AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 10 settembre 2020, n. 336

Articolo 8, co 1, lett. c) e co 2 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e artt da 1 a 5 del decreto legge 29 dicembre 1983, n. 746 – Attribuzione del plafond IVA alla stabile organizzazione in Italia di una società che ha trasferito la propria residenza fiscale ai sensi dell’art. 166 del Tuir

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

Quesito

La società Alfa, società di diritto […] e con stabile organizzazione e sede secondaria in Italia (la “Societa “o ‘”Istante”), svolge in Italia, tramite la propria stabile organizzazione ivi localizzata, l’attività di commercializzazione all’ingrosso (“wholesale”), sia in Italia che all’estero e in Italia anche al dettaglio (“retail”) di prodotti di abbigliamento del brand Epsilon.

La Società, appartenente al Gruppo Gamma, player mondiale nel settore della moda e degli accessori, dove opera con marchi di successo, sia di proprietà sia di terzi in licenza, è stata costituita in data […], secondo il diritto italiano, con sede  legale e residenza fiscale in Italia, con la denominazione di Alfa S.r.l, al fine di ricevere per scissione – da altra società del medesimo Gruppo Gamma – il ramo di azienda relativo alla commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio, in Italia e all’estero, dei prodotti Epsilon.

Con delibera assembleare del […], efficace dal […], la Società ha trasferito in […] la sede legale, trasformandosi contestualmente in una […], nonché la sede di direzione effettiva, e quindi la residenza fiscale (il “Trasferimento “), mantenendo in Italia gli elementi dell’attivo e del passivo del ramo di azienda inerenti le attività descritte, che sono confluite nella stabile organizzazione in Italia della Società (di seguito indicata anche come “Branch “).

Considerato che il Trasferimento è avvenuto nel corso del secondo semestre del periodo di imposta 2019, coincidente con l’anno solare, i relativi effetti fiscali in Italia si sono manifestati solo dall’inizio del periodo di imposta successivo, ossia dal 1° gennaio 2020, in conformità con quanto confermato nella Risposta ad interpello n. 73 del 20/11/2018.

A decorrere, pertanto, dal 2020, la Società ha perso la residenza fiscale italiana ed è presente in Italia mediante la sopra richiamata stabile organizzazione o Branch.

Il Trasferimento è stato effettuato in continuità giuridica, senza generare quindi alcuna estinzione o liquidazione della Società in Italia né creazione di alcuna nuova entità in […], in ossequio al principio di reciprocità previsto dall’articolo 16 del Codice Civile, a mente del quale alle società straniere sono riconosciuti gli stessi diritti previsti per le società italiane se il loro paese d’origine riconosce tali diritti anche in favore delle società italiane, e in forza dell’articolo 25, terzo comma, della Legge n. 218 del 31 maggio 1995, ove è previsto che “I trasferimenti della sede legale in un altro Stato […] sono efficaci solo se sono posti in essere in conformità con le leggi dei paesi coinvolti”.

Viene rappresentato che, in virtù del principio di continuità giuridica del Trasferimento, la Branch ha conservato il medesimo codice fiscale e numero di partita IVA della Società, in conformità con le indicazioni di prassi dell’Agenzia delle Entrate, contenute nella citata Risposta n. 73 del 2018.

Nell’anno 2019, la Società ha realizzato, nell’ambito dell’attività di commercializzazione nel settore wholesale dei prodotti di abbigliamento del brand Epsilon, cessioni intracomunitarie non imponibili, ai sensi dell’articolo 41 del decreto legge 30 agosto 1997, n. 331 e cessioni all’esportazione di cui all’articolo 8 del Decreto IVA, acquisendo lo status di “esportatore abituale”. Il plafond maturato nel 2019, utilizzabile per effettuare acquisti in regime di non imponibilità IVA nell’anno di imposta 2020 ai sensi dell’articolo art. 8 comma 1, lettera c) e comma 2 del Decreto IVA, ammonta al 31 dicembre 2019 ad Euro […] (il “Plafond”) .

