Corte di Cassazione sentenza n. 12998 del 24 luglio 2012
LAVORO (RAPPORTO DI) – VOLONTARIATO – RETRIBUZIONE – RIMBORSO SPESE
massima
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Il volontario avrà diritto, essendo l’attività prestata a titolo gratuito, al rimborso delle spese. L’attività di volontariato, ispirata a motivazioni ideali é, per sua natura, essenzialmente gratuita, onde non appare iniqua la mancata previsione contrattuale di un corrispettivo per la relativa prestazione utilmente eseguita. Tuttavia (fermo restando per ogni soggetto il libero potere dispositivo del proprio patrimonio) la gratuità della prestazione esclude soltanto il lucro ma non comporta “ex se” che il volontario debba anche accollarsi le spese per la sua esecuzione (Cass. civ., Sez. lavoro, 06/05/2010, n. 10974); tuttavia il rimborso spese, in quanto tale, ed in quanto collegato ad una prestazione gratuita, deve coprire costi reali.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
È stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:
1.- Il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, in riforma della sentenza emessa in primo grado dal Giudice di pace, ha condannato l’Associazione di volontariato (OMISSIS) a pagare a (OMISSIS) e a (OMISSIS) la somma di euro 1.294,00 per ciascuno, in rimborso delle spese concordate a compenso dell’attività da essi svolta in favore dell’Associazione, fra il (OMISSIS).
Il Giudice di pace aveva respinto le domande sul rilievo che gli attori non erano stati in grado di dimostrare né il numero di turni di servizio svolti in favore dell’Associazione, nel periodo considerato, né l’entità delle spese sostenute. L’attività di volontariato doveva essere infatti prestata gratuitamente, salvo il diritto al rimborso delle spese.
Il Tribunale ha riformato la decisione sul rilievo che l’entità delle spese sostenute non richiedeva specifica dimostrazione, poiché in base all’art. 5 dello Statuto dell’Associazione il rimborso era determinato forfettariamente in euro 20,00 per ogni turno di servizio; che il numero dei turni non era fisso per ciascun volontario, ma variava di mese in mese, oscillando fra un minimo di uno ed un massimo di ventuno turni mensili; che l’Associazione non ha specificamente contestato né la sussistenza del rapporto di collaborazione, né la sua durata – protrattasi per (OMISSIS) dal dicembre 2001 a tutto il 2002, e per (OMISSIS) dal marzo 2002 al 2003 – né il numero dei turni da essi effettuati, esposti in atto di citazione in una media di quattro alla settimana.
Ha tratto argomento per l’accoglimento delle domande sia dalla mancata contestazione specifica di cui sopra, sia dall’ingiustificato rifiuto di (OMISSIS) di dare esecuzione all’ordine del Gdp di esibire i registri di presenza dei volontari, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., da cui si sarebbe potuto desumere il numero preciso dei turni effettuati dai due volontari.
(OMISSIS) propone due motivi di ricorso per cassazione.
Resistono gli intimati con controricorso.
2.- Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’articolo 2697 c.c. e art. 167 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, sul rilievo che il giudice di appello ha disatteso il principio per cui l’onere della prova dei fatti costitutivi della domanda è a carico dell’attore, e che pertanto gli attori avrebbero dovuto dimostrare di avere reso le prestazioni di cui hanno chiesto il pagamento, quindi il numero dei turni resi; che la mancata contestazione può costituire prova solo se manifesti l’ammissione della veridicità dei fatti esposti, presupposto che nella specie non ricorre; che il Tribunale ha omesso di tenere conto che le ricevute prodotte in giudizio dimostrano che le prestazioni rese dagli attori sono state pagate; che quindi sarebbe stato onere degli stessi attori dimostrare di avere prestato un numero di turni superiore.
3.- Con il secondo motivo denunciano violazione degli artt. 210 e 116 c.p.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, nel capo in cui il giudice di appello ha attribuito rilevanza probatoria decisiva alla mancata esibizione in giudizio dei registri di presenza dei volontari.
Assumono che il GdP non ha impartito un tale ordine, bensì quello di esibire i registri relativi al rimborso spese (OMISSIS), cioè la contabilità richiesta per ottenere dal Comune di (OMISSIS) i rimborsi economici che questo effettuava periodicamente in favore dell’Associazione; documentazione che è stata effettivamente esibita.
4.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi, sono inammissibili sotto più di un aspetto.
In primo luogo perché – pur prospettando violazioni di legge – i ricorrenti mettono in questione esclusivamente la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove ad opera del giudice di appello, cioè materia riservata alla discrezionalità del giudice di merito e non suscettibile di riesame in sede di legittimità se non sotto il profilo dei vizi di motivazione.
Il giudice di appello ha valutato l’omessa contestazione nel complessivo quadro delle risultanze probatorie ed in relazione ad esse l’ha ritenuta significativa.
Per quanto poi concerne gli asseriti vizi di motivazione, (OMISSIS) denuncia contemporaneamente omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, con insanabile contrasto logico, non potendo il primo di tali vizi coesistere con gli altri in quanto, come si desume dalla formulazione alternativa e non congiuntiva delle ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, una motivazione mancante non può essere insufficiente o contraddittoria: l’insufficienza e la contraddittorietà presuppongono che una motivazione, della quale appunto ci si duole, risulti comunque formulata (Cass. civ. Sez. 2, 26 gennaio 2004 n. 1317; Cass. civ. Sez. 3, 14 giugno 2007 n. 13954; Cass. civ. Sez. 1,1 aprile 2011 n. 7575).
Le censure sono quindi inammissibili per illogicità intrinseca e per difetto di specificità.
Nè i richiamati vizi risultano obiettivamente fondati. Non sussiste la denunciata contraddittorietà fra l’avere il Tribunale preso atto delle ricevute di pagamento, prodotte in giudizio dagli attori, e l’avere ciò nonostante emesso condanna al pagamento medesimo, poiché la motivazione specifica che i documenti si riferiscono solo ad alcuni mesi, quindi valgono a dimostrare l’esistenza del rapporto, ma non esauriscono la prova dei pagamenti.
Logica e convincente è poi la rilevanza attribuita dal Tribunale al comportamento della convenuta, ed in particolare alla mancata produzione in giudizio della documentazione in suo possesso, da cui si sarebbe potuto desumere l’effettivo numero dei turni prestati dai due volontari – e così anche facilmente dimostrare l’asserita infondatezza delle loro pretese – considerato che il rimborso spese da parte del Comune necessariamente richiedeva che dette spese fossero specificate e documentate, con l’indicazione degli importi rimborsati ai volontari dagli attori; sicché l’ordine del giudice ben avrebbe potuto essere eseguito, cooperando in buona fede all’accertamento dei fatti.
La dichiarazione della ricorrente di avere prodotto la documentazione richiesta risulta inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non avendo essa dichiarato di avere prodotto in questa sede i suddetti documenti, né specificato come siano contrassegnati e dove e come siano reperibili fra gli altri atti e documenti di causa, come prescritto a pena di inammissibilità dalla citata norma, in relazione ai documenti sui quali il ricorso si fonda (Cass. Civ. Sez. 3, 12 dicembre 2008 n. 29279; Cass. civ. S.U. 25 marzo 2010 n. 7161; Cass. civ. Sez. Lav., 7 febbraio 2011 n. 2966, fra le tante).
5.- Propongo che il ricorso sia respinto, con provvedimento in camera di consiglio”.
– La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.
– Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO:
Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti prospettati dal relatore.
Il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in euro 900,00, di cui euro 200,00 per esborsi ed euro 700,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge
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