CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 luglio 2013, n. 16842
Tributi – Esenzioni ed agevolazioni – Fondazioni bancarie – Ritenuta d’acconto sugli utili erogati
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 73/15/06 pronunciata in data 3/10/2006 la Commissione tributaria regionale dell’Emilia accoglieva il ricorso in appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di Cassa di Risparmio di Cento spa e riformava la sentenza n. 530/02/2001 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Ferrara con la quale, su ricorso del contribuente, era stato ritenuto che le fondazioni bancarie fossero da considerarsi enti non commerciali che perseguono scopi di interesse pubblico ed utilità sociale e che pertanto la Cassa di Risparmio di Cento spa fosse esonerata dalla ritenuta di acconto sugli utili erogati nell’anno 1994 alla Fondazione Cassa di Risparmio di Cento ex art. 10-bis legge 29 dicembre 1962 n. 1745.
La Commissione Tributaria regionale aveva ritenuto invece che l’attività della Fondazione solo in minima parte era stata dedicata a contributi in favore di istituzioni culturali, di beneficenza o simili mentre per la maggior parte poteva farsi rientrare tra le attività d’impresa e pertanto essa non poteva godere dell’esenzione di cui all’art. 10-bis ed era soggetta alla ritenuta d’acconto.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale dell’Emilia ha proposto ricorso per cassazione la Cassa di Risparmio di Cento spa con quattro motivi. Ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente Cassa di Risparmio di Cento lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis commi 1 e 2 legge 29 dicembre 1962 n. 1745 in relazione all’art. 73 comma 2 D.P.R. 1973/600, in riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in quanto la CTR ha ritenuto illegittima l’esenzione dal versamento della ritenuta sugli utili versati alla Fondazione Cassa di Risparmio di Cento nonostante ben tre attestazioni dei competenti organi finanziari in ordine all’applicabilità alla Fondazione dell’esonero dalla ritenuta. In particolare la ricorrente sottolinea che l’Ufficio aveva mutato posizione in ordine all’interpretazione da attribuire alle disposizioni di legge vigenti in ordine al diritto all’esenzione dalla ritenuta alla fonte a titolo di acconto sui dividendi erogati alle Fondazioni.
Con il secondo motivo la ricorrente Cassa di Risparmio di Cento lamenta omessa ed insufficiente motivazione della sentenza ex art. 360, 1° comma n. 5 c.p.c. in ordine ad un punto decisivo della controversia in quanto erroneamente la Commissione Tributaria regionale aveva ritenuto che l’attività della Fondazione solo in minima parte era stata dedicata a contributi in favore di istituzioni culturali, di beneficenza o simili mentre per la maggior parte poteva farsi rientrare tra le attività d’impresa e pertanto era non poteva godere dell’esenzione di cui all’art. 10-bis ed era soggetta alla ritenuta d’acconto. Infatti, al contrario, dall’esame della relazione del Consiglio di Amministrazione risultava con evidenza che la Fondazione aveva operato esclusivamente nel proprio ambito istituzionale e non aveva avuto alcun ruolo diretto od indiretto nella gestione dell’attività bancaria d’impresa della Cassa di Risparmio di Cento.
Con il terzo motivo la ricorrente Cassa di Risparmio di Cento lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis commi 1 e 2 legge 29 dicembre 1962 n. 1745 in relazione all’art. 6 comma 1 D.P.R. 1973/601, in riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in quanto la CTR aveva escluso l’applicabilità dell’esenzione nonostante la Fondazione non avesse compiuto neppure indirettamente attività di gestione dell’attività bancaria, utilizzando le proprie risorse finanziarie per interventi di interesse pubblico ed utilità sociale.
Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente Cassa di Risparmio di Cento lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.Lgs. 1999 n. 153 in relazione all’art. 6 comma 1 D.P.R. 1973/601 ed art. 10-bis legge 29 dicembre 1962 n. 1745, in riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in quanto la CTR aveva disapplicato l’art. 12 sopra menzionato secondo il quale “le Fondazioni si considerano enti non commerciali.. ai quali si applica l’art. 6 D.P.R. 601/1973.
I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi tra loro ed attinenti alle medesime questioni. Ciò premesso occorre rilevare che l’orientamento in materia della Suprema Corte prevede che: “Gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie, quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite società per azioni e gravati dall’obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitale ai sensi della legge n. 218 del 1990 ed in base all’art. 12 del d.lgs. n. 356 del 1990, a causa del particolare vincolo genetico che le univa alle aziende scorporate, non possono essere assimilati né alle persone giuridiche di cui all’art. 10-“bis” della legge n. 1745 del 1962 (che perseguono esclusivamente scopi di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica), ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d’acconto sugli utili, né agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui all’art. 6 del D.P.R. n. 601 del 1973, ai fini del riconoscimento della riduzione a metà dell’aliquota sull’IRPEG; la predetta disciplina agevolativa non trova applicazione quanto agli enti considerati né in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, né in via estensiva, poiché la sua “ratio” va ricercata nella esclusività e tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente al momento dell’entrata in vigore delle predette norme. La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell’attribuire a tali enti, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 153 del 1999 ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, così estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, “ex” art. 87, comma 1, lettera e) del T.U.I.R., non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all’attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti. Ne consegue l’esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all’entità della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull’attività dell’ente creditizio e, dall’altro, la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 cod. civ., di aver in concreto svolto un’attività, per l’anno d’imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un’attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale anziché quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all’Amministrazione finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni. (Sez. U, Sentenza n. 1576 del 22/01/2009). Nella fattispecie non risulta fornita la prova dal contribuente di esercitare una attività esclusivamente rivolta alla ricerca scientifica, all’istruzione od alle finalità di beneficenza, assistenza e pubblica utilità mentre depongono a favore della natura commerciale dell’ente la organizzazione idonea a rendere un profitto e la qualità di socio totalitario dell’impresa bancaria, della cui direzione è necessariamente partecipe, quantomeno attraverso la nomina dei suoi dirigenti ed amministratori.
Per quanto sopra il ricorso proposto è infondato e deve essere respinto con condanna alle spese della società contribuente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in € 12.000,00 oltre spese prenotate a debito.
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