Nel corso dell’anno di imposta 2020 e fino alla data odierna, la Branch non ha utilizzato il Plafond per effettuare acquisti in sospensione di imposta IVA, in quanto, a suo giudizio, né la normativa IVA né la prassi ministeriale contengono espresse indicazioni in merito alla spettanza del plafond IVA in casi come quello descritto.

Ritenendo, pertanto, che ci sia incertezza al riguardo, la Società chiede se alla luce dell’articolo 8, comma 1, lett. c) e comma 2 del Decreto IVA e degli articoli da 1 a 5 del decreto legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito con legge 27 febbraio 1984, n. 17, la stabile organizzazione emersa in Italia con effetti fiscali il primo gennaio 2020 a seguito del trasferimento in […] della sede legale e della residenza fiscale della Società ai sensi dell’art. 166 del Tuir, che è subentrata senza soluzione di continuità nel relativo codice fiscale e partiva IVA, possa altresì subentrare nello status di “esportatore abituale” e quindi nel Plafond maturato dalla Società al 31 dicembre 2019, potendolo utilizzare per effettuare acquisti in sospensione di imposta da IVA nel 2020, in conformità con la relativa disciplina contenuta nel Decreto IVA e norme complementari.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

Ad avviso dell’istante, i principi espressi dalla amministrazione finanziaria in tema di trasferimento del plafond nel caso di operazioni straordinarie sarebbero mutuabili anche nel caso di trasferimento della sede all’estero con contestuale emersione di una stabile organizzazione, come nel caso descritto.

In particolare, l’istante, dopo aver richiamato la normativa IVA relativa allo status di “esportatore abituale” (cfr. art. 8, comma 1, lett. c) e comma 2 del Decreto IVA e art. 1 del D.L. n. 746/1983 convertito in legge n. 17/1984), ricorda che la ratio della previsione normativa richiamata è quella di semplificare il rapporto creditorio dell’esportatore abituale con l’Erario e l’attenuazione dell’esposizione finanziaria derivante da una situazione di credito strutturale: l’obiettivo perseguito dall’istituto del plafond è, infatti, quello di non penalizzare finanziariamente gli operatori che svolgono operazioni che non danno luogo all’addebito di imposta, i quali possono cosi evitare di anticipare l’imposta sugli acquisti a fronte del mancato ribaltamento della stessa sulle operazioni attive.

Nel merito del caso rappresentato, la società Alfa S.r.l. ha effettuato il trasferimento della sede sociale all’estero, secondo il principio della continuità giuridica. Tale principio comporta il subentro della Società in tutti i diritti, obblighi e nei rapporti instaurati prima del trasferimento, senza soluzione di continuità, in conformità alle indicazioni della Corte di Giustizia Europea sul tema della c. d . “trasformazione internazionale”. In particolare, secondo la Corte di Giustizia Europea, il principio di libertà di stabilimento non consente che uno Stato membro possa impedire il trasferimento di una società proveniente da un altro Stato membro previa modifica del diritto nazionale applicabile, ossia laddove la società straniera si converta in una forma societaria soggetta al diritto nazionale dello Stato membro di destinazione (tramite, appunto, una “trasformazione internazionale”), in regime di continuità giuridica e senza previo scioglimento e liquidazione (vengono richiamate sul tema le sentenze della Corte di Giustizia Europea, ex multis n. C-210/06 (Cartesio) del 16 dicembre 2008 e n. C-378/10 (Vale) del 12 luglio 2012). Tale principio di continuità giuridica dispiega i suoi effetti anche sul piano fiscale, specificamente nella circostanza – come nel caso di specie – in cui la società che trasferisce all’estero la propria sede sociale e, con essa, la residenza fiscale, lascia in Italia una stabile organizzazione. In tale circostanza, infatti, la stabile organizzazione subentra nella posizione fiscale della società uscente, oltre che nella operatività ai fini IVA in Italia.

