun modo considerata un intermediario finanziario “vero e proprio”.
Come diretta conseguenza del primo quesito, l’istante chiede (secondo quesito) se debba adempiere ai conseguenti oneri comunicativi all’archivio dei rapporti finanziari e ai fini FATCA/CRS (i.e., disposizioni in materia di scambio automatico di dati fiscali tra Stati). L’incertezza deriva prima di tutto dalla difficoltà di qualificazione soggettiva della società, ma anche in considerazione della sua modalità operativa che non dà origine a rapporti finanziari con soggetti terzi. A tal riguardo, infatti, la Società svolge attività finanziaria per conto proprio, in “contropartita diretta”, avvalendosi del proprio patrimonio con esclusione di qualsiasi forma di mandato ad operare da parte di terzi, di clienti ovvero di altri intermediari finanziari.
Rispetto alla qualificazione soggettiva della Società, l’istante chiede (terzo quesito) quale sia il corretto trattamento fiscale, ai fini IRES e ai fini IRAP, da riservare ai proventi derivanti dalla gestione degli strumenti finanziari presenti nel proprio portafoglio, come sopra analiticamente descritto.
In altri termini, la società chiede delucidazioni in ordine all’applicabilità o meno delle normative tributarie specifiche in vigore per gli intermediari finanziari e soggetti assimilati.
In proposito, l’istante ha precisato in sede di documentazione integrativa che – nei periodi d’imposta antecedenti l’entrata in vigore dell’articolo 162-bis del TUIR, con riferimento alla determinazione della base imponibile ai fini IRAP – in via prudenziale ha ritenuto di dover dare rilevanza alle voci di conto economico rappresentative della gestione caratteristica della Società, sebbene questo comportamento confliggesse con il principio della c.d. “presa diretta” dal bilancio ai fini della determinazione del valore della produzione netta ai fini IRAP. In particolare, in considerazione della peculiare attività posta in essere dalla Società, che si rammenta essere principalmente attività di investimento della propria liquidità in strumenti finanziari (trading di strumenti finanziari), si era ritenuto di dover ricondurre tra le voci rilevanti ai fini del tributo regionale, i componenti di reddito derivanti dalla gestione del proprio portafoglio finanziario, in quanto rappresentativi dell’attività caratteristica della Società.
Con il quarto quesito l’istante chiede conferma che ai fini IRAP si debba applicare l’aliquota ordinaria del 3,9 per cento prevista per le società che svolgono attività industriale e commerciale anziché l’aliquota maggiorata prevista per banche ed altri enti e società finanziari di cui all’art. 6 del decreto legislativo del 15 dicembre 1997 n. 446 (“Decreto IRAP”). L’incertezza nasce dalla qualificazione soggettiva dell’istante, come sopra esposto. Come sopra rappresentato in relazione al terzo quesito, anche in questo caso l’istante ha riferito che, per i periodi d’imposta antecedenti l’entrata in vigore dell’articolo 162-bis del TUIR, ha operato in via prudenziale applicando l’aliquota IRAP del 5,57 per cento.
Da ultimo, con il quinto quesito l’istante chiede chiarimenti in ordine all’applicazione dell’articolo 24 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (“Decreto Rilancio”), convertito in legge n. 77 del 17 luglio 2020, con specifico riferimento al profilo soggettivo di applicabilità della norma in commento.
A tal riguardo, evidenzia che l’articolo 24, comma 1, del decreto Rilancio ha previsto che «non è dovuto il versamento del saldo dell’imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019, fermo restando il versamento dell’acconto dovuto per il medesimo periodo di imposta.
Non è altresì dovuto il versamento della prima rata dell’acconto dell’imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, […] l’importo di tale versamento è comunque escluso dal calcolo dell’imposta da versare a saldo per lo stesso periodo d’imposta».
L’istante, in considerazione della delimitazione soggettiva alla fruizione del beneficio in commento, chiede se rientra tra i soggetti esclusi dal beneficio.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In merito al primo quesito l’istante ritiene di poter determinare la base imponibile IRES e il valore della produzione netta ai fini IRAP secondo le modalità previste per le società industriali o commerciali, poiché ritiene di non ricadere in nessuna delle categorie previste dall’articolo 162-bis del TUIR, e più in particolare, né tra le società di partecipazione finanziaria né tra le società di partecipazione non finanziaria, come definite da detto articolo.
