Corte di Cassazione, ordinanza n. 20368 depositata il 14 luglio 2023
principio di specificità – nullità dell’atto notificato se mancante di pagine
RILEVATO CHE
– La Commissione tributaria provinciale di Catania accoglieva il ricorso proposto dalla società C.M.C. p.a. avverso il ruolo e la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex artt. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, riguardante imposte dirette e IVA, relative all’anno 2006;
– con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania accoglieva l’appello proposto da Riscossione Sicilia s.p.a, rilevando, in sintesi, che:
– la società contribuente non aveva eccepito l’omessa notificazione della cartella impugnata, ma la mancanza della relata di notifica di cui all’art. 148 cod. proc. civ., sostenendo l’inesistenza o comunque la nullità insanabile dell’atto notificato;
– la dedotta omissione non integrava un vizio così radicale dell’atto impugnato, trattandosi di una mera irregolarità formale sanata dal raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., applicabile anche con riferimento alla notificazione degli atti fiscali, avendo la contribuente tempestivamente proposto il ricorso;
– dalla copia della relata di notificazione allegata agli atti di causa, peraltro, si evinceva che la cartella era stata notificata presso la sede della società contribuente, indicata negli atti processuali dalla stessa società, la notifica era stata eseguita dall’ufficiale della riscossione abilitato ex l. n. 56 del 1951 e ritirata da un soggetto qualificatosi come impiegato della società, addetto alla ricezione degli atti, che ha apposto la propria firma per ricevuta;
– infondati erano anche gli altri motivi, in quanto la cartella di pagamento era motivata secondo le prescrizioni di cui al d.m. 14 luglio 1992;
– la nullità della cartella notificata al contribuente consegue ad ogni modo solo alla mancata indicazione degli elementi previsti dall’art. 25 del P.R. n. 602 del 1973, fra cui non vi è quello relativo alla mancata sottoscrizione, essendo sufficiente che dai dati contenuti nella cartella sia possibile individuare l’autorità da cui l’atto proviene e detto elemento non era stato nella specie contestato;
– nella cartella risultavano indicati sia il responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo sia il responsabile di emissione e di notificazione della stessa cartella di pagamento;
– la soc. C.M.C. s.p.a. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
– Riscossione Sicilia S.p.a. è rimasta intimata.
CONSIDERATO CHE
– Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 342 cod. proc. civ. e 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., non avendo la CTR dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto da Riscossione Sicilia s.p.a. per genericità dei motivi;
– il motivo è inammissibile per difetto di specificità;
– secondo un orientamento costante di questa Corte, ribadito anche di recente e a cui questo collegio intende dare continuità, “In tema di ricorso per cassazione, la deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, a norma dell’art. 342 c.p.c., integrante “error in procedendo”, che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, 4 e n. 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza” (Cass. 3612 del 4.02.2022 e Cass. n. 29495 del 23.12.2020);
– la ricorrente si è limitata a dedurre che i due motivi dell’appello proposto da Riscossione Sicilia s.p.a. erano generici e “di mero stile”, in quando l’appellante si sarebbe limitata a riprodurre le controdeduzioni di primo grado;
– il motivo sarebbe, in ogni caso, infondato;
– dimentica la ricorrente, infatti, che, ai fini della specificità dei motivi di appello ex art. 342 cod. proc. civ., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. n. 23781 del 28.10.2020);
– dal contenuto della sentenza di appello risulta chiaramente che la riproposizione delle controdeduzioni presentate nel giudizio di primo grado era stata sufficiente a consentire al giudice di appello di comprendere le censure prospettate nei confronti della sentenza di primo grado;
– con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, comma 2, cod. civ. e 7 l. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso, non avendo la CTR valutato la censura riguardante la mancanza di ben sei pagine sulle dieci di cui si componeva la cartella oggetto di ricorso, avendo tale mancanza impedito alla contribuente di esercitare appieno il proprio diritto di difesa, non essendo rilevabili le procedure di calcolo delle imposte e non potendosi attribuire alcun valore probatorio alla relazione di notifica, circa la presunzione di consegna integrale dell’atto notificato, in quanto detta relazione era stata apposta sul frontespizio, anziché in calce allo stesso;