Nel comparto delle imposte indirette, e specificamente in quello IVA, tale principio della continuità della posizione fiscale della società uscente nella stabile organizzazione residua italiana è stato accolto nella citata Risposta n. 73 del 2018, che ha riconosciuto alla stabile organizzazione italiana di conservare, come del resto ha fatto la Branch, il medesimo codice fiscale e numero di partita IVA attribuiti alla società uscente.

Si tratta di quegli elementi identificativi fiscali strettamente legati al soggetto, che non sono suscettibili di trasferimento nel nostro ordinamento fiscale neppure in presenza di operazioni straordinarie o di trasformazioni sostanziali soggettive fiscalmente neutrali (quali fusioni o scissioni).

E’, quindi, sulla base di tale principio di continuità della stabile organizzazione italiana nella posizione fiscale della società uscente, che sul piano IVA comporta la continuità anche nel numero di partita IVA, che si dovrebbe ammettere il subentro della prima nello status di “esportatore abituale “, e quindi nel relativo plafond, maturato in capo alla seconda. Del resto, lo status di esportatore abituale è connesso alla tipologia di operazioni svolte, in particolare, principalmente, operazioni di cessione intracomunitarie o all’esportazione, effettuate dalla società uscente con il proprio numero di partita IVA. Il subentro della stabile organizzazione residua nel numero di partita IVA della società uscente e nell’attività dalla stessa precedentemente svolta non potrebbe, pertanto, non comportare il subentro, nella medesima posizione, anche nello status di “esportatore abituale” e del plafond maturato alla data di trasferimento all’estero.

A giudizio dell’istante è, pertanto, ragionevole ritenere che, laddove le operazioni che danno luogo al plafond siano state poste in essere da una società a cui successivamente è subentrata una branch con il medesimo numero di partita IVA e svolgente la medesima tipologia di attività, il plafond debba trasferirsi alla suddetta branch.

In caso contrario, la branch, senza alcuna ragione apparente, essendo la continuità evidente sotto ogni altro aspetto, si troverebbe proprio nella situazione che la previsione dell’istituto dell’esportatore abituale intende evitare, ossia in una situazione di credito strutturale nonostante il riconosciuto e consolidato svolgimento di operazioni non imponibili.

Peraltro, il sistema dell’IVA prevede, sulla base del c.d. principio di  continuazione dell’attività, pacificamente che le operazioni straordinarie da cui consegua la successione di un nuovo soggetto passivo in un’ attività d’impresa IVA rilevante, precedentemente svolta da un altro soggetto passivo, comportino che il primo subentri al secondo in tutte le posizioni IVA connesse all’attività di cui sopra (cfr., ad esempio, art. 19 della Direttiva 2006/112/CE). Sulla base di tale principio, la prassi dell’Amministrazione Finanziaria ha affermato che, anche nel caso in cui si determini un mutamento soggettivo dell’esercente attività IVA rilevante a seguito di un’operazione straordinaria, il plafond originato dall’esecuzione di cessioni intracomunitarie e di esportazioni non imponibili viene trasferito in capo all’avente causa, senza, peraltro, che tale trasferimento sia condizionato al trasferimento di tutti i rapporti con la clientela non residente (cfr. Risoluzione n. 124/E del 14 dicembre 2011).

A fortiori, il plafond dovrebbe ritenersi preservato a seguito del trasferimento in altro Stato Membro della sede legale e della residenza fiscale di una società, cui segua la contestuale emersione di una stabile o organizzazione in Italia che subentri senza soluzione di continuità nel relativo codice fiscale e partiva IVA secondo quanto previsto dalla citata Risposta n. 73 del 2018 . In tale ipotesi, infatti, l’attività IVA rilevante addirittura continua in capo allo stesso soggetto le cui operazioni con l’estero hanno generato il plafond, avvenendo il trasferimento di sede in continuità giuridica, secondo la tecnica della “trasformazione transfrontaliera” indicata dalla Corte di Giustizia Europea, senza alcuna modifica soggettiva in ordine all’esercente attività d’impresa.

