CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 gennaio 2014, n. 1857
Tributi – Imposte dirette – IRPEF – Accertamento induttivo – Contribuente – Contraddittorio – Invito notificato dall’amministrazione – Irregolarità – Partecipazione obbligatoria del contribuente.
Ritenuto in fatto
1. In data 23.11.01, veniva notificato ad A.F., titolare dell’omonima ditta individuale, un avviso di accertamento emesso dall’Ufficio ai fini IRPEF per l’anno di imposta 1995, con il quale l’Amministrazione finanziaria elevava il reddito dichiarato dal contribuente per l’annualità in contestazione, recuperando a tassazione la relativa imposta dovuta.
2. L’avviso di accertamento veniva, quindi, impugnato dall’A. dinanzi alla CTP di Rieti, che accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo la percentuale di ricarico, applicata dall’Ufficio, dal 30% al 25%. La CTR del Lazio, con sentenza n. 221/5/05, depositata il 14.12.05, respingeva l’appello dall’A., compensando le spese del giudizio.
2.1. Il giudice di seconde cure riteneva, invero, legittimo l’atto impositivo, poiché il contribuente – a prescindere dalla dedotta non perfetta ritualità dell’invito notificatogli ai sensi dell’art. 32 d.P.R. 600/73 – era stato posto comunque in condizioni di produrre i documenti e le memorie a sua difesa, e reputava, altresì, corretta, ed adeguata al caso concreto, la percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio.
3. Per la cassazione della sentenza n. 221/5/05 ha proposto ricorso l’A. articolando due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.
Considerato in diritto
1. Con i due motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – A.F. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 39 del d.P.R. n. 600/73, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
1.1. Si duole il contribuente del fatto che la CTR non abbia tenuto conto dell’irregolarità e della genericità dell’invito, notificatogli in data 2.11.01 dall’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 32, co. 1 n. 3 d.P.R. 600/73, in quanto non recante l’indicazione dell’oggetto dei chiarimenti che il medesimo avrebbe dovuto fornire. Inoltre, con l’atto in questione, l’Ufficio richiedeva all’A. l’esibizione della documentazione contabile ed amministrativa “entro quindici giorni”, invitandolo, peraltro, a presentarsi “entro il 12.11.01”, in violazione del disposto del co. 2 della norma succitata, a tenore del quale il termine che l’Ufficio deve fissare al contribuente per l’adempimento, a decorrere dalla notifica dell’invito (nella specie avvenuta il 2.11.01), “non può essere inferiore a quindici giorni”.
1.2. La CTR avrebbe, pertanto, erroneamente ritenuto illegittimo l’atto impositivo notificato all’A., dal momento che le menzionate irregolarità dell’invito all’esibizione dei documenti comporterebbero la non riconducibilità dell’atto alla fattispecie di cui all’art. 32, co. 1 n. 3 d.P.R. 600/73, con conseguente inapplicabilità dell’art. 39, co. 2, lett. d bis), che consente il ricorso all’accertamento induttivo “quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’art. 32, primo comma, numeri 3) e 4)” dello stesso decreto.
2. Le censure suesposte sono infondate.
2.1. Osserva – per vero – la Corte che le suindicate omissioni ed irregolarità dell’invito, derivanti dalla mancata indicazione dell’oggetto dei chiarimenti da richiedere al contribuente e dalla fissazione di un termine per l’esibizione dei documenti inferiore a quindici giorni, non possono, di certo, incidere sulla validità dell’accertamento induttivo sintetico, operato dall’ Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 39, co. 2, lett d bis) del d.P.R. 600/73.
2.2. Ed invero – come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare – in tema di accertamento delle imposte sul reddito, l’art. 32 del d.P.R. n. 600/73, nella parte in cui prevede l’invito al contribuente a fornire dati e notizie in ordine agli accertamenti bancari, attribuisce all’Ufficio una mera facoltà, il cui mancato esercizio non determina l’illegittimità della verifica operata sulla base dei medesimi accertamenti, né comporta la trasformazione della presunzione legale posta dalla norma in presunzione semplice, con possibilità per il giudice di valutarne liberamente la gravità, la precisione e la concordanza e con il conseguente onere per il Fisco di fornire ulteriori elementi di riscontro.
Il tenore letterale della disposizione (“per l’adempimento dei loro compiti gli Uffici possono invitare i contribuenti…”) e la discrezionalità espressamente prevista al riguardo, infatti, non possono che indurre ad escludere che debba ritenersi obbligatoria la convocazione del contribuente in sede amministrativa prima dell’accertamento. Né può sostenersi che siffatta discrezionalità violi il diritto dì difesa, potendo l’Ufficio procedere al ritiro eventuale del provvedimento, nell’esercizio del potere di autotutela, in caso di osservazioni e/o giustificazioni proposte dall’interessato (cfr. Cass. 14675/06; 2821/08; 24055/09; 11624/13).
2.3. Orbene, è di tutta evidenza che, se addirittura l’omissione dell’invito al contribuente non può determinare – per il chiaro tenore letterale della disposizione succitata – l’invalidità dell’accertamento induttivo operato dall’Ufficio, a fortiori ciò è a dirsi in relazione all’ipotesi, ricorrente nella specie, in cui l’invito in questione presenti eventuali, lievi, difformità dal modello legale, in special modo laddove esso sia comunque idoneo a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Tale si palesa, senza alcun dubbio, l’invito notificato, nel caso concreto, all’A., dal momento che l’atto conteneva il chiaro invito al medesimo a produrre “la documentazione contabile ed amministrativa relativa all’anno di imposta 1995”; invito cui il contribuente è, peraltro, rimasto inadempiente anche nei diversi gradi del giudizio. Il che rende del tutto evidente la legittimità del ricorso, da parte dell’Ufficio, all’accertamento induttivo, ai sensi dell’art. 39, co. 2, lett. d bis) del d.P.R. 600/73.
2.4. D’altro canto, l’A. – sul quale incombeva il relativo onere – non ha neppure allegato in giudizio la sussistenza di un concreto vulnus del proprio diritto di difesa, che possa – in ipotesi – essere derivato dalle suddette irregolarità dell’invito notificatogli dall’Amministrazione finanziaria.
3. Per tutti i motivi esposti, pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
4. Le spese del presente giudizio vanno poste a carico del ricorrente, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in € 3.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
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