Agenzia delle Entrate – Risposta n. 310 del 27 maggio 2022
Carried interest- conformità alla disposizione di legge – Articolo 60 decreto legge 24 aprile 2017 n. 50
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
La xxx (di seguito, “Società” o “Istante”) dal 2018 risulta sotto il controllo di un fondo d’investimento di private equity (di seguito “Fondo”) attraverso un veicolo societario.
In occasione dell’acquisizione dell’Istante da parte del Fondo, è stato ideato uno strumento incentivante, attribuito ai manager della Società (successivamente esteso anche ai manager del gruppo acquisito nel 2019).
L’acquisizione della Società da parte del Fondo rientra in una complessa un’operazione, iniziata in data 6 febbraio 2018, attraverso la quale è stato acquisito l’intero capitale sociale della holding (che controllava interamente la Società) che è stato ceduto ad una catena di veicoli societari facenti capo al Fondo e che, successivamente, sono stati fusi nell’Istante (attraverso un’operazione di merger leverage buy out).
Il prezzo per l’acquisto è stato finanziato in parte mediante il ricorso ad equity dal Fondo, in parte da un finanziamento bancario e, per Euro 525 mila, da alcuni manager della Società, che hanno ricevuto una partecipazione nel capitale sociale del 3,83 per cento.
Nel luglio 2019, l’Istante ha acquisito il controllo di una S.r.l. italiana e, indirettamente, delle sue partecipate estere, che poi nel 2022 ha incorporato.
Il prezzo per l’acquisto è stato finanziato in parte mediante un finanziamento soci concesso dalla Società istante e in parte da un finanziamento bancario (rimborsato dopo la fusione con la cassa esistente nella società acquisita). In particolare per il finanziamento soci, di importo complessivo pari Euro 3,8 milioni, la Società ha utilizzato, in parte, le risorse finanziarie provenienti da un’ulteriore linea di finanziamento bancario, di importo complessivo pari ad Euro 2,275 milioni e per la rimanente parte da un aumento di capitale, per un importo complessivo di Euro 1,525 milioni, interamente sottoscritto e versato per Euro 1.475 mila da uno dei manager dell’Istante e il resto da alcuni key manager della società acquisita, investendo ciascuno la somma di Euro 25.000.
Per effetto di tale aumento, il capitale sociale dell’Istante è così ripartito:
- il Veicolo del Fondo detiene una partecipazione azionaria pari all’86,55 per cento del capitale sociale in azioni di categoria A;
- i manager della Società detengono una partecipazione azionaria pari al 3,45 per cento del capitale sociale in azioni di categoria B e C;
- i key manager della società acquistata e uno dei manager della Società, una partecipazione azionaria pari al 10 per cento del capitale sociale, in azioni rispettivamente di categoria E e D.
In esito alle due operazioni che hanno interessato il gruppo, quindi, i manager, ricorrendo a risorse finanziarie proprie, hanno investito un importo complessivo di Euro 2.050.000, pari al 13,45 per cento di tutti i conferimenti effettuati.
L’estensione del piano di investimento key manager della società acquistata ha comportato l’emissione e l’assegnazione di nuove categorie di azioni a favore di questi, dotate di relativi diritti amministrativi (seppur minimi) e patrimoniali.
In generale, ai titolari delle categorie di azioni riservate ai manager, con esclusione quindi delle azioni detenute dal Fondo, è consentito soltanto il diritto di intervento nelle assemblee, senza diritto di voto. Non sono previsti altri diritti di natura amministrativa. Ad eccezione delle azioni attribuite al Fondo, tutte le altre categorie di azioni non possano essere oggetto di alcun trasferimento inter vivos sino alla prima tra la data di verifica di un “evento di liquidità” ed il quinto anniversario dalla rispettiva data di liberazione.
Tutte le azioni attribuiscono i medesimi diritti a partecipazione, pro quota e pari passu alla distribuzione di utili e riserve distribuite e/o del capitale sociale della Società.