Ad avviso dell’istante, sarebbe, pertanto, corretto ritenere che i principi espressi nel caso di operazioni straordinarie in tema di trasferimento del plafond siano mutuabili anche nel caso di trasferimento della sede all’estero con contestuale emersione di una stabile organizzazione, come nel caso di specie. Pur non trattandosi di un’operazione straordinaria, infatti, gli effetti giuridici in capo alla Branch ne sono del tutto assimilabili, quanto alla continuità formale (partita IVA) e sostanziale (operatività ai fini IVA in Italia) e, di conseguenza, i principi posti alla base del riconoscimento espresso della possibilità di trasferire il plafond in tali ipotesi dovrebbero ritenersi validi anche in questo caso.

Sulla base delle richiamate argomentazioni, l’istante ritiene che lo status di esportatore abituale ed il relativo plafond di Euro […] maturato al 31 dicembre 2019 siano attribuibili senza soluzione di continuità alla Branch, ossia alla stabile organizzazione che la Società ha lasciato in Italia per effetto del trasferimento all’estero della (sede sociale e) della residenza fiscale a far data dal 1° gennaio 2020.

Pertanto, è opinione del contribuente che la Branch possa, a partire da tale data, effettuare acquisti in sospensione di imposta secondo le previsioni della disciplina IVA applicabile in materia, utilizzando il Plafond maturato in capo alla società 31 dicembre 2019.

Parere dell’agenzia delle entrate

Preliminarmente si rappresenta che il presente parere non ha ad oggetto l’esame dell’effettiva maturazione da parte della società istante dello status di esportatore abituale, né la verifica della corretta determinazione del relativo plafond di cui si chiede l’attribuzione in continuità alla branch che rimane in Italia a seguito del trasferimento della residenza fiscale in […].

Ai sensi del comma 2 dell’art. 8 del DPR n. 633 del 1972 (di seguito anche “Decreto IVA”), le cessioni, anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili e le prestazioni di servizi sono effettuate senza pagamento dell’imposta se rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all’esportazione e operazioni intracomunitarie (c.d. “esportatori abituali”), si avvalgono di tale facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, e di importare beni e servizi senza addebito di imposta.

La qualifica di “esportatore abituale”, a cui consegue la facoltà di effettuare acquisti e importazioni senza IVA è attribuita a condizione che l’ammontare dei corrispettivi relativi alle operazioni non imponibili registrate nell’anno precedente sia superiore al dieci per cento del volume d’affari determinato a norma dell’art. 20 del decreto IVA ma senza tenere conto delle cessioni di beni in transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale e delle operazioni di cui all’articolo 21, comma 6- bis, del DPR n. 633 del 1972 (cfr. art. 1 del DL 746 del 1983). Gli acquisti di beni e servizi da parte dei c.d. “esportatori abituali” possono essere effettuati senza pagamento dell’imposta nei limiti dei corrispettivi relativi alle operazioni non imponibili registrate nell’anno solare precedente (cd. plafond fisso) ovvero nei dodici mesi precedenti (c.d. plafond mobile).

L’intento di avvalersi della facoltà di acquistare beni e servizi senza pagamento dell’imposta – ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c) del DL n. 746 del 1983 come modificato dall’art. 12- septies del DL n. 34 del 2019 – deve risultare da apposita dichiarazione, redatta in conformità al modello approvato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, trasmessa per via telematica all’Agenzia medesima, che rilascia apposita ricevuta telematica con indicazione del protocollo di ricezione.

