Corte di Cassazione sentenza n. 18309 del 07 settembre 2011
RAPPORTO DI LAVORO – LAVORO E PREVIDENZA – SGRAVI CONTRIBUTIVI – TRASFERIMENTO DI AZIENDA – DIRITTI DEI LAVORATORI
massima
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L’affittuario di azienda, che richiama i dipendenti posti in mobilità dall’azienda cedente, non ha diritto agli sgravi contributivi. Il riconoscimento dei benefici contributivi previsti dall’art. 8, comma 2, legge n. 223 del 1991, in favore delle imprese che assumono personale dipendente già licenziato a seguito della procedura di mobilità ex artt. 4 e 24 della stessa legge, presuppone che venga accertato che la situazione di esubero del personale posto in mobilità sia effettivamente sussistente e che l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di detto personale da parte di una nuova impresa risponda a reali esigenze economiche e non concretizzi invece condotte elusive degli scopi legislativi finalizzate ai solo godimento degli incentivi, mediante fittizie e preordinate interruzioni dei rapporti lavorativi (Cass. civ., Sez. lavoro, 17/12/2001, n. 15949). Ne consegue che ove l’azienda – intesa come complesso organizzato non solo di mezzi ma anche di lavoratori stabilmente addetti ad essa – abbia continuato o riprenda ad operare (non importando né se titolare sia lo stesso imprenditore o altro subentrante né lo strumento negoziale attraverso cui si sia verificata la cessione totale o parziale di azienda) la prosecuzione o la riattivazione del rapporto di lavoro presso il nuovo datore di lavoro costituiscono non la manifestazione di una libera opzione del datore di lavoro, ma l’effetto di un preciso obbligo previsto dalla legge (art. 2112 c.c., come modificato dall’art. 47 legge n. 428 del 1990 e dal D.Lgs. n. 18 del 2001) il cui adempimento non giustifica l’attribuzione dei benefici contributivi in argomento non traducendosi in un reale incremento occupazionale. Nè assume alcun rilievo in contrario l’eventuale raggiungimento di un accordo tra impresa e sindacati in ordine alle modalità attuative del trasferimento di azienda in quanto simile accordo può derogare agli effetti voluti dal citato art. 2112 c.c. soltanto nella particolare ipotesi prevista dal comma 5 dell’art. 47 L. n. 428 del 1990.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 4/12/2000, la S. Spa proponeva opposizione, davanti al Tribunale di Palermo, avverso l’iscrizione a ruolo della somma di lire 436.659.204, richiestale a titolo di contributi e somme aggiuntive, per il periodo dal mese di settembre 1996 al mese di agosto 1997, chiedendo l’annullamento della relativa cartella di pagamento, notificatale il 24/10/2000.
L’Inps, costituitosi, deduceva l’infondatezza dell’opposizione, chiedendone il rigetto.
La M.S. spa rimaneva contumace.
Il Giudice adito, con sentenza n. 607/2003, resa il 6/3/2002, respingeva l’opposizione giudicando che l’assunzione di lavoratori a seguito del contratto di affitto di ramo di azienda, stipulato con la società denominata A. non comportasse l’incremento occupazionale voluto dalla legge per la fruizione dello sgravio totale dei contributi in quanto frutto dell’adempimento di un espresso obbligo di legge (art. 2112 c.c.) e pertanto, assimilabile alla esclusione di cui all’art. 8 comma 4, legge 223/1991.
Avverso la suddetta sentenza proponeva appello, con ricorso depositato il 18/12/2003, la S. spa chiedendone la riforma con conseguente integrale annullamento della cartella di pagamento opposta.
L’Inps, costituitosi, chiedeva il rigetto del gravame del quale sosteneva l’infondatezza, mentre la M.S. non si costituiva.
Con sentenza dell’ 11 maggio-19 luglio 2006, l’adita Corte d’appello di Palermo confermava la pronuncia di primo grado.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la S. S.p.A. con tre motivi. Resiste l’Inps con controricorso.