– con il terzo motivo, deduce la violazione degli artt. 2699 e 2700 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente affermato che la relazione di notificazione della cartella impugnata era stata notificata da tale Castagna Vincenzo, anche se il materiale notificatore era tale Atti Alessandro, di cui l’Agenzia della riscossione non ha mai provato il possesso dei requisiti di cui all’art. 26 del P.R. n. 602 del 1973, e Castagna Vincenzo risultava avere solo sottoscritto la relazione di notifica attestando che l’atto era stato consegnato dal predetto Atti Alessandro, con conseguente inesistenza della notificazione, non suscettibile di sanatoria ex art. 156 cod. proc. civ.;
– con il quarto motivo, denuncia la violazione dell’art. 36, comma 4- ter, del l. n. 248 del 2007, conv. nella l. n. 41 del 2008, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che il nominativo del responsabile del procedimento di emissione e di notificazione della cartella fosse indicato nella cartella notificata, mentre detto nominativo era riportato alla pagina 8 della cartella, mancante nella copia notificata alla contribuente;
– per esigenze di priorità logica va esaminato prima il terzo motivo che è inammissibile, mirando la ricorrente, sotto l’apparente deduzione di un vizio di violazione di legge, sebbene prospettato come error in procedendo, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, in relazione all’individuazione del soggetto che aveva svolto l’incarico di messo notificatore;
– il secondo motivo, invece è fondato;
– la ricorrente ha dedotto fin dal ricorso introduttivo che la copia della cartella di pagamento a lei notificata era mancante di ben sei pagine e, segnatamente, dalla pagina 3 alla pagina 8, e che tale mancanza ha determinato una carenza di motivazione dell’atto impugnato, “non essendo rinvenibili le procedure di calcolo in base alle quali l’Agenzia ha quantificato l’ammontare delle singole imposte pretese”;
– dall’estratto della sentenza di primo grado, riportato nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, si evince che il primo giudice aveva accolto detta censura, affermando che “risulta insuperabile l’assunto della ricorrente secondo cui alla stessa non siano state notificate sei pagine che dovevano essere comprese nella cartella notificata. La Serit, invero, doveva fornire nel presente giudizio la prova che la cartella notificata comprendeva tutte le pagine nella stessa indicata o, usando la diligenza del caso, provvedere a notificare a mezzo Ufficiale Giudiziario una nuova cartella e così evitare di subire danni non certo indifferenti e che, però, non si esclude potrà farlo in futuro”;
– a seguito dell’appello interposto dall’Agente della riscossione, anche con riferimento all’asserita mancanza di alcune pagine della cartella, la contribuente ribadiva, nelle proprie controdeduzioni, la mancanza nella copia notificata della cartella, delle pagine da 3 a 8, precisando che tale carenza aveva “impedito alla società di esercitare appieno il diritto di difesa, rivolto ad individuare e contestare le singole poste creditizie, nella cui quantificazione l’Agenzia è sicuramente incorsa in errore”;
– la CTR ha del tutto omesso di esaminare la circostanza relativa alla asserita mancanza di alcune pagine nella copia della cartella di pagamento notificata alla contribuente, sebbene si trattasse di un fatto dibattuto nel corso dei giudizi di merito e rappresentasse una questione decisiva per la soluzione della controversia, in quanto l’eventuale incompletezza di detta copia avrebbe determinato la nullità dell’atto impugnato, anche perché si trattava di cartella esattoriale che non seguiva uno specifico atto impositivo già notificato alla contribuente, ma era stata emessa a seguito di controllo automatizzato, costituendo, pertanto, il primo ed unico atto con il quale l’Ente impositore aveva esercitato la pretesa tributaria, per cui la stessa doveva essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione (Cass. nn. 21804/2017 e 28276/2013);
– a seguito dell’accoglimento del secondo motivo, rimane assorbito l’esame del quarto motivo;
– in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il quarto e dichiarati inammissibili il primo e il terzo; la sentenza impugnata va cassata con riferimento al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla competente Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il quarto e dichiara inammissibili gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.
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