Corte di Cassazione sentenza n. 19312 del 17 maggio 2011
SICUREZZA SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ DEL COMMITTENTE – APPALTO E CONTRATTO D’OPERA – RESPONSABILE DEI LAVORI – DELEGA DI FUNZIONE
massima
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In materia di appalto, la responsabilità per la violazione dell’obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro si estende al committente ove lo stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alla misura da adottare in concreto e si sia riservato i poteri tecnico organizzativi dell’opera da eseguire.
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FATTO
1. In data 16/10/2007 il Tribunale di Catania, sezione distaccata di Paternò, condannava V.C., poiché in qualità di committente di lavori edili in corso di esecuzione sul tetto di un suo immobile ad opera della ditta S., provocava lesioni personali colpose a S.A. che, lavorando sul tetto senza protezioni, cadeva al suolo (fatto accaduto in ……), oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, liquidando una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 8.000,00.
Evidenziava infatti il primo giudice che:
– il cantiere ove era al lavoro la vittima era privo delle più elementari misure di sicurezza; sul tetto si lavorava senza parapetti e ad esso si accedeva senza neanche una scala, ma con mezzi di fortuna (una cassetta di legno, mattoni);
– il V., nel commissionare i lavori, li aveva affidati ad un’impresa priva di organizzazione e neanche iscritta alla Camera di Commercio, con ciò violando il D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 3, comma 8, che impone al committente di verificare l’idoneità tecnica dell’impresa esecutrice di lavori;
– abitando il V. nell’immobile in cui si stavano eseguendo i lavori non poteva non essersi accorto della inadeguatezza delle misure di sicurezza approntate dallo S..
2. Con sentenza del 15/4/2008 la Corte di Appello di Catania assolveva l’imputato sul rilievo che:
il V. aveva dato l’incarico di direttore dei lavori a tale geometra P.;
l’impresa che era stata incaricata di svolgere i lavori era abilitata a farlo e per tale motivo appariva legittimo che l’imputato non aveva controllato la presenza delle misure di sicurezza in cantiere.
1. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Catania e la parte civile, evidenziando che la ditta esecutrice dei lavori, scelta personalmente dal V., non era nè iscritta alla camera di commercio, nè aveva partita IVA e, pertanto, non poteva definirsi azienda dotata di affidabilità. Quanto al geometra P., questi aveva redatto il progetto dei lavori ed i calcoli, ma non aveva assunto la posizione dei responsabile della sicurezza, nè aveva avuto in proposito una delega da parte del committente.
2. La Corte di Cassazione accoglieva i ricorsi rilevando tra l’altro che ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 6, la eventuale designazione di un “responsabile dei lavori”, non esonera il committente dalle responsabilità connesse all’esecuzione degli obblighi previsti dal D.Lgs. n. 626 del 1994; che il committente rimane il soggetto obbligato in via principale all’osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza, atteso che l’effetto liberatorio si verifica solo a seguito della nomina del responsabile dei lavori e