La S. S. (già M.S. S.p.a non si è costituita.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico mezzo d’impugnazione la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 87, commi 4 e 4 bis, della legge n. 223 del 1991, del decreto legge n. 299 del 1994, convertito con modificazioni dalla legge n. 451 del 1994, degli artt. 2112, 1344, 1345, 2082, 2359 c.c., degli articoli in tema di interpretazione del contratto, il tutto in relazione al contenuto del verbale di accordo del 9 agosto1996 sottoscritto dinanzi all’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione di Palermo, ed ancora vizio di motivazione.
In particolare, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che, essendo documentato che tra la S. e la A. era intervenuto un verbale di accordo del 9 agosto 1996 sottoscritto dinanzi all’Ufficio Provinciale del Lavoro e della Massima Occupazione di Palermo ad oggetto l’affitto di un ramo di azienda con contestuale assunzione, “con passaggio diretto ed immediato” dei lavoratori per i quali si chiede il beneficio contributivo, la domanda non poteva essere accolta, anche perché l’obbligo sussisteva comunque ai sensi dell’art. 2112 c.c. (Cass. n. 15652/01).
Viceversa, secondo la ricorrente sussisteva il proprio diritto a fruire dagli sgravi contributivi per cui è causa in forza di questo stesso accordo sindacale di passaggio diretto ed immediato in quanto l’impresa (A.), presso cui i lavoratori prestavano la loro attività, aveva rinunciato a collocarli in mobilità.
Il motivo è infondato.
Invero, come affermato da questa Corte in analoghe occasioni, in base ad argomentazioni pienamente condivisibili, il beneficio contributivo di cui all’art. 8, quarto comma, legge n. 223 del 1991 (che, dopo aver previsto al primo comma che per i lavoratori in mobilità ai fini del collocamento, si applica il diritto di precedenza nell’assunzione di cui al sesto comma dell’art. 15 della legge 264/1949, stabilisce, al quarto comma, che al datore di lavoro che, senza esservi tenuto ai sensi del primo comma, assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità, è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore), non spetta al datore di lavoro, il quale, essendo affittuario dell’azienda del precedente datore di lavoro che abbia collocato in mobilità i suoi dipendenti, proceda nel termine di un anno alla riassunzione di questi ultimi, atteso che in tal caso la riassunzione risulta essere avvenuta nella “medesima azienda” e quindi non ha riguardato lavoratori che avevano diritto alla precedenza, come previsto dal cit. sesto comma dell’art. 15 della legge n. 264 del 1949 (ex plurimis, Cass. n.15445/2004; Cass. n. 6315/20001).
Va osservato, ancora, che, come rilevato dallo stesso Giudice d’appello, nella specie, è pacifico, oltre che documentato (cfr. verbale UPLMO del 9/8/1996), che tra la S, e la A, è intervenuto un contratto di affitto di ramo di azienda con contestuale assunzione , “con passaggio diretto ed immediato”, dei lavoratori per i quali oggi si pretende il beneficio contributivo; la medesima documentazione dà atto che proprio in dipendenza dell’intervenuto affitto di ramo di azienda e dell’obbligo assunto dalla appellante di “prendere in carico tutto il personale”, l’M., impresa concedente, ha espresso la propria disponibilità a “recedere dalla procedura di mobilità”.
Per quanto precede il ricorso va rigettato, rimanendo assorbito il secondo motivo di impugnazione, con cui si censura l’altra argomentazione adottata dalla Corte territoriale a sostegno del decisum, laddove sostiene come, nella specie, sussista anche la ulteriore causa di esclusione prevista dall’art. 8, comma 4-bis L. n. 223/91 – introdotto dall’art. 2 D.L. maggio 1994, n. 299, conv. in L. 19 luglio 1994, n. 451 – che ha ampliato la fattispecie esclusa dal beneficio con riferimento alle ipotesi di lavoratori collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente – coincidenti con quelli dell’impresa che assume ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo.
Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese di questo giudizio in favore dell’INPS, liquidate in € 40, 00 oltre € 3.000,00 per onorari ed oltre accessori di legge.
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