Corte di Cassazione sentenza n. 17442 del 05 maggio 2011
SICUREZZA SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO – MACCHINA ED ATTREZZATURA DI LAVORO – LAVORATORE – PREVEDIBILITA’ DELL’EVENTO DANNOSO
massima
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In tema di delitti colposi, la prevedibilità dell’evento dannoso va accertata con criteri “ex ante” e va valutata dal punto di vista dell’agente (non di quello che ha concretamente agito, ma dell’agente modello) per verificare se era prevedibile che la sua condotta avrebbe potuto provocare quell’evento; il criterio della concretizzazione del rischio, invece, è una valutazione “ex post” che consente di avere conferma, o meno, che quel tipo di evento effettivamente verificatosi rientrasse tra quelli che la regola cautelare mirava a prevenire, tenendo conto che esistono regole cautelari per così dire “aperte”, nelle quali la regola è dettata sul presupposto che esistano o possano esistere conseguenze dannose non ancora conosciute, ed altre cd. “rigide”, che prendono in considerazione solo uno specifico e determinato evento.
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FATTO
1. Con sentenza emessa in data 12/1/2009 il Tribunale di Livorno condannava F. G. per il delitto di omicidio colposo in danno dell’operaio C. R., verificatosi il (omissis) (decesso del (omissis)) presso il cantiere edile sito in (Omissis). All’imputato veniva irrogata la pena di mesi 6 di reclusione, con le attenuanti generiche prevalenti, pena sospesa. Il Tribunale inoltre, trasmetteva gli atti al P.M., onde valutare eventuali responsabilità del costruttore della pompa autocarrata che aveva determinato il sinistro.
L’accusa formulata a carico del F. era costituita dal fatto che, in qualità di dipendente della s.p.a “S.”, addetto all’uso di una pompa autocarrata per calcestruzzo, per negligenza nell’uso del mezzo, aveva determinato l’urto delle tubazioni idrauliche del braccio della pompa con il ponteggio del cantiere, circostanza questa che aveva causato l’avulsione di una valvola di blocco della pressione, con conseguente fuoriuscita di olio, perdita di pressione e discesa repentina del braccio della pompa che rovinava sull’operaio C. , intento al lavoro sul solaio del fabbricato in costruzione. Questi riportava gravi lesioni alla testa che lo conducevano alla morte.
2. Con sentenza emessa in data 15/2/2010 la Corte di Appello di Firenze confermava la pronuncia di condanna, concedendo all’imputato anche il beneficio della non menzione. Quanto alla affermazione della penale responsabilità del F. , osservava la Corte distrettuale che, dalla C.T. del P.M. e dalle deposizioni testimoniali, era emerso che:
– il giorno dei fatti l’operaio C. si trovava a spargere il cemento su un solaio sito tra il primo ed il secondo piano di una palazzina;
– il calcestruzzo era erogato da una autopompa della soc. S. azionata dall’operaio F.;
– quest’ultimo si era posizionato sul solaio del fabbricato e comandava l’azionamento della pompa con un telecomando ed a distanza di circa 25 mt. dal mezzo;
– la sua posizione non gli garantiva una perfetta prospettiva del campo di lavoro;
– per effettuare la gettata finale del calcestruzzo, aveva abbassato il più possibile il braccio per consentire di raggiungere la cassaforma più lontana;
– in tale frangete il braccio della pompa, esteso per la sua massima lunghezza di circa 36 mt., era andato ad urtare contro i tubolari di metallo del ponteggio del fabbricato; ciò aveva determinato lo strappo dei bulloni della valvola al cilindro, con compromissione del sistema idraulico della pompa e conseguente caduta del braccio di essa che era rovinato sul Ca.
La Corte di merito, conformemente al Tribunale, riteneva destituita di fondamento la tesi alternativa difensiva, con cui si identificava la causa della perdita di pressione per la usura dei bulloni di fissaggio della valvola, ciò in quanto il mezzo era stato sottoposto alla manutenzione ordinaria; inoltre se tale fosse stata la origine della disfunzione, la pompa avrebbe già da tempo dato segni di malfunzionamento ed inoltre vi sarebbero dovute essere tracce di fuoriuscita di olio, che invece erano assenti. Il rinvenimento in cantiere di un bullone con la filettatura usurata non era significativo, in quanto non era certo che esso fosse quello della pompa ed inoltre perché l’urto poteva avere determinato le sfilettature.