Considerata la portata soggettiva e oggettiva dell’articolo 162-bis del TUIR, cui si rinvia, in base all’attività effettivamente svolta dalla società e in considerazione della composizione del portafoglio finanziario della stessa al 31 dicembre 2018, sostanzialmente corrispondente a quella al 31 dicembre 2019, l’istante ritiene di non ricadere in alcuna delle tipologie previste dalla norma.
Oltretutto, ad avviso dell’istante, stante la ratio sottesa a tale disposizione, volta a individuare le partecipazioni e gli altri elementi intercorrenti con le partecipate, le partecipazioni acquisite a fini meramente speculativi e di mero impiego della liquidità non rientrerebbero tra quelle soggette al test di prevalenza previsto dall’articolo 162-bis del TUIR.
In conclusione, la società istante ribadisce che, non ricadendo tra le categorie di soggetti di cui all’articolo 162-bis del TUIR, determinerà la base imponibile IRES e il valore della produzione netta ai fini IRAP, secondo le modalità previste per le società industriali o commerciali.
In merito al secondo quesito, la società è dell’avviso di non essere tenuta ad effettuare né le comunicazioni all’archivio dei rapporti finanziari dell’anagrafe tributaria, né le comunicazioni FATCA e CRS.
Dal punto di vista oggettivo, la società svolge attività finanziaria consistente nella negoziazione di titoli e strumenti finanziari per conto proprio, in “contropartita diretta”, cioè avvalendosi di patrimonio proprio con esclusione di qualsiasi forma di mandato ad operare da parte di terzi, di clienti ovvero di altri intermediari finanziari.
L’attività svolta esclude, altresì, qualsiasi forma di retrocessione del risultato della negoziazione a clienti, in quanto non è previsto che l’istante ne abbia.
Tale modalità operativa non dà origine a rapporti finanziari con soggetti terzi e, pertanto, l’istante ritiene di non dover effettuare la comunicazione prevista all’articolo 7, sesto comma, del d.P.R. n. 605 del 1973.
Inoltre, non ricorrendo le condizioni di cui all’articolo 1, lettera h) del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 28 dicembre 2015, la società non rientra tra le istituzioni finanziarie di cui all’articolo 1, comma 1, lettera n) del medesimo decreto, obbligate alle comunicazioni previste nel medesimo decreto attuativo della legge 18 giugno 2015, n. 95 e della direttiva 2014/107/UE del Consiglio, del 9 dicembre 2014, recante modifica della direttiva 2011/16/UE.
In merito al terzo quesito, la società ritiene che i proventi derivanti dalla gestione del proprio portafoglio finanziario debbano avere rilevanza ai fini IRES ai sensi degli articoli 83 e seguenti del TUIR.
Ai fini IRAP i medesimi proventi devono concorrere alla determinazione del valore netto della produzione ai sensi dell’articolo 5 del Decreto IRAP. Questo trattamento è conseguenza diretta della natura di società industriale o commerciale dell’istante.
Più in particolare, il primo comma dell’articolo 5 del Decreto IRAP prevede che «Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), non esercenti le attività di cui agli articoli 6 e 7 [le società di capitali e gli enti commerciali], la base imponibile è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), f…], cosi come risultanti dal conto economico dell’esercizio».
Considerando che la società istante rientra a pieno titolo tra le società di capitali e gli enti commerciali e che, ai fini IRAP, il principio generale che sorregge il relativo sistema impositivo è quello della cd. “presa diretta da bilancio” delle voci espressamente individuate e considerate rilevanti ai fini impositivi, tutti i proventi contabilizzati al di fuori del perimetro delineato dal primo comma dell’articolo 5 del Decreto IRAP (i.e., differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del Codice civile) non devono rilevare ai fini della determinazione del tributo regionale.
In conclusione, i proventi di natura finanziaria realizzati dalla società nell’ambito della gestione del proprio portafoglio finanziario verranno contabilizzati secondo corretti principi contabili OIC (applicati dalla società) e assumeranno rilevanza fiscale solo e nella misura in cui rientranti nel perimetro “delimitato” dall’articolo 5 del Decreto IRAP.
In merito al quarto quesito, l’istante ritiene che il valore della produzione netta ai fini IRAP, determinato secondo i criteri di cui al punto che precede, debba essere assoggettato a tassazione ai fini del tributo regionale applicando l’aliquota ordinaria del 3,9 per cento.