Le categorie di azioni riservate ai manager, inoltre, attribuiscono ai titolari l’ulteriore diritto a percepire un importo pari alla quota di extra-rendimento, al verificarsi di un “evento di liquidità”, vale a dire in caso di liquidazione, ammissione delle azioni alla quotazione su un mercato regolamentato e, più in generale, di esecuzione di qualsiasi operazione avente ad oggetto il trasferimento delle azioni e per effetto della quale il socio titolare della maggioranza delle azioni cessi di detenere, direttamente o indirettamente, tale maggioranza ad esito della complessiva operazione.
Il riconoscimento della quota di extra-rendimento è subordinato alla circostanza che alla rispettiva data di liberazione delle azioni (6 febbraio 2018 con riferimento alle azioni di categoria A, B e C, 24 luglio 2019 con riferimento alle azioni di categoria D ed E) il titolare fosse legato all’Istante, o ad una delle società da esso controllate, da un rapporto di amministrazione e/o di lavoro subordinato e che al verificarsi dell’evento di liquidità il medesimo rapporto sia ancora in essere o sia cessato per il verificarsi di una fattispecie di good leaver. Nell’ipotesi in cui, invece, il rapporto di amministrazione e/o di lavoro subordinato sia cessato per il verificarsi di una fattispecie di intermediate leaver, il titolare avrà diritto a percepire la rispettiva quota di extra-rendimento in misura proporzionale alla durata del rapporto di amministrazione e/o di lavoro subordinato (calcolato a partire dalla rispettiva data di liberazione) rispetto al periodo intercorrente tra la data di liberazione della rispettiva categoria di azioni e la data di avveramento dell’evento di liquidità. Inoltre, sia in caso di good che di intermediate leaver (con la sola eccezione della cessazione dovuta a morte o alla sopravvenuta invalidità permanente o infermità) è previsto che la quota di extra-rendimento sarà ridotta di una certa percentuale (50 per cento, con riferimento ai titolari delle azioni di categoria B e D, e 30 per cento con riferimento ai titolari di azioni di categoria C ed E) in costanza di una situazione di underperformance.
Nessuna quota di extra-rendimento sarà dovuta qualora il rapporto di amministrazione e/o di lavoro subordinato sia cessato per il verificarsi di una fattispecie di bad leaver.
L’extra-rendimento è rappresentato da una percentuale della “plusvalenza” realizzata dal Fondo ed a valere sulla stessa, ponderata tramite diversi indicatori in relazione alle tipologie di azioni. Più precisamente, la “plusvalenza” indicata nello statuto della Società è la differenza tra l’insieme dei proventi realizzati dal Fondo (inclusi, dividendi, interessi su finanziamenti, saldo residuo di liquidazione in caso di liquidazione o il corrispettivo derivante da un eventuale trasferimento o l’importo incassato in caso di IPO) e tutti gli importi complessivamente versati nella Società dal Fondo.
Con un complesso sistema di calcolo, l’importo spettante ai manager, ripartito in parti uguali tra i titolari della medesima categoria, corrisponderebbe a:
- per i titolari di azioni di categoria B, un importo complessivamente pari al 59,20 per cento dell’extra-rendimento;
- per i titolari di azioni di categoria C, un importo complessivamente pari al 22 per cento dell’extra-rendimento;
- per i titolari di azioni di categoria D, un importo complessivamente pari al 10 per cento dell’extra-rendimento;
- per i titolari di azioni di categoria E, un importo complessivamente pari all’8 per cento dell’extra-rendimento.
Lo strumento incentivante, per come oggi concepito dallo statuto, sulla base delle previsioni sopra sintetizzate, prevede, quindi, che l’extra rendimento sia attinto interamente dal provento destinato al Fondo, comportando di conseguenza che i proventi netti di tutti i soci non siano proporzionali alle quote di partecipazione al capitale sociale e che l’hurdle rate del Fondo sia leggermente inferiore a quello degli altri soci/manager.
