AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 27 aprile 2022, n. 225
Applicazione art. 67 TUIR sui proventi derivanti da quota di partecipazione alla società da parte del manager, in subordine previsione prevista dall’art. 60 DL 50/2017 (carried interest)
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’istante (di seguito, “Società” o “Istante”) è una società che produce prodotti surgelati, che appartiene ad un Gruppo svizzero .
La Società è entrata a far parte del Gruppo svizzero in data 17 marzo 2020, quando è stata acquistata, a seguito dell’operazione di ” leverage buy-out”, attraverso una società veicolo (ALFA S.r.l., di seguito ” Holding”), successivamente, incorporata dall’Istante, mediante una fusione inversa.
L’Istante fa presente che, in data 16 marzo 2020, il Sig. Gamma (di seguito, ” Manager”) è stato assunto in qualità di Dirigente e nominato ” Chef Executive Officer” (di seguito, anche ” CEO”).
In data 28 maggio 2020, il Manager è stato nominato Amministratore Delegato dall’assemblea straordinaria dei soci (con effetto a partire dal 1° giugno 2020).
Secondo quanto rappresentato dall’ Istante, tale ultimo incarico, in linea con la politica adottata dal Gruppo, non prevede la corresponsione di alcun compenso.
Al fine di attrarre ed incentivare il Manager, la Società gli ha proposto un ” Management Incentive Plan” (di seguito il Piano) composto da due elementi:
– un congruo ” Salary Package” per il suo ruolo di Dirigente, inclusivo di una componente fissa e di due componenti variabili ( Annual Bonus e Exit Bonus);
– la possibilità di entrare a far parte della propria compagine sociale attraverso l’acquisto di partecipazioni della Holding, successivamente fusa con l’Istante, con il diritto di ricevere una remunerazione più che proporzionale rispetto all’investimento effettuato.
Il Piano citato prevede per il Manager la possibilità di poter sottoscrivere l’aumento di capitale della Holding ad un prezzo determinato in misura proporzionale al valore della società, calcolato sulla base di un’apposita perizia di stima.
In particolare, il Manager ha sottoscritto un aumento di capitale pari all’1% del valore della società, corrispondendo un valore di Euro 520.000,00, di cui Euro 5.000 a titolo di valore nominale e Euro 515.000,00 a titolo di sovrapprezzo.
Al fine di comprendere meglio il Piano, l’ Istante illustra quelli che sono gli aspetti più significativi.
Il Manager è stato invitato a sottoscrivere l’aumento del capitale sociale della Holding dietro il pagamento di un corrispettivo in denaro ( Contribution) determinato dalla compagine sociale precedente all’ingresso del Manager e sulla base di una perizia giurata di stima.
In data 20 dicembre 2019 è stato sottoscritto dai soci della Holding – ad esclusione del Manager il quale all’epoca ancora non era socio – il ” Co-Investment Agreement and Shareholders’ Agreement” (nel seguito SHA) che regola il rapporto tra i soci firmatari. In base all’art. 8.4 dello SHA, le parti si sono reciprocamente impegnate a non distribuire dividendi.
In data 3 settembre 2020, il Manager (anche CEO) ed i Soci hanno sottoscritto il ” CEO Investment Agreement”, che richiama lo SHA, ne modifica alcune previsioni e stabilisce le regole di ingresso del manager nella Holding.
Lo CEO Investment Agreement prevede un periodo minimo di detenzione quinquennale della quota di partecipazione non qualificata (cosiddetto ” holding period “). In caso di uscita del Manager dalla compagine sociale prima del decorso del periodo quinquennale la valorizzazione della partecipazione detenuta dallo stesso è definita dall’art. 3.3 dello CEO Investment Agreement e dipende dalla qualificazione del Manager quale ” Good Leaver o Bad Leaver”.
Il Manager è un investitore a tutti gli effetti della Società essendo soggetto al pieno rischio di investimento, tra cui quello di realizzare minusvalenze qualora il Fair Value dell’investimento decresca.