Tale conclusione è diretta conseguenza del fatto che la società, come dimostrato in precedenza, non può essere in alcun modo annoverata tra soggetti obbligati ad applicare un’aliquota IRAP più elevata, quali ad esempio le banche ed altri enti e società finanziari di cui all’articolo 6 del Decreto IRAP o altri soggetti individuati dall’articolo 162-bis del TUIR.
In merito al quinto quesito, considerando che, ad avviso dell’istante, la società non rientra tra i soggetti di cui all’articolo 162-bis del TUIR e che non ha realizzato un volume di ricavi o compensi superiori a 250 milioni di euro nel periodo d’imposta al 31 dicembre 2019, la stessa può beneficiare dell’agevolazione prevista dall’articolo 24 del Decreto Rilancio (Decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020).
In altre parole, l’istante ritiene di non essere tenuto al versamento del saldo dell’imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo di imposta chiuso al 31 dicembre 2019 e nemmeno alla corresponsione della prima rata dell’acconto dell’imposta regionale sulle attività produttive dovuta per il periodo di imposta 2020.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 162-bis del TUIR – introdotto a seguito delle modifiche apportate con le disposizioni normative di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 142, di recepimento delle direttive “ATAD” (Anti Tax Avoidance Directive) – dispone che: «Ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, si definiscono: a) intermediari finanziari […];
b) società di partecipazione finanziaria: i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari;
c) società di partecipazione non finanziaria e assimilati:
1) i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari;
2) i soggetti che svolgono attività non nei confronti del pubblico di cui al comma 2 dell’articolo 3 del regolamento emanato in materia di intermediari finanziari in attuazione degli articoli 106, comma 3, 112, comma 3 e 114 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché dell’articolo 7-ter, comma 1-bis, della legge 30 aprile 1999, n. 130».
L’inclusione tra i soggetti di cui alle citate lettere b) e c) del comma 1 è legata alla composizione del totale dell’attivo patrimoniale, come stabilito dai successivi commi 2 e 3.
In particolare, ai sensi del comma 2, «l’esercizio in via prevalente di attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari sussiste, quando, in base ai dati del bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso, l’ammontare complessivo delle partecipazioni in detti intermediari finanziari e altri elementi patrimoniali intercorrenti con gli stessi, unitariamente considerati, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate, sia superiore al 50 per cento del totale dell’attivo patrimoniale, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate […]».
Inoltre, secondo quanto disposto dal successivo comma 3, «l’esercizio in via prevalente di attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari sussiste, quando, in base ai dati del bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso, l’ammontare complessivo delle partecipazioni in detti soggetti e altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi, unitariamente considerati, sia superiore al 50 per cento del totale dell’attivo patrimoniale».
Al fine della verifica della prevalenza de qua, entrambi i commi in parola fanno riferimento ai «dati del bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso».
In proposito, con la risposta a interpello n. 40 del 13 gennaio 2021 la scrivente ha chiarito che:
– la valutazione sulla prevalenza deve essere operata al momento di presentazione della dichiarazione dei redditi, ne consegue che, tenuto conto degli ordinari termini di scadenza per la presentazione della medesima, il bilancio cui fanno riferimento i predetti commi 2 e 3 è quello relativo all’esercizio sociale coincidente con il periodo d’imposta oggetto della dichiarazione;
– l’attività prevalente di “assunzione di partecipazioni”, ai sensi del sopracitato articolo 162-bis del TUIR sussiste, in primis, quando gli elementi summenzionati siano superiori al 50 per cento dell’attivo di stato patrimoniale, ancorché le stesse voci riferite alle partecipazioni finanziarie e quelle concernenti le partecipazioni non finanziarie, prese distintamente, non siano prevalenti rispetto al totale dell’attivo di stato patrimoniale.
Ciò posto, nel caso si specie, si è in presenza di un soggetto la cui attività consiste nella gestione di un portafoglio finanziario (che include partecipazioni ed altri strumenti finanziari) al solo scopo di impiego della liquidità, non per conto terzi, cioè avvalendosi di patrimonio proprio con esclusione di qualsiasi forma di mandato ad operare da parte di terzi, di clienti ovvero di altri intermediari finanziari. Secondo quanto dichiarato dall’istante in sede di documentazione integrativa, dal bilancio della società chiuso al 31 dicembre 2019 emerge che, a fronte di una consistenza dell’attivo di stato patrimoniale al 31 dicembre 2019 pari a … euro:
– le attività finanziarie immobilizzate ammontano a circa … milioni di euro (di cui circa … milioni di partecipazioni e attività finanziarie ad esse ancillari, circa … milioni di crediti verso controllanti, circa … milioni di crediti verso altri e circa … milioni di polizze assicurative);
– il resto dell’attivo risulta costituito in massima parte da attività finanziarie iscritte nel circolante (circa … milioni di euro, suddivisi tra azioni, obbligazioni, derivati, sicav, private fund, fondi aperti, fondi chiusi, ETF, certificates e fondi speculativi) e da disponibilità liquide (circa … milioni).