Il giudice di merito riteneva che la condotta del F. era stata particolarmente negligente, in quanto questi aveva violato le ordinarie regole di diligenza e non aveva rispettato le norme di utilizzo del mezzo. In particolare aveva tenuto durante l’uso della pompa una posizione che non gli consentiva una corretta visuale; inoltre non si era fatto coadiuvare da altro operatore in funzione di segnalatore dei movimenti del braccio. Pertanto aveva consentito che il braccio della pompa interferisse con il ponteggio del fabbricato. Quanto all’eventuale difetto di progettazione, per la vulnerabilità della pompa (e per cui gli atti erano stati trasmessi al P.M.), tale circostanza poteva al massimo costituire una concausa, ma non il fattore eziologico esclusivo dell’evento.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando:
3.1. la erronea applicazione della legge penale, per non avere valutato la Corte di merito la “causalità della colpa” e cioè se le regole violate fossero preordinate proprio a prevenire l’evento verificatosi. In realtà le norme precauzionali previste nel manuale di istruzione della pompa carrata erano finalizzate a prevenire il rischio che l’urto del braccio meccanico contro ostacoli provocasse la caduta di detti ostacoli (es. ponteggi) o persone ovvero si determinasse la rottura del braccio stesso, ma non avevano considerato in alcun modo la possibilità della rottura della valvola, sicché l’evento era del tutto imprevedibile e, quindi, non poteva addebitarsi al Fr. un accadimento che neanche le norme precauzionali di istruzione avevano previsto.
3.2. la violazione di legge ed in particolare dell’articolo 41 c.p. Invero il giudice di merito aveva disposto l’inoltro degli atti al P.M., per procedere eventualmente nei confronti del progettista e costruttore della pompa, in ragione del fatto che la valvola di blocco non era protetta e quindi era vulnerabile durante l’uso del braccio in occasione di urti accidentali. Ebbene tale circostanza, lungi dall’essere una concausa del sinistro, era l’unica e determinante causa dell’infortunio mortale, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta dell’imputato e l’evento, degradando l’agire del Fr. ad occasione ma non a causa del sinistro.
DIRITTO
4. Il primo motivo di censura è infondato.
Ha lamentato il ricorrente che l’evento verificatosi non era prevedibile e che le norme cautelari violate non erano finalizzate a prevenire l’evento verificatosi (rottura della valvola con conseguente caduta del braccio della gru), ma ad evitare i rischi che l’urto del braccio meccanico contro ostacoli provocasse la caduta di detti ostacoli (es. ponteggi) o persone ovvero si determinasse la rottura del braccio stesso.
Orbene, va ricordato che la oggettiva violazione della regola cautelare da sola non basta ad integrare la colpa penalmente rilevante, essendo necessaria la prevedibilità dell’evento che fornisce una connotazione soggettiva e non solo normativa a tale elemento costitutivo del reato.
Perché versi in colpa è necessario quindi che l’agente non solo violi una norma cautelare, ma che possa prevedere (con valutazione effettuata ex ante) che detta violazione possa provocare un determinato evento.
Il problema che si pone è stabilire quale sia il parametro a cui rifarsi per valutare la prevedibilità. In tale caso il punto di riferimento è la figura del c.d. agente modello, non inteso come l’uomo medio, in quanto la pretesa della sua diligenza deve essere rapportata al tipo di attività da svolgere ed all’onere, come nel caso che ci occupa, di informarsi sui rischi della sua attività.