Atteso che fin dai primi mesi del 2020, il settore in cui opera la Società è stato pesantemente compromesso dall’emergenza sanitaria, l’Istante ha registrato una riduzione fatturato di circa il 60 per cento rispetto al 2019, una netta riduzione della marginalità e un sensibile aumento dell’indebitamento finanziario.
Il mutato contesto e le prospettive di crescita nel prossimo quinquennio, hanno indotto il Fondo a riconsiderare la strategia di incentivazione del management del gruppo ipotizzando di apportare alcune modifiche allo statuto della Società (al momento ancora in bozza), la cui concreta adozione sarà considerata solo dopo la risposta al presente interpello.
Il progetto di modifica prevede, principalmente, la possibilità di “attivare” lo strumento incentivante in corrispondenza di moltiplicatori dell’investimento più bassi rispetto a quelli attualmente previsti e di riconoscere degli extra-rendimenti, complessivamente più elevati a favore dei manager.
Nel medesimo contesto il Fondo intenderebbe altresì modificare la distribuzione delle quote di extra-rendimento tra le diverse categorie di azioni detenute dai manager, aumentando le quote di extra-rendimento per alcuni di essi (i titolari di azioni di categoria C, D ed E) e riducendo corrispondentemente le quote dei manager originari della Società ante riorganizzazione (i titolari di azioni di categoria B).
In esito a tali modifiche, le quote di extra-rendimento sarebbero così modificate:
- per i titolari di azioni di categoria B, un importo complessivamente pari al 39,61 per cento;
- per i titolari di azioni di categoria C, un importo complessivamente pari al 28,99 per cento;
- per i titolari di azioni di categoria D, un importo complessivamente pari al 19,81 per cento;
- per i titolari di azioni di categoria E, un importo complessivamente pari all’11,59 per cento dell’extra-rendimento.
In ultimo, si vorrebbe introdurre altresì la previsione secondo cui l’extra- rendimento complessivo attribuibile ai manager sia prioritariamente “attinto” dai proventi complessivi teoricamente spettanti a tutti gli investitori e non più, come previsto attualmente dal piano, dal solo provento riconducibile al Fondo. Tale modifica consentirebbe a tutti i soci (Fondo e manager), diversamente da ora, di ottenere un uguale rendimento dell’investimento o hurdle rate, al netto della “retrocessione” ai manager della quota di extra rendimento.
L’Istante ha evidenziato altresì che il piano di incentivazione, eventualmente modificato, esplicherebbe i suoi effetti anche nei confronti dei manager che nel frattempo hanno interrotto, per varie ragioni, il rapporto di lavoro con il Gruppo (per pensionamento, per risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e per dimissioni senza giusta causa).
Le clausole di leavership previste dallo statuto vigente verrebbero mantenute anche nell’ipotesi di modifica del piano.
Ciò premesso, la Società chiede se il piano di incentivazione adottato, con le modifiche rappresentate, soddisfi i requisiti di cui all’articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 e conseguentemente, se gli extra-rendimenti eventualmente derivanti dalle azioni di categoria B, C, D ed E siano qualificabili, ope legis, come redditi di natura finanziaria ovvero, in mancanza di uno o più dei requisiti richiesti per la presunzione legale, chiede se dal piano di incentivazione risultante a seguito delle proposte modifiche si evincano comunque elementi idonei a garantire la qualificazione finanziaria degli extra-rendimenti.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’Istante ritiene che la disciplina prevista dall’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017 e la connessa verifica dei requisiti previsti relativi al nuovo piano di incentivazione descritto, possa trovare applicazione.
In particolare, con riferimento al requisito di cui alla lettera a) del comma 1 del citato articolo 60, già in occasione della prima acquisizione, la soglia dell’1 per cento richiesta dalla norma in commento risultava integrata abbondantemente. Tale soglia è rimasta rispettata anche in occasione dell’estensione del piano ai manager del secondo gruppo acquisito in occasione della quale, ai fini della determinazione della percentuale di co-investimento dei manager, hanno ritenuto di valutare i due compendi aziendali, oggetto di integrazione, prendendo come riferimento i conferimenti necessari a perfezionare le due acquisizioni.