Il corrispettivo della cessione viene determinato come segue:
– nel caso in cui il manager si qualifica come ” Bad Leaver” la partecipazione viene valutata al minore tra il Fair Value ed il prezzo di sottoscrizione, pari ad Euro 520.000,00;
– nel caso in cui il manager si qualifica come ” Good Leaver”, ha diritto ad un corrispettivo pari al Fair Value della quota da lui detenuta nella società;
In base al rendimento del Gruppo, il Fair Value potrebbe risultare minore o maggiore rispetto al prezzo pagato inizialmente.
Infine, nel caso in cui il Manager vende la sua quota oltre i cinque anni o, se antecedente, in caso di ” change of control”, il Piano prevede che al raggiungimento di un ritorno per gli altri soci pari ad almeno 1,5 volte rispetto al valore dell’investimento effettuato (cd Money Multiple), la partecipazione del Manager sarà valutata ad un valore pari al doppio del Fair Value (extra remunerazione o Premium).
Ciò posto, l’ Istante chiede conferma che non sussiste l’obbligo di applicare la ritenuta ai sensi dell’articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 nel momento in cui il Manager riceverà i proventi in ragione della partecipazione al Piano e, quindi, che i redditi conseguiti dallo stesso configurano come un reddito diverso dell’articolo 67, comma 1, lettera c-bis), del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
L’Istante, nel presupposto che caso di specie possano considerarsi soddisfatte le condizioni previste dalle lettere a) e c) del comma 1 dell’articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, chiede se possa ritenersi soddisfatto anche il requisito previsto dalla lettera b), relativo al ” differimento nella distribuzione dell’utile”.
In subordine, l’ Istante chiede se, nel caso in cui non si ritenesse soddisfatto il requisito di cui alla lettera b) del comma 1 del citato articolo 60, le regole che disciplinano l’investimento del Manager siano idonee a soddisfare i requisiti sostanziali richiesti per considerare i redditi in discussione quali redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c- bis), del Tuir.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’ Istante ritiene che tutti i redditi percepiti in relazione alla partecipazione al Piano, sono inquadrabili tra i redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-bis), del Tuir e che come tali vadano assoggettati ad imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento.
A parere dell’ Istante, il Piano è idoneo a soddisfare due delle tre condizioni previste dall’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, ossia:
– la consistenza dell’investimento (1% della quota di partecipazione nella società);
– il periodo di detenzione quinquennale (il Premium è corrisposto solo nelle ipotesi in cui il Manager detenga l’investimento per l’intero lock-up period, pari ad un quinquennio o se antecedente, nel caso di change control).
Riguardo, invece, al terzo requisito richiesto dal citato articolo 60, ossia il ” differimento nella distribuzione dell’utile”, l’ Istante ritiene che il meccanismo che condiziona il riconoscimento del Premium al raggiungimento di un valore della società pari ad almeno 1,5 volte il valore dell’investimento effettuato dai soci comporta che lo stesso possa ritenersi sostanzialmente soddisfatto.
Oltre al soddisfacimento dei tre requisiti previsti dalla norma in esame, l’ Istante ritiene che sussistano altri elementi che portano a ritenere che i redditi del Manager derivanti dalla partecipazione al Piano possono essere considerati redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-bis) del Tuir.
Con riferimento ai requisiti sostanziali dell’investimento, la Società fa presente che la partecipazione del Manager al Piano è stata concessa a fronte del pagamento di un importo pari ad Euro 520.000,00, rilevante se paragonato al salario da lui percepito.
Inoltre, non esistendo clausole di salvaguardia, il Manager è esposto al rischio di perdita del capitale investito qualora il Fair Value della Società al momento della cessione risultasse inferiore al prezzo di sottoscrizione corrisposto.
Inoltre, la retribuzione del Manager include non solo una parte fissa ed alcuni fringe benefit, ma anche una cospicua parte variabile. In aggiunta a tali componenti, è previsto un indennizzo (” Exit Bonus”) in caso di mutamento dell’assetto societario (art. 14 del contratto di lavoro dipendente stipulato con la Società).
