CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 luglio 2013, n. 16687
Tributi – Accertamento – Induttivo – Sul numero dei tape dei prodotti – Legittimità
Svolgimento del processo
La CTP di Milano ha accolto il ricorso proposto dalla F. SpA avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate di Rho, a seguito di p.v.c., aveva contestato, ai fini IRPEG, IRAP, IVA: 1) l’indebita deduzioni di costì per euro 91.152,84, ritenuti non inerenti in quanto relativi a spese per migliorie di un immobile non di proprietà della contribuente ma dalla stessa detenuto a titolo di locazione; 2) l’omessa annotazione di ricavi per euro 1.659.577,37, ricostruiti induttivamente sulla base dei contenuto di alcune materie prime; 3) l’indebita deduzione di spese di manutenzione per euro 496.193,87, ritenute eccedenti il plafond del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili (art 67, comma 7, TUIR).
Con sentenza 102/41/06 del 16-11/1-3-2007 la CTR di Milano, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto dall’Agenzia, confermava l’annullamento dell’avviso in ordine al primo rilievo e determinava in euro 14.681,25 i maggiori ricavi di cut al secondo rilievo ed in euro 295.453,23 i costi di manutenzione indeducibili di cui al terzo rilievo.
In motivazione la CTR:
1) in ordine al primo rilievo, riteneva condivisibile quanto osservato dalla CTP, e quindi confermava la deducibilità, ex art. 75, comma 5, TUIR, dei costì concernenti spese per migliorie di un immobile non in proprietà ma solo condotto in locazione dalla società; ciò in quanto “il contratto di affitto dell’immobile strumentale non prevedeva alcun indennizzo o rivalsa nei confronti della locataria”; al riguardo soggiungeva che la circostanza che nell’esercizio successivo detti costi erano stati addebitati alla locataria dimostrava che le tesi dell’Ufficio erano abbastanza attendibili, ma che comunque, “anche per evitare di sottoporre l medesimi importi a doppia tassazione”, si poteva condividere la decisione adottata in prima istanza;
2) in ordine al secondo rilievo, precisava, innanzitutto, che l’accertamento dei maggiori ricavi derivava dal controllo indiretto della produzione effettuato dal verificatori sulla scorta di dati forniti dalla stessa società relativi alle quantità di materie prime utilizzate ed al prezzi di vendita; affermava, quindi, che la società, sin dal primo grado, dopo avere contestato i conteggi dei verificatori (in base ai quali, a secondo delle materie prime -cellulosa, superassorbente, tape e frontal tape- utilizzate come riferimento, si era pervenuto ad un numero complessivo diverso di pannolini prodotti), aveva evidenziato che i pannolini comunque venduti (confezionati, impacchettati o sfusi) necessitavano sempre di un elemento adesivo (cd. “tape”) che ne garantisse la chiusura, sicché, proprio in base alla quantità di tape utilizzati, poteva ritenersi che fossero stati prodotti solo 148.472.234 pannolini (e non 161.500.000, per come assunto dai verificatori); di conseguenza, poteva affermarsi che i maggiori ricavi accertabili ammontassero a lire 28.426.785 (euro 14.681.25); ciò posto, rilevava, la CTR che attese le incongruenze accertate in sede di determinazione delle quantità di sacchetti e la conseguente inattendibilità delle registrazioni contabili, il controllo indiretto operato dai verificatori non poteva essere disatteso “sic et simpliciter”, e concludeva che, pur essendo facilmente opponibile che i consumi rilevati di “tape” non potevano attestare con assoluta certezza la effettiva produzione (“non potendosi escludere l’omessa contabilizzazione di qualche fattura di acquisto di detti “tape” o di acquisti senza fattura, atteso anche il modestissimo valore economico”), comunque, non avendo l’Ufficio fornito altri elementi probatori, appariva “quantomeno assoggettabile a tassazione, a titolo di maggiori ricavi, l’importo di lire 24.426.765 co determinato dalla Società stessa”;
3) in ordine al terzo rilievo, riteneva che correttamente l’Ufficio aveva riclassificato come “spese di manutenzione” alcuni costi e spese; in particolare dovevano infatti considerarsi spese di manutenzione (e quindi incluse nel plafond) sia l’importo di Euro 90.400.000, addebitato al conto “consulenze tecniche” quando invece le relative fatture specificavano trattarsi di addebiti per manutenzione ordinaria, sìa l’importo di lire 486.659.795, relativo al costo del personale dipendente impiegato per eseguire le manutenzioni dei macchinari ed impianti e per la gestione del magazzino ricambi, e pertanto di diretta imputazione alle manutenzioni interne; nello specifico: a) in ordine all’Importo di lire 90.400.000 la società aveva dedotto ma non provato (pur avendone il relativo onere) che lo stesso era relativo a consulenze o comunque a compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni; al contrario, dalla documentazione agli atti risultava che si trattava di compensi pagati a due fornitori privi di dette caratteristiche; b) in ordine all’importo di lire 486.659.795 per costo del personale, la stessa società aveva dichiarato che non si trattava di personale addetto alle lavorazioni ma di personale addetto alle manutenzioni interne; evidenziava, tuttavia, la CTR che risultavano depositate fatture per spese di manutenzione su beni in leasing per l’importo di lire 388,045.098, sicché tale importo poteva essere dedotto dal recupero operato a titolo di spese di manutenzione eccedenti il plafond deducibile, e pertanto l’operato recupero poteva ridursi a lire 572.720.212 (lire 960.756.310 meno lire 388.045.098), pari ad euro 295.453,23.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione in via principale la società, affidato a tre motivi; in via incidentale l’Agenzia, affidato a tre motivi; entrambe le parti controdeducevano con controricorso; l’Agenzia delle Entrate presentava anche memoria ex art. 378 cpc.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso principale la società, deducendo -ex art. 360, comma 1 n. 5- omessa, insufficiente e contradditoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, riteneva la decisione impugnata manifestamente contradditoria In quanto, da un lato, affermava in generale l’inattendibilità del procedimento induttivo di ricostruzione dei ricavi seguito dall’Ufficio, e, dall’altro, utilizzando una delle argomentazioni formulate dalla società per dimostrare la scarsa attendibilità del detto procedimento (e quindi utilizzando lo stesso criterio, in precedenza dichiarato inattendibile), rideterminava quantitativamente la pretesa erariale sub 2)
Siffatto motivo, ammissibile in quanto in sintesi riassunto al termine dell’esposizione, è infondato.