Quand’anche alla proposta di modifica del piano si attribuisse la funzione di implementare di fatto un nuovo piano, con conseguente onere di verificare nuovamente il requisito dell’investimento minimo, la soglia dell’1 per cento rimarrebbe anche in tal caso rispettata.
Qualora fosse ritenuto necessario, ai fini della valutazione dell’investimento minimo, la Società sarebbe disposta ad incaricare un esperto indipendente al fine di determinare il valore economico della Società ad una data non anteriore di 30 giorni rispetto alla data in cui la modifica al piano sarà perfezionata.
Con riferimento al requisito del rendimento minimo di cui alla successiva lettera
b) del comma 1 del medesimo articolo 60, nel caso di cambio di controllo, tale condizione prevede che i soci ordinari abbiano realizzato un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito ed un rendimento minimo predeterminato.
In sostanza, prima ancora che per i manager beneficiari del piano di investimento possano maturare l’extra rendimento, tutti i soci finanziari (inclusi i manager, in qualità di investitori) devono aver ricevuto sia il rimborso del capitale investito che un rendimento minimo.
Con il nuovo piano, inoltre, si intende introdurre una previsione secondo cui l’extra rendimento attribuibile ai manager sia a valere sui proventi complessivi, teoricamente spettanti a tutti gli investitori (e non più, come previsto attualmente dal piano, dal solo provento riconducibile al Fondo). Tale modifica consentirebbe a tutti i soci (Fondo e manager), diversamente da ora, di ottenere un uguale rendimento dell’investimento (hurdle rate), al netto della retrocessione ai manager della quota di extra-rendimento, con un perfetto allineamento degli interessi di tutti i soci della società.
Circa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 della norma in esame, cioè il periodo minimo di detenzione dell’investimento si evidenzia come sia previsto un periodo minimo di detenzione quinquennale. Prima di tale periodo, l’evento al verificarsi del quale verrà eventualmente corrisposto il carried interest ai manager è rappresentato dal cambio di controllo.
Di conseguenza, se il predetto evento dovesse verificarsi prima del decorso dei cinque anni previsti dalla norma, la condizione sarebbe in ogni caso integrata, a patto che il possesso degli strumenti sia mantenuto fino a detto momento.
Al riguardo, l’Istante ha dichiarato che attualmente nessun contatto e tanto meno, nessuna manifestazione di interesse, ha ad oggi ricevuto il Fondo per la cessione del controllo della Società a terzi investitori.
Nella denegata ipotesi in cui non si condividesse la soluzione prospettata, la Società ritiene che all’extra rendimento attribuibile ai manager vada, in ogni caso, riconosciuta la natura di redditi di capitale o diversi.
In particolare, l’Istante ha rappresentato quali elementi a favore di tale qualificazione:
- il consistente investimento dei manager (oltre 2 milioni di euro);
- l’esposizione dei manager, come per il Fondo, al rischio di perdita del capitale investito;
- l’adeguata remunerazione che i manager ricevono per la propria attività lavorativa, in linea con gli standard di mercato, integrata anche, quando possibile, da una componente di natura variabile dipendente da predeterminati obiettivi di risultato;
- l’assenza di un meccanismo di riscatto obbligatorio delle azioni portatrici di diritti patrimoniali rafforzati da parte della Società o del Fondo in tutte le ipotesi diverse dal bad leaver (dove il ricatto è in ogni caso effettuato a valori di mercato).
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’articolo 60, comma 1, decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 prevede che i « proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio, percepiti da dipendenti ed amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati», si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, «in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi».
La presunzione in questione, operante ope legis, è applicabile in presenza delle condizioni individuate dal medesimo articolo, comma 1, lettere a), b) e c), ovvero:
«a) l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori di cui al presente comma, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1 per cento dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti;
- i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno i suindicati diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’organismo di investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo;
- le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori di cui al presente comma, e, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione».