La modalità operativa con cui l’istante svolge un’attività che, al momento e sulla base di quanto riferito nell’istanza, seppur effettuata in qualità di investitore professionale, non dà origine a rapporti finanziari con soggetti terzi, consente di escludere che la detenzione di titoli partecipativi di «enti finanziari», a prescindere dalla circostanza per cui il relativo ammontare rappresenti il valore prevalente dell’attivo, possano determinare il superamento delle soglie per cui lo stesso sarebbe incluso tra i soggetti di cui alla lettera a), del comma 1, dell’articolo 162-bis del Tuir ( i.e. vigilati dalla Banca d’Italia).
Diversamente, con riferimento ai soggetti qui in esame, sul piano sostanziale, si configura la medesima fattispecie in termini di evoluzione del regime pubblicistico di vigilanza subita dai soggetti assimilati alle società di partecipazione finanziaria, menzionati al numero 2), della lettera c), del comma 1 dell’articolo 162-bis del Tuir (cfr. relazione illustrativa al decreto ATAD).
Con riferimento alla possibile inclusione dell’istante tra i soggetti di cui alle lettere b) e c) del citato comma 1, stante la ratio sottesa a tali disposizioni – volte a individuare le partecipazioni e gli altri elementi intercorrenti con le partecipate – le partecipazioni acquisite a fini meramente speculativi non rientrano tra quelle soggette al test di prevalenza (identificabili in quanto rilevate nell’attivo circolante).
Vi rientrano, invece, quelle partecipazioni che, acquisite come immobilizzazioni finanziarie, sono state successivamente collocate nel circolante in attesa di realizzo.
Alla luce della summenzionata composizione dell’attivo di bilancio, in merito al primo quesito, nel presupposto della corretta contabilizzazione delle attività detenute, la Società istante per le peculiari modalità operative con cui opera, ai fini tributari, per l’anno di imposta 2019 non deve essere ricondotta ad alcuno dei soggetti di cui all’articolo 162-bis del TUIR.
Ciò posto, per quanto concerne i conseguenti oneri comunicativi all’archivio dei rapporti finanziari e ai fini FATCA/CRS (disposizioni in materia di scambio automatico di dati fiscali tra Stati), si osserva quanto segue (secondo quesito).
L’interpellante svolge una attività finanziaria che ricade nell’ambito di applicazione della Direttiva europea c.d. MIFID 2 (Direttiva UE del 2014/65 in vigore in Italia dal 3 gennaio 2018). Come noto, tale Direttiva è tesa a regolamentare i mercati finanziari dell’Unione europea e si applica a tutte le imprese di investimento in essi operanti.
Posto che la Direttiva definisce quale «impresa di investimento» qualsiasi persona giuridica la cui occupazione o attività abituale consiste nel prestare uno o più servizi di investimento a terzi e/o nell’effettuare una o più attività di investimento a titolo professionale (articolo 4, n. 1), da un punto di vista soggettivo l’interpellante riveste la qualifica di operatore finanziario.
Tale qualifica, per la rilevanza che assume nell’ordinamento nazionale con particolare riferimento alla normativa secondaria di diretta emanazione dell’Agenzia, comporta l’obbligo della comunicazione di un indirizzo di posta elettronica certificata da iscrivere nel Registro Elettronico degli Indirizzi istituito dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 22 dicembre 2005. La comunicazione della PEC deve essere effettuata secondo le disposizioni contenute del Provvedimento del 10 maggio 2017, per la sezione del REI “Indagini Finanziarie” e con codice operatore residuale “16” a meno dell’avvenuta iscrizione in uno degli albi/elenchi di vigilanza che ne determinino altro codice specifico.
Dal punto di vista oggettivo, l’istante svolge attività finanziaria consistente nella negoziazione di strumenti finanziari per conto proprio (ed, in particolare, per conto del proprio socio unico), in “contropartita diretta”, cioè avvalendosi di patrimonio proprio con esclusione di qualsiasi forma di mandato ad operare da parte di terzi, clienti ovvero altri intermediari finanziari. L’attività svolta esclude, sulla base di quanto dichiarato dall’istante, qualsiasi forma di retrocessione del risultato della negoziazione a clienti.