Non sussiste, invero, il lamentato vizio di motivazione, atteso che la CTR ha, del tutto correttamente e logicamente, dapprima escluso l’attendibilità delle scritture contabili (in considerazione delle “incongruenze accertate In sede di determinazione delle quantità dei sacchetti”) e quindi affermato la legittimità del controllo indiretto operato dall’Ufficio sulla scorta del dati forniti dalla società stessa; nell’esaminare, poi, nel merito, l’affidabilità del criterio induttivo utilizzato dall’Ufficio, ha ritenuto “sbrigativa e superficiale” la decisione adottata dalla CTP (che aveva in toto annullato la ripresa fiscale in questione, in quanto il criterio utilizzato non teneva conto dell’unica componente indicativa, e cioè del “tape” di chiusura dei pannolini), precisando che il detto criterio non poteva essere disatteso “sic et slmpliciter” ma che lo stesso doveva considerarsi valido quanto meno al fine di determinare il numero di pannolini venduti (ed il conseguente ricavo) in base ai riscontrati “tape” di chiusura; siffatto procedimento logico non appare per nulla contradditorio, atteso che con lo stesso, in altre parole, si ritiene il criterio adottato dall’Ufficio inattendibile per giungere al risultato indicato dall’Ufficio nell’avviso di accertamento ed invece pienamente attendibile per giungere ad una conclusione più ridotta (numero di pannolini venduti collegati al numero di “tape” riscontrati) e sulla quale concorda sostanzialmente la stessa società; quest’ultima, invero, nella sua difesa (v. in particolare, ricorso per Cassazione), nel mentre evidenzia la scarsa attendibilità del procedimento di ricostruzione sommaria adottato dall’Ufficio (in quanto conduce a risultati diversi a secondo della materia prima -sacchetti di confezionamento o cellulosa o superassorbente- presa In considerazione), non contesta, ed anzi riconosce, un valore tndiziante al “tape” di chiusura; irrilevante, appare, invece, al proposito l’evidenziata esiguità del maggior ricavo, non vedendosi alcun motivo per disconoscere siffatto maggior ricavo (sia pur “esiguo”) dopo averne accertato la sussistenza.
Con il secondo motivo di ricorso la società, deducendo -ex art. 360, comma 1, n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d) dpr 600/73, dell’art. 54, comma 2, dpr 633/72 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., lamentava che la CTR, pur ribadendo l’esistenza di gravi incongruenze nel procedimento induttivo seguito dall’Ufficio, non aveva poi affermato la completa inattendibilità delle presunzioni assunte dall’Ufficio, ed aveva quindi rideterminato in euro 14.681,21 l’ammontare del maggiori ricavi non dichiarati, evidenziando che il contribuente non aveva fornito la specifica prova del non conseguimento di maggiori ricavi in tale misura; in tal modo la CTR aveva violato le su riferite norme sulla ripartizione dell’onere della prova e sui requisiti di rilevanza della prova presuntiva.
Anche detta censura è infondata.
Per costante e condiviso principio di questa Corte, invero, in tema di accertamento delle Imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico -induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile; in tali casi è, pertanto, consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti -, maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (v. da ultimo, Cass. 7871/2012; 20857/07; 2501/2006; 6337/2002).