Con riferimento alla trasferibilità dello status di esportatore abituale e, di conseguenza, alla correlata facoltà di acquistare senza addebito di imposta, a seguito di operazioni di riorganizzazione aziendale, il decreto IVA disciplina esclusivamente il caso di affitto di azienda. Il comma 4 dell’articolo 8 del DPR n. 633 del 1972 prevede  che affinché possa avere effetto il trasferimento del beneficio di poter acquistare beni e servizi senza pagamento dell’imposta è necessario che il trasferimento sia espressamente previsto nel contratto di affitto di azienda e che ne sia data comunicazione con lettera raccomandata entro trenta giorni all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente.

Per quanto riguarda le operazioni di scissione, ai sensi dell’articolo 16, comma 11, lett. d) della Legge n. 537 del 1993, viene previsto che, se in esecuzione dell’operazione sono trasferiti aziende ovvero uno o più complessi aziendali, la facoltà di acquisire beni e servizi senza pagamento dell’imposta, ai sensi degli articoli 8, primo comma, lettera c), e secondo comma, e 68, primo comma, lettera a), del DPR n. 633 del 1972, può essere esercitata dalla società beneficiaria, previa comunicazione  al competente ufficio mediante la dichiarazione di cui all’articolo 35, terzo comma, del Decreto IVA.

Riguardo alle altre operazioni di riorganizzazione aziendale, le istruzioni per l’attribuzione del plafond all’avente causa nell’ an e nel quantum e le relative modalità di assegnazione sono state individuate dalla scrivente in diversi documenti di prassi. (cfr. ex multis, risoluzione 7 novembre 1987 n. 505229, risoluzione 21 aprile 2008, n. 165/E, risoluzione 31 ottobre 2008, n. 471/E, risoluzione 14 dicembre 2011, n. 124/E).

In base ai principi desumibili dalle suddette risoluzioni e circolari, è possibile concludere che, in generale, a seguito del trasferimento soggettivo di un complesso aziendale è consentito il trasferimento all’avente causa dello status di esportatore abituale con il correlato diritto ad acquistare ed importare beni e servizi senza pagamento dell’IVA ai sensi dell’art. 8 comma 1, lett c) e 2 del Decreto IVA e della correlata normativa di attuazione subordinatamente al rispetto congiunto delle seguenti condizioni:

1. l’avente causa continua, senza soluzione di continuità, l’attività relativa al complesso aziendale oggetto di trasferimento, in precedenza svolta dal dante causa;

2. l’avente causa subentra nei rapporti giuridici (attivi e passivi) relativi al complesso aziendale trasferitogli necessari ad assicurare, in situazione di continuità, la prosecuzione dell’attività di impresa rivolta ai clienti non residenti.

In sostanza, è stata riconosciuta la possibilità per la società avente causa di utilizzare il plafond residuo quando oggetto del trasferimento è il complesso aziendale dal quale il plafond è scaturito e per mezzo del quale viene continuata, senza soluzione di continuità, l’attività (da cui originano cessioni all’esportazione, cessioni intracomunitarie e operazioni assimilate) concorrente alla formazione del plafond stesso.

In particolare, il “subentro” da parte del soggetto che riceve il compendio aziendale nello status di esportatore abituale e nel relativo plafond maturato dal cedente/conferente è corollario della previsione, contenuta nella normativa comunitaria e, segnatamente, nell’art. 19, par. 1, della direttiva 2006/112/CE, che, nel riconoscere agli Stati membri dell’Unione europea la possibilità di considerare irrilevanti, agli effetti dell’IVA, le cessioni e i conferimenti di complessi aziendali, prevede la successione della società cessionaria o conferitaria alla società cedente o conferente negli obblighi e nei diritti relativi all’IVA inerenti al complesso aziendale oggetto del trasferimento.