Come chiarito dalla relazione illustrativa al citato decreto legge n. 50 del 2017, la sussistenza dei richiamati requisiti è garanzia di un allineamento fra i manager e gli altri investitori in termini di interesse alla remunerazione dell’investimento e di rischio di perdita del capitale investito, ciò che costituisce la ratio dell’assimilazione dei proventi in argomento ai redditi di natura finanziaria.
Al ricorrere delle condizioni di cui alle lettere a), b), c), quindi, al provento percepito dal manager o dal dipendente è attribuita ex lege natura finanziaria a prescindere da qualsiasi legame con l’attività lavorativa prestata presso la società, ente o OICR partecipati.
Come illustrato con la circolare 16 ottobre 2017, n. 25/E, la carenza di uno o più dei presupposti stabiliti dalla norma in esame non determina l’automatica qualificazione dei proventi come redditi collegati alla prestazione lavorativa, ma richiede lo svolgimento di un’analisi volta a verificare, caso per caso, l’idoneità dell’investimento a determinare quell’allineamento citato che consente di attribuire alle somme in argomento natura finanziaria.
A tale proposito, il documento di prassi citato ha chiarito che l’eventuale detenzione di strumenti finanziari aventi le medesime caratteristiche da parte degli altri soci (al pari del management), nonché la presenza di una adeguata remunerazione per l’attività lavorativa svolta da parte del manager possono fungere da indicatori della natura finanziaria del reddito in questione; inoltre, un ulteriore criterio di valutazione è individuabile nell’idoneità dell’investimento, anche in termini di ammontare, quale garanzia dell’allineamento di interessi tra investitori e management e della conseguente esposizione di quest’ultimo al rischio di perdita del capitale investito.
Riguardo alle clausole di good o bad leavership, in linea generale la loro presenza costituisce un indicatore utile a collegare il provento all’impegno profuso dal manager nell’attività lavorativa e quindi alla produzione di reddito da lavoro, non potendosi tuttavia escludere che la ricorrenza di altri elementi, quali ad esempio l’esposizione ad un effettivo rischio di perdita del capitale investito, possano far propendere per la natura finanziaria del provento.
Nel caso di specie, secondo quanto rappresentato, risulterebbe verificata la ricorrenza del requisito dell’impegno minimo d’investimento da parte della totalità dei manager che, in fase di sottoscrizione iniziale non sarebbe inferiore alla soglia dell’1 per cento.
Tuttavia, con particolare riferimento all’ammontare dell’investimento minimo di cui alla lettera a), nella citata circolare n. 25/E del 2017 è stato chiarito che nel caso di investimento in società, a differenza dell’ipotesi di carried interest che coinvolgono fondi di investimento, il raggiungimento della soglia minima non è un requisito statico (per i fondi vale la chiusura delle sottoscrizioni) ma dinamico, dovendosi guardare sia al momento nel quale il piano di incentivazione è implementato, sia a momenti successivi – quali aumenti di capitale o acquisto di partecipazioni societarie da parte di altri soggetti diversi dai manager – al fine di “misurare” l’adeguatezza dell’investimento minimo. In conseguenza di questi eventi potrebbe, quindi, verificarsi la necessità per gli aderenti al piano di dover adeguare il loro investimento ai fini del rispetto della soglia minima dell’1 per cento al nuovo valore economico del patrimonio netto.
Al riguardo, l’Istante ha evidenziato la possibilità di apportare sensibili modifiche al progetto di co-investimento attuale che comporterebbero, principalmente, la possibilità di “attivare” lo strumento incentivante in corrispondenza di moltiplicatori più bassi rispetto a quelli oggi previsti e il riconoscimento di extra-rendimenti, complessivamente considerati, più elevati a favore dei manager ed allocati in maniera differente tra essi rispetto alle attuali previsioni. Rilevano altresì le previsioni secondo cui l’extra-rendimento complessivo attribuibile ai manager “gravi” economicamente sui proventi complessivi teoricamente spettanti a tutti gli investitori del gruppo (Fondo e manager) e che il piano, eventualmente modificato, esplicherebbe i suoi effetti anche nei confronti dei manager che nel frattempo hanno interrotto, per varie ragioni, il rapporto di lavoro.