Nel caso di specie, la CTR ha fatto corretta applicazione di siffatto principio, in quanto ha dapprima (come detto) escluso (sulla base delle incongruenze accertate) l’attendibilità delle registrazioni contabili, ed ha poi desunto, sulla base di prova presuntiva (grave, precisa e concordante) fornita dall’Ufficio, i maggiori costi come sopra precisati; contrariamente a quanto sostenuto dalla società, non può dubitarsi che la prova presuntiva abbia, nell’Ipotesi in questione, i detti caratteri (gravita, precisione e concordanza), atteso che da un fatto noto e pacifico (Il numero dei “tape”) la CTR è giunta al fatto da provare (il numero dei pannolini prodotti ed il conseguente ricavo dalla vendita degli stessi) attraverso un ragionamento strettamente logico (e cioè che per ogni pannolino è necessario un “tape”), tale da far ritenere il fatto da provare quello più attendibile e probabile.
Il terzo motivo, con il quale l’Agenzia deduceva -ex art. 360 n. 5 cpc- difetto di motivazione, è inammissibile per violazione dell’art 366 bis c.p.c. (applicabile perché la sentenza impugnata è stata depositata in data 1°-3-2007, quindi nel vigore del detto articolo. Introdotto con il D. Lg.vo n. 40 del 2006 ed abrogato, ma solo dal 4 luglio 2009, con l’art. 47, primo comma, lett. d) della legge n. 69 del 2009).
La complessiva doglianza è, infatti, materialmente priva del “momento di sintesi”, richiesto in tutte le ipotest di vizio sussumibile nel n. 5 dell’art. 360 c.p.c.; ed invero, per costante e condiviso principio di questa Corte, nel caso previsto dall’articolo 360, primo comma, n. 5, “l’illustrazione di ciascun motivo del ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, sia la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, sia le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, sia un momento dì sintesi (omologo del quesito di diritto”), e cioè un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo e che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; ciò anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la “ratio” che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflative del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione dì comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito.
Con il primo ed il secondo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia, deducendo ex art. 360 n. 5 c.p.c. insufficiente (punto 3) e contradditoria (punto 4) motivazione, rilevava che la CTR aveva confermato l’annullamento della prima ripresa (e quindi la deducibllità, ex art. 75, comma 5, TUIR, dei costi concernenti spese per migliorie di un immobile non in proprietà ma solo condotto in locazione dalla società) senza in alcun modo esaminare le tesi erariali esposte al riguardo, e comunque contraddittoriamente affermando, da una parte, l’attendibilità delle tesi dell’Ufficio, e, dall’altra, al contrario, il superamento di tali tesi (e la condivisione della decisione adottata in prima istanza) “anche per evitare di sottoporre i medesimi importi a doppia tassazione”.
Siffatti motivi sono fondati.
Ed invero, a fronte delle esplicite argomentazioni dell’Ufficio, secondo cui:
– nel silenzio del contratto di affitto le spese sostenute su di un bene di terzi dovevano presumersi non inerenti ex art 75 TUIR;
– la società nel bilancio 2012 aveva stornato la quasi totalità degli importi contabilizzati nel conto “migliorie beni di terzi in locazione” relativi agli anni dal 1997 al 2000, con un giroconto al conto “fatture da emettere a F.” per un importo di lire 721.026.961 in cui erano rlcompresi anche gli importi delle fatture contestate (operazione che dimostrava che la stessa società aveva riconosciuto che il sostenimento delle spese in questione spettava alla proprietaria F.);,
– la CTR, in modo palesemente contradditorio, da un lato, ha ritenuto attendibili le tesi dell’Ufficio, dall’altro, ha condiviso la decisione di primo grado, che tuttavia aveva annullato la ripresa ed era pertanto In contrasto con le su riportate tesi.
Con II terzo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia, deducendo -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., rilevava che la CTR, affermando che l’Ufficio non aveva fornito altri elementi probatori e che quindi appariva assoggettabile a tassazione, a titolo di maggiori ricavi, quanto meno l’importo di lire 28.426.765, aveva violato il criterio dell’onere della prova, secondo cui l’Amministrazione deve dimostrare l’esistenza del fatti costitutivi della maggiore pretesa tributarla azionata ed il contribuente eventualmente dimostrare l’esistenza di circostanze modificative od estintive.
Tale motivo è infondato.
La CTR, invero, ha correttamente applicato al caso di specie il su riportato criterio di ripartizione dell’onere della prova e, proprio in relazione al detto criterio, ha ritenuto che l’Agenzia avesse provato la maggiore pretesa tributaria solo in ordine ad un ridotto numero di pannolini (pari al numero di “tape”) e che, invece, non aveva fornito altri elementi per ritenere accertata la vendita di un numero maggiore di pannolini e, in particolare, pur non potendosi escludere l’omessa contabilizzazione di qualche fattura dì acquisto di detti “tape”, di un numero di pannolini superiore al numero di “tape” riscontrati.
In conclusione, pertanto, va rigettato il ricorso principale ed il terzo motivo di ricorso incidentale; va accolto il primo ed il secondo motivo di ricorso incidentale e cassata, in relazione ai motivi accolti, l’impugnata sentenza, con rinvio, anche per la regolamentazione delle spese, alla CTR Lombardia, diversa composizione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale ed il terzo motivo di ricorso incidentale; accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso incidentale e cassa. In relazione ai motivi accolti, l’impugnata sentenza, con rinvio, anche per la regolamentazione delle spese, alla CTR Lombardia, diversa composizione.
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