I Giudici Ermellini con la sentenza della Cassazione n. 9299 del 17 aprile 2013 impone all’Amministrazione finanziaria di emettere i propi atti impositivi (avvisi di liquidazione avvisi di accertamento etc.). Poichè il contribuente che riceve l’atto non sempre è un professionisti, ma nella maggioranza dei casi sono privati cittadini, non per necessariamente una adeguata competenza sulla materia. Pertanto se l’Amministrazione Finanziaria non si conforma a questo principio incorre nell’annullamento dell’atto.
Nella vicenda esaminata dalla Suprema Corte inerente ad un “avviso di liquidazione dell’imposta di registro ed irrogazione delle sanzioni” notificato ad un contribuente, legale rappresentante di una società a cui: a) era stata liquidata l’imposta proporzionale di registro, che era stata notificata, oltre che alle parti in causa, anche (il 16.7.2003) al D.B., in detta sua qualità; b) l’intimato aveva inoltrato un’istanza di annullamento in autotutela, e, successivamente, l’Ufficio aveva emesso un altro avviso di liquidazione, integrativo del precedente, che conteneva una maggiore imposta più le sanzioni, e che era stato notificato, in data 8.4.2004, anche all’intimato, sempre nella qualità; c) con nota del 6.5.2004, l’Ufficio, in risposta alla richiesta di chiarimenti, presentata dal contribuente in relazione alla nuova tassazione maggiorata, gli aveva comunicato che non era stato “chiamato quale responsabile solidale dell’imposta, ma delle sole sanzioni”; d) per “rimarcare tale asserzione” l’Ufficio aveva provveduto a notificare il 18.5.2004 un ulteriore avviso di liquidazione “nella qualità di autore e responsabile delle sanzioni ai sensi dell’art. 11 del D.lgs. 472/1997” per 4.975 euro, avviso, poi, impugnato col ricorso del contribuente.
Per i giudici della Commissione tributaria regionale l’atto è da considerare nullo perché “privo della benché minima forma di motivazione, non consentiva al contribuente di comprendere le ragioni che ne avevano determinato l’emissione”. E tale linea di pensiero viene condivisa, nella sostanza, anche dai giudici della Cassazione: questi ultimi, difatti, confermano la nullità dell’avviso emesso dall’Agenzia delle Entrate.
Decisiva è la considerazione che “la sola indicazione degli estremi dell’atto da registrare e della somma da pagare non sia idonea ad integrare il requisito della motivazione dell’atto impositivo”, che, alla luce della disciplina normativa “applicabile anche nel caso in esame di riscossione dell’imposta in caso di registrazione eseguita d’ufficio”, deve “contenere informazioni tali da garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive”.