Tali circostanze rappresentano una sensibile modifica al piano originario e necessitano di operare una nuova verifica in ordine alla corrispondenza del piano modificato alle previsioni di legge.
Nel presupposto che, come prospettato dall’Istante, la valutazione di un esperto indipendente, ad una data non anteriore di 30 giorni rispetto alla data in cui la modifica al piano sarà perfezionata, confermi che l’investimento dei manager raggiunga il limite dell’1 per cento del patrimonio netto della Società, si ritiene che il requisito di cui alla lettera a) possa considerarsi soddisfatto.
Per quanto concerne il requisito dell’hurdle rate, facendo riferimento alla esemplificazione riportata nell’istanza del contribuente, tutti i soci (Fondo e manager) dopo la restituzione del capitale investito avrebbero garantito un hurdle rate pari allo 0,89x. Solo qualora sia raggiunto tale rendimento dell’investimento è riconosciuta ai manager la quota di extra-rendimento statutariamente prevista. I livelli di rendimento indicati tengono conto della sensibile contrazione (a causa dell’emergenza sanitaria) del mercato nel quale opera la Società, che ha comportato riduzione fatturato di circa il 60 per cento rispetto al 2019, riduzione della marginalità e un sensibile aumento dell’indebitamento finanziario. Purtuttavia, nella riparametrazione degli obiettivi è stato in ogni caso garantito all’investitore finanziario (Fondo) un rendimento minimo attraverso l’individuazione di un moltiplicatore dell’investimento al di sotto del quale non è riconosciuto alcun extra-rendimento. Di conseguenza si ritiene che tali previsioni possano soddisfare il requisito di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 60 in esame.
Per quanto concerne infine il requisito dell’holding period previsto dalla successiva lettera c), sebbene sia previsto un obbligo di lock up quinquennale, l’evento al verificarsi del quale verrà eventualmente corrisposto il carried interest ai manager è rappresentato dal cambio di controllo, di conseguenza, se il predetto evento dovesse verificarsi prima del decorso dei cinque anni previsti dalla norma, la condizione sarebbe in ogni caso integrata.
Quanto sopra illustrato e documentato dall’Istante, porta la Scrivente a ritenere che gli elementi rilevati nel caso di specie appaiono idonei a ricondurre i proventi derivanti dalla sottoscrizione azioni di categoria B, C D ed E sottoscritti dai manager alla presunzione legale di cui all’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e delle qualificazioni effettate dal contribuente, assunte acriticamente così come illustrate nell’istanza di interpello in quanto non oggetto di valutazione in questa sede e nel presupposto della loro veridicità, correttezza ed effettiva realizzazione nei termini indicati.
Resta impregiudicato, ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritto in interpello, per effetto di eventuali altri atti, fatti o negozi ad esso collegati e non rappresentati dall’istante, possa condurre ad una diversa valutazione delle fattispecie oggetto di chiarimento.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Carried interest - Articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 - Risposta n. 311 del 27 maggio 2022 dell'Agenzia delle Entrate
- Carried interest - Articolo 60, decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 - Risposta n. 281 del 19 maggio 2022 dell'Agenzia delle Entrate
- Carried interest - Articolo 60 decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 - Risposta n. 295 del 25 maggio 2022 dell'Agenzia delle Entrate
- Strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati (Carried interest) e PIR Alternativi - Investimento indiretto - Articolo 13-bis, comma 2-bis, decreto-legge 26/10/2019, n. 124 e articolo 60 decreto-legge 24/04/2017 - Risposta n. 383 del…
- Trattamento fiscale dei proventi derivanti da strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati (carried interest). Articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017,n. 50 - Risposta 24 settembre 2020, n. 407 dell'Agenzia delle Entrate
- Trattamento fiscale dei proventi derivanti da strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati (carried interest). Articolo 60 del decreto legge 24 aprile 2017,n. 50 - Risposta 01 dicembre 2020, n. 565 dell'Agenzia delle Entrate
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…