AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 16 giugno 2021, n. 413
Atto di comunione
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Il notaio interpellante, incaricato della stipula di un atto di messa in comunione di beni immobili da parte di due coniugi, espone quanto segue.
I suddetti coniugi intendono disporre, per il tempo in cui avranno cessato di vivere, dei propri beni in favore dei due figli (Tizio e Caio), in modo che:
– i beni di proprietà della madre (compendio A) siano destinati a Tizio;
– i beni di proprietà del padre (compendio B) siano destinati a Caio.
I valori dei due compendi di beni si equivalgono.
II notaio istante osserva che se ciascuno dei genitori redigesse un testamento con il quale nominare unico erede un figlio destinatario esclusivo dei propri beni, non si è certi si possa raggiungere il risultato sperato. Qualora, ad esempio, decedesse per primo il padre con devoluzione di tutti i suoi beni (compendio B) in favore di Caio, Tizio potrebbe prestare acquiescenza alle disposizioni testamentarie e rinunciare all’azione di riduzione che gli spetterebbe in quanto legittimario pretermesso. Tuttavia, alla morte della madre, con devoluzione di tutti i suoi beni (compendio A) in favore di Tizio, non è certo che Caio si comporti come il fratello, potendo egli certamente agire in riduzione per reintegrare la quota a lui riservata dalla legge.
Pertanto, i coniugi intendono procedere al perfezionamento di un atto di messa in comunione dei beni di proprietà di ciascun coniuge, al fine di diventare comproprietari, in parti uguali, dei beni messi in comunione (compendio A + compendio B).
Fatto ciò, il padre potrebbe assegnare, mediante testamento, la metà del compendio (ex) A a Tizio e la metà del compendio (ex) B a Caio, così come potrebbe fare la madre con testamento di identico tenore. In tal modo, né Tizio né Caio potrebbero impugnare il testamento poiché non verrebbero lesi nella quota di legittima e si raggiungerebbe il risultato auspicato dai genitori.
Al riguardo, il notaio istante osserva che con risposta a interpello n. 526 del 13 dicembre 2019, è stato affermato che “la costituzione della nuova comunione produce effetti analoghi seppur opposti a quelli dell’atto di divisione con conseguente identico trattamento fiscale”.
Premesso quanto sopra, il notaio chiede se all’atto di messa in comunione dei compendi A e B, attualmente di proprietà esclusiva di ciascun genitore, sia applicabile l’imposta di registro con l’aliquota pari all’ 1 per cento propria degli atti aventi natura dichiarativa (articolo 3, Tariffa, Parte I del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, TUR).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
A parere del notaio istante, il negozio di unificazione dei due compendi, indispensabile per realizzare le volontà testamentarie dei genitori, concretizza la costituzione di una comunione. Pertanto, esaminando gli effetti giuridici dell’atto in esame ai sensi dell’articolo 20 del TUR, emerge che con il medesimo atto ciascun comunista/conferente diviene titolare – a fronte delle due diverse proprietà conferite all’unica massa – di una quota della nuova comproprietà di valore esattamente corrispondente al valore della proprietà esclusiva pre-posseduta. In tal senso, la costituzione della nuova comunione produce effetti analoghi, seppur opposti, a quelli dell’atto di divisione della comunione.
Pertanto, il notaio istante ritiene applicabile all’atto in esame la disposizione di cui all’articolo 3 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR, che prevede l’applicazione dell’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1 per cento per gli atti di natura dichiarativa.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Il contratto di costituzione di comunione, che i coniugi intendono stipulare, conferendo i rispettivi compendi immobiliari di uguale valore e divenendo titolari di una quota ideale della massa comune, è espressione della autonomia negoziale delle parti, ai sensi dell’articolo 1322 del codice civile, che dispone «Le parti possono Uberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico».
Con il contratto di comunione in esame, ciascun coniuge, comunista/conferente, diverrebbe titolare – a fronte delle due diverse proprietà conferite all’unica massa – di una quota della nuova comproprietà di valore esattamente corrispondente al valore della proprietà esclusiva pre-posseduta.
A parere della scrivente, la costituzione della suddetta comunione produce effetti analoghi, seppur opposti, a quelli dell’atto di divisione della comunione.
Come affermato dalla Corte di Cassazione, in relazione al contratto di scioglimento della comunione, “Nel campo del diritto tributario è stata, infatti, pacificamente accolta la nozione di divisione come atto avente natura dichiarativa, purché le porzioni concretamente assegnate ai condividenti, quote di fatto, corrispondano alle quote di diritto, cioè a quelle quote che spettano ai partecipanti, sui beni della massa, in ragione dei diritti che essi vantano “(cfr. Cass. Sentenza n. 7606 del 2018; Cass. Ordinanza n. 11924 del 2021).
Pertanto, anche l’atto di messa in comunione, avendo effetti pari, ma di direzione opposta a quelli del contratto di divisione, derivando dal costituirsi, a mezzo della stessa, una comunione con quote soggettive speculari a quelle proprie dei beni preposseduti, ha natura dichiarativa.
Nella fattispecie in esame, secondo quanto affermato dall’istante e qui assunto acriticamente, la quota di fatto in termini di valore economico corrisponde alla quota di diritto, nel senso che i valori dei due compendi di beni riuniti si equivalgono e che i coniugi assumono la contitolarità, in parti uguali, della massa comune.
Pertanto, si condivide quanto affermato dal notaio istante in ordine alla natura dichiarativa del contratto costitutivo della comunione e del conseguente trattamento fiscale, con applicazione dell’imposta di registro nella misura del 1 per cento, ai sensi dell’articolo 3 della Tariffa, Parte Prima, allegata al TUR. Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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