La scrivente ha altresì precisato che le medesime condizioni di trasferibilità valgono anche nel caso in cui l’ammontare del plafond maturato prima dell’operazione  di riorganizzazione non venga trasferito alla società avente causa nella sua totalità, ma rimanga in parte nella titolarità del soggetto dante causa, in quanto entrambe le società  continuano l’attività di esportazione. In tal caso, i criteri di attribuzione del plafond ai soggetti coinvolti nell’operazione sono dettati in coerenza al richiamato principio per cui il plafond “segue” l’attività di esportazione. In particolare, nel caso oggetto della Risoluzione n. 124/E del 14 dicembre 2011, il plafond maturato dalla società conferente viene suddiviso tra questa e la società conferitaria in funzione delle operazioni non imponibili che si valuta saranno rispettivamente poste in essere da ciascuna di esse nel periodo di imposta successivo a quello di perfezionamento del conferimento di ramo di azienda.

Tanto rappresentato, il caso di specie ha ad oggetto il trasferimento della residenza fiscale di un soggetto avente lo status di esportatore abituale con contestuale mantenimento in Italia degli elementi dell’attivo e del passivo del ramo di azienda inerenti le attività relative alla maturazione di detto status, che sono confluite in una branch italiana del soggetto estero.

Premesso che in questa sede non viene fornita alcuna valutazione in merito alla residenza fiscale dell’Istante, esclusa dall’area di applicazione dell’interpello ordinario in quanto fondata sull’analisi di elementi meramente fattuali esperibile solo in sede di accertamento (cfr. Circolare n. 9/E del 1° aprile 2016), si osserva innanzitutto che il trasferimento della residenza all’estero, ai fini degli effetti sulle imposte sui redditi, viene assimilato alle operazioni di riorganizzazione aziendale transfrontaliere ai fini dell’applicazione della disciplina dell’imposizione in uscita ex art. 166 del Tuir. Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, nella Risposta ad Interpello n. 73 del 2018, richiamata anche dall’istante, è stato chiarito che nel caso in cui la stabile organizzazione prosegua nell’esercizio di impresa in continuità sul territorio dello Stato di una società italiana che trasferisce la residenza fiscale all’estero, la prima conserva il numero di partita IVA della società trasferita.

In generale, la stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente assume la veste di soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato del soggetto domiciliato o residente all’estero limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute (art. 7, comma 1, lett d) del DPR n. 633 del 1972).

Nel caso di trasferimento all’estero della residenza fiscale di un soggetto con mantenimento della branch in Italia, il mantenimento del medesimo numero di partita IVA è dovuto al subentro in continuità nel requisito soggettivo di cui all’art. 4 del DPR n. 633 del 1972 da parte della stabile organizzazione.

Alla luce di quanto sopra rappresentato e della prassi amministrativa menzionata, in conformità al parere dell’istante, si ritiene che la posizione della branch che permane in Italia a seguito del trasferimento all’estero della residenza fiscale di una società sia assimilabile – ai fini che in questa sede rilevano – a quella del soggetto avente causa di un’operazione di riorganizzazione aziendale, il quale succede alla società dante causa negli obblighi e nei diritti relativi all’IVA inerenti al complesso aziendale oggetto del trasferimento.

Di conseguenza, si riconosce il diritto alla Branch italiana della società istante di subentrare nello status di “esportatore abituale” della società Alfa S.r.l. e quindi nel plafond maturato dalla Società al 31 dicembre 2019, subordinatamente alla circostanza che tale plafond sia relativo al complesso aziendale dal quale è scaturito e per mezzo del quale viene esercitata, senza soluzione di continuità, l’attività da cui originano le operazioni non imponibili con l’estero (cessioni all’esportazione, cessioni intracomunitarie e operazioni assimilate).

Resta, in ogni caso, impregiudicato, ai sensi dell’art. 10- bis della Legge n. 212 del 2000, ogni potere di controllo dell’amministrazione finanziaria volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritte nell’istanza di interpello (costituzione di una società e successivo trasferimento all’estero della residenza fiscale dopo un breve lasso temporale con contestuale mantenimento in Italia degli elementi dell’attivo e del passivo che sono confluiti nella Branch), per effetto anche di eventuali altri atti, fatti o negozi ad esso collegati e non rappresentati, possa integrare un disegno abusivo censurabile.