L’ Istante ritiene irrilevante la mancata corresponsione di un compenso per la carica di amministratore delegato e per la partecipazione al consiglio di amministrazione, in quanto tutti gli amministratori (compreso il Manager) non ricevono alcun compenso per tale incarico.
Allo stesso modo, l’ Istante ritiene irrilevante la circostanza che in caso di cessazione del rapporto il lavoro il Manager debba cedere le proprie quote e la presenza di clausole di leavership.
Ciò posto, la Società ritiene che essendo verificate due delle tre condizioni previste dall’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, non sussistono ostacoli a considerare soddisfatto anche il terzo ossia il “differimento nella distribuzione dell’utile”.
In subordine, l’ Istante ritiene che, sulla base degli elementi sopra descritti, l’eventuale capital gain realizzato in sede di vendita della partecipazione possa in ogni caso essere considerato un reddito diverso ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera cbis), del Tuir.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 60, comma 1, decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 prevede che i «proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio, percepiti da dipendenti ed amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati», si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, « in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi».
La presunzione in questione, operante ope legis, è applicabile in presenza delle condizioni individuate dal medesimo articolo, comma 1, lettere a), b) e c), ovvero:
« a) l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori di cui al presente comma, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1 per cento dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti;
b) i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno i suindicati diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’organismo di investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo;
c) le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori di cui al presente comma, e, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione».
Come chiarito dalla relazione illustrativa al citato decreto legge n. 50 del 2017, la sussistenza dei richiamati requisiti è garanzia di un allineamento fra i manager e gli altri investitori in termini di interesse alla remunerazione dell’investimento e di rischio di perdita del capitale investito, ciò che costituisce la ratio dell’assimilazione dei proventi in argomento ai redditi di natura finanziaria.
Al ricorrere delle condizioni di cui alle lettere a), b), c), quindi, al provento percepito dal manager o dal dipendente è attribuita ex lege natura finanziaria a prescindere da qualsiasi legame con l’attività lavorativa prestata presso la società, ente o OICR partecipati.
La circolare 16 ottobre 2017, n. 25/E ha chiarito che l’assenza di una delle condizioni richieste pone viceversa il tema della qualificazione reddituale, e richiede una analisi volta a verificare caso per caso la natura del provento, onde stabilire se esso sia effettivamente collegato all’assunzione del rischio derivante dall’investimento, o se viceversa rappresenti un compenso per l’attività lavorativa prestata.
Al riguardo, un criterio rilevante di valutazione è sicuramente l’idoneità dell’investimento, anche in termini di ammontare, a garantire l’allineamento di interessi tra investitori e management e la correlata esposizione al rischio di perdita del capitale investito che contraddistingue l’investimento del management. Se tale caratteristica può costituire un indice della natura finanziaria del provento, pattuizioni che incidano in senso negativo sulla posizione di rischio del manager fino a neutralizzarla del tutto (si pensi a clausole che garantiscano al dipendente la restituzione integrale, in ogni caso, del capitale investito) mal si conciliano con la qualificazione dello stesso come reddito di capitale o diverso.
Riguardo alle clausole di good o bad leavership, in linea generale la loro presenza – e, a fortiori il loro utilizzo – costituisce un indicatore utile a collegare il provento all’impegno profuso dal manager nell’attività lavorativa (e quindi a produrre reddito di lavoro). Non può escludersi, tuttavia che la ricorrenza di altri elementi di segno opposto, quali ad esempio l’esposizione ad un effettivo rischio di perdita del capitale investito, possano far propendere per la natura finanziaria del provento.
Viceversa, consentire al manager di mantenere la titolarità degli strumenti finanziari anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro costituisce un’indicazione sufficiente ad escludere in radice uno stretto legame con l’attività lavorativa del manager, ed indica la natura finanziaria del reddito in questione.
Nel caso in esame, come illustrato dall’ Istante, sono soddisfatti il requisito di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, ossia dell’investimento minimo da parte del Manager e quello di cui alla lettera c) ossia l’obbligo di detenere la partecipazione per un periodo di cinque anni.
