Corte di Cassazione sentenza n. 1629 del 23 gennaio 2013
LIQUIDAZIONE DELLE PRESTAZIONI TEMPORANEE IN AGRICOLTURA – SALARIO MEDIO CONVENZIONALE – NOZIONE DI RETRIBUZIONE – TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO – ACCORDI COLLETTIVI
massima
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Ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. 146/1997, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto. Ne consegue che la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti, a partire da quello del 27 novembre 1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui all’art. 3 del D.L. 14 giugno 1996, n. 318, convertito in L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma della quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Non è, pertanto, ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva, dovendosi escludere che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato la proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., dal seguente tenore:
“1.- Con ricorso al Tribunale di Bari R.V., operaio agricolo a tempo determinato, conveniva in giudizio l’INPS chiedendo che venisse accertato il proprio diritto alla liquidazione d’un maggior importo di trattamento di disoccupazione agricola che includesse, nella relativa base imponibile, anche la voce denominata quota di TFR. Il Tribunale adito rigettava la domanda. La Corte d’appello di Bari, con pronuncia del 25 marzo 2010, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda del lavoratore.
2.- Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale ricorre l’INPS, affidandosi ad un unico motivo. Il R. non svolge attività difensiva.
3.- Con l’unico motivo di ricorso l’INPS lamenta violazione degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 10 luglio 2002 in relazione al D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 4, lett. a), nonché in relazione all’art. 1362 c.c., e segg., all’art. 2120 c.c. e alla L. n. 297 del 1982, art. 4, commi 10 e 11, censurando la sentenza per avere incluso, nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola, anche la voce denominata quota di TFR, voce che – contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale ha natura di retribuzione differita.
4. Il ricorso è manifestamente fondato, alla stregua della ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (vedi, da ultimo, Cass. 28 maggio 2012, n. 8510, nonchè Cass. 20 maggio 2011, n. 11152 e numerose altre conformi alla precedente sentenza 9 maggio 2007, n. 10546), secondo cui, ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione, definita dalla contrattazione collettiva, da porre a confronto con il salario medio convenzionale, del D.Lgs. n. 146 del 1997, ex art. 4, non comprende il trattamento di fine rapporto.
4.1. – Tale principio merita di essere ribadito anche in questa sede.
La voce denominata quota di TFR dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27 novembre 1991, va esclusa dal computo dell’indennità di disoccupazione, in ragione della volontà espressa dalle parti stipulanti, volontà che è vietato disattendere ai sensi del D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3, convertito con modificazioni dalla L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi.
4.2.- La summenzionata giurisprudenza di legittimità ha, poi, trovato esplicito avallo nel D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, contenente all’art. 18, comma 18, una norma di interpretazione autentica del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4, in forza del quale detta previsione normativa si interpreta nel senso che la retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva della voce relativa al trattamento di fine rapporto, comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.
che, quindi, il relatore ha proposto la trattazione dei ricorsi riuniti in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380- bis e 375 c.p.c., per esservi dichiarato fondato, per quanto detto in precedenza.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380 bis c.p.c.;
che, pertanto, il ricorso deve essere accolto perché fondato e la sentenza impugnata va cassata;
che non essendovi necessità di ulteriori accertamenti all’esito del principio affermato esplicitamente avallato dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda di cui al ricorso introduttivo di inclusione della quota TFR nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione agricola;
che sia il recente consolidarsi dell’indirizzo giurisprudenziale cui si è fatto riferimento sia l’intervento legislativo da ultimo ricordato, portano a compensare tra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo di inclusione della “quota TFR” nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione agricola. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
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