Tale modalità operativa non dà origine a rapporti finanziari con soggetti terzi, e pertanto, al momento e sulla base di quanto riferito nell’istanza, la società istante non deve effettuare la comunicazione prevista all’articolo 7, sesto comma, del d.P.R. n. 605 del 1973.
Per quanto concerne gli obblighi relativi alla normativa statunitense Foreign Account Tax Compliance Acta (FATCA), al Common Reporting Standard (CRS) e alla direttiva 2014/107/UE del Consiglio, del 9 dicembre 2014, recante modifica della direttiva 2011/16/UE (che ha sostanzialmente mutuato le previsioni del CRS), si osserva quanto segue.
Nell’ordinamento interno, tali obblighi trovano base giuridica nella legge 18 giugno 2015, n. 95 e sono disciplinati dalle fonti secondarie di attuazione, consistenti nel decreto ministeriale 6 agosto 2015 (relativo al FATCA) e nel decreto ministeriale 28 dicembre 2015 (relativo al CRS e alla direttiva 2014/107/UE), che ne individuano l’ambito di applicazione soggettivo e oggettivo e ne regolamentano gli aspetti procedurali.
In base ai citati decreti, sono tenute agli obblighi di due diligence e comunicazione le istituzioni finanziarie italiane che siano istituzioni di deposito, istituzioni di custodia, imprese di assicurazione specificate o entità di investimento.
Da quanto emerge dall’istanza, tra tutte le istituzioni finanziarie italiane tenute alla comunicazione, Alfa potrebbe astrattamente rientrare nella categoria delle entità di investimento.
Per essere considerata un’entità di investimento tenuta agli adempimenti FATCA/CRS, in applicazione rispettivamente dell’articolo 1, n. 5), lettera c) del D.M. 6 agosto 2015 e dell’articolo 1, comma 1, lettera h), del D.M. 28 dicembre 2015, è necessario che ricorrano determinate caratteristiche.
In buona sostanza, un’istituzione finanziaria italiana integra la qualifica di entità di investimento se:
A) la stessa svolge attività di investimento per conto terzi; ovvero B) il suo reddito lordo è principalmente attribuibile ad investimenti, reinvestimenti, o negoziazione di attività finanziarie, se l’entità è gestita da un’istituzione di deposito, un’istituzione di custodia, un’impresa di assicurazioni specificata o un’entità di investimento.
Il requisito sub A) non sembra sussistere nel caso di specie, in quanto l’istante dichiara di agire esclusivamente per conto proprio. Alfa, infatti, riferisce di svolgere attività di negoziazione di titoli e strumenti finanziari in “contropartita diretta”, cioè avvalendosi di patrimonio proprio con esclusione di qualsiasi forma di mandato ad operare da parte di terzi, clienti ovvero altri intermediari finanziari. L’attività svolta esclude, altresì, qualsiasi forma di retrocessione del risultato della negoziazione a clienti, in quanto non è previsto che l’istante ne abbia.
Nell’assunto che, tenuto conto della composizione partecipativa e gestoria, non ricorra neppure la condizione sub B), si ritiene che l’istante non rientri tra le istituzioni finanziarie italiane tenute agli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 4 della legge n. 95 del 2015.
Con riferimento al terzo quesito, si evidenzia che, ai fini IRES e ai fini IRAP, i proventi derivanti dalla gestione degli strumenti finanziari saranno assoggettati alle disposizioni previste per i soggetti diversi da quelli di cui all’articolo 162-bis del TUIR.
Inoltre, (quarto quesito) ai fini IRAP si ritiene che l’istante non debba applicare l’aliquota maggiorata prevista per banche ed altri enti e società finanziari ai sensi del comma 9 dell’articolo 6 del decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446, essendo riconducibile all’articolo 5 del citato Decreto IRAP.
Da ultimo, (quinto quesito) per la società trova applicazione quanto stabilito dall’articolo 24, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio), non rientrando la stessa tra le categorie escluse dal successivo comma 2 del medesimo articolo 24, in qualità di soggetto di cui all’articolo 162-bis del TUIR (intermediari finanziari e società di partecipazione).
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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- Ambito soggettivo di applicazione: società che detiene strumenti finanziari per conto dei soci - Articolo 162-bis del TUIR di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - Risposta 19 aprile 2021, n. 266 dell'Agenzia delle Entrate
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