In merito al requisito di cui alla lettera b), si fa presente che la disposizione in esame prevede la maturazione dei diritti patrimoniali rafforzati solo dopo che tutti i soci abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento.
Il riferimento alla “percezione” contenuto nella lettera della norma induce a ritenere non sufficiente la maturazione del rendimento minimo ( hurdle rate) per l’integrazione del requisito, ma a considerare necessaria l’erogazione agli altri soci del capitale investito.
Nel caso di specie, i soci per effetto dell’accordo firmato hanno previsto di non distribuire alcun dividendo e sulla base del Piano decorsi i cinque anni viene riconosciuto l’extra-rendimento al Manager a prescindere dall’attribuzione dell’ hurdle rate agli altri soci o del cambio di controllo della Società.
Nel caso di specie, non può ritenersi soddisfatto il requisito previsto dalla citata lettera b), pertanto la qualificazione fiscale dei proventi derivanti dalla partecipazione come redditi di natura finanziaria non opera ope legis e, conseguentemente, si rende necessaria un’analisi delle caratteristiche dell’investimento ai fini dell’individuazione della natura reddituale dei proventi dallo stesso derivanti.
Al riguardo, si osserva, preliminarmente, che la circostanza che la carica di amministratore delegato non prevede alcuna remunerazione (art. 2.1 del Directorship Agreement del 1° settembre 2020) per una precisa politica del gruppo, viene assunta acriticamente.
Viene, invece, rilevato che in virtù del contratto di lavoro stipulato in data 16 marzo 2020 tra la società e il Manager è previsto che per le funzioni di Direttore generale lo stesso percepisca un pacchetto salariale composto da una parte fissa ( art. 6 Retribuzione fissa) di Euro 280.000,00, una parte variabile ( art. 7 Retribuzione variabile) che prevede un importo massimo di Euro 120.000,00 a titolo di bonus collegato al raggiungimento di determinati target quantitativi e qualitativi, più alcuni fringe benefits definiti agli artt. 8 e 9 del contratto.
L’art. 14 del medesimo contratto prevede, inoltre, un indennizzo in caso di mutamento dell’assetto societario che viene è riconosciuto al Manager in costanza del rapporto di lavoro, che rappresenta un’altra componente variabile della propria remunerazione.
Per quanto riguarda l’idoneità dell’investimento a garantire l’allineamento degli interessi tra gli altri soci e il Manager, si ritiene che l’importo corrisposto da quest’ultimo sia da considerarsi rilevante sia in termini assoluti (in quanto pari all’1 per cento del valore della società) sia in termini relativi se rapportato alla retribuzione annuale percepita dallo stesso.
Per quanto concerne il ritorno dell’investimento si rileva che il valore di cessione delle quote è legato all’andamento economico della società. Il Manager è esposto al pieno di rischio di investimento anche nel caso in cui sia good leaver, in quanto in tal caso ha diritto ad un corrispettivo pari al fair value della quota detenuta nella società, che può essere inferiore all’importo investito.
Le circostanze rappresentate consentono, dunque, di escludere che i proventi derivanti dalla quota di partecipazione al capitale sociale abbiano la funzione di integrare la retribuzione ordinaria del Manager, costituendo, invece, la remunerazione del capitale investito inquadrabile tra i redditi di natura finanziaria.
Pertanto, si ritiene che l’eventuale capital gain derivante dalla cessione della quota, pari alla differenza tra il prezzo di vendita (incluso l’eventuale Premium) e il costo d’acquisto sostenuto dal Manager all’atto di sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale, può essere considerato un reddito diverso di natura finanziaria ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-bis), del Tuir ed in quanto tale essere assoggettato ad imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento.
Il presente parere viene reso esclusivamente in relazione al quesito formulato, sulla base degli elementi rappresentati assunti acriticamente, così come illustrati nell’istanza di interpello, ed esula da ogni valutazione circa fatti e/o circostanze non rappresentate nell’istanza e riscontrabili solo in eventuale sede di accertamento anche sotto il profilo dell’abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10- bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.
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