Ciò premesso, la giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità ha statuito che ai fini del giudizio di prevedibilità, deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a provocare danni, ma non necessita che l’agente si prefiguri lo specifico evento concretamente poi verificatosi (cass. 4, 5919/1991, Rezza; Cass. 4, 5037/2000, Camposano; Cass. 4, 21513/09, Stocchi). Più specificamente è stato affermato che “In tema di delitti colposi, nel giudizio di “prevedibilità”, richiesto per la configurazione della colpa, va considerata anche la sola possibilità per il soggetto di rappresentarsi una categoria di danni sia pure indistinta potenzialmente derivante dal suo agire, tale che avrebbe dovuto convincerlo ad astenersi o ad adottare più sicure regole di prevenzione: in altri termini, ai fini del giudizio di prevedibilità, deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno e non anche alla specifica rappresentazione “ex ante” dell’evento dannoso, quale si è concretamente verificato in tutta la sua gravità ed estensione” (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4675 del 17/05/2006 Ud. (dep. 06/02/2007), Bartalini, Rv. 235660).
Ne consegue che correttamente è stata ritenuta in capo all’imputato la prevedibilità dell’evento e, quindi, la colpa, perché a tal fine non è necessario che l’agente si sia rappresentato o fosse in grado di rappresentarsi tutte le conseguenze della sua condotta, posta in essere in violazione delle regole cautelari, ma è sufficiente che egli fosse in grado di rappresentarsi la potenzialità lesiva e quindi di rappresentarsi una serie indistinta di danni. Nel caso di specie, l’imputato ben poteva rappresentarsi che l’interferenza del braccio della gru con i ponteggi avrebbe potuto determinare una situazione di pericolo foriera di danni a cose o persone.
5. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
Preliminarmente va osservato che la motivazione della sentenza impugnata, relativamente alla ricostruzione del fatto (effettuata dai giudici di merito conformemente, sia in primo che in secondo grado di giudizio) e che riconduce alla rottura della valvola idraulica della gru la causa della perdita di pressione del suo braccio e la sua caduta, è coerente e non manifestamente illogica e, pertanto, insindacabile in questa sede di legittimità.
Ciò premesso, il ricorrente lamenta la erronea applicazione della legge penale, in particolare dell’articolo 41 c.p., per non avere il giudice di merito ritenuto l’assenza di protezione della valvola e, quindi, la sua vulnerabilità agli urti, una causa preesistente da sola idonea a determinare l’evento. È noto che l’articolo 41 c.p. disciplina l’incidenza delle concause sul rapporto di causalità. Detta norma, nel comma 1, prevedendo che il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute non esclude il rapporto di causalità, sancisce un principio di equivalenza causale; ed al comma 2, laddove dispone che “le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando siano state da sole sufficienti a determinare l’evento”, fornisce un parametro di diritto positivo onde individuare quando una condotta da occasione diviene causa di un determinato evento.
Questa Corte di legittimità, con orientamento consolidato ha statuito che sono cause sopravvenute o preesistenti, da sole sufficienti a determinare l’evento, quelle del tutto indipendenti dalla condotta dell’imputato, sicché non possono essere considerate tali quelle che abbiano causato l’evento in sinergia con la condotta dell’imputato, atteso che, venendo a mancare una delle due, l’evento non si sarebbe verificato (ex plurimis, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11954 del 26/01/2010 Cc. (dep. 26/03/2010), Palazzolo, Rv. 246549).
Nel caso di specie il giudice di merito, con coerente e logica motivazione, facendo buon governo dell’articolo 41 c.p., pur riconoscendo alla causa preesistente, costituita dal difetto di protezione della valvola, un’efficacia causale, tanto da trasmettere copia degli atti al P.M. per eventuali iniziative nei confronti del costruttore, ha ritenuto però determinante eziologicamente la negligente condotta del F. il quale, attraverso uno scorretto utilizzo della gru, in violazione di regole cautelari specifiche e di ordinaria prudenza, ha determinato il contatto del braccio della gru con il ponteggio, ponendo in essere in tal modo una ineliminabile condizione determinativa dell’evento, senza la quale esso non si sarebbe verificato pur in presenza della indicata causa preesistente.
Alla luce di quanto detto, valutata la infondatezza dei motivi di ricorso, si impone il suo rigetto. Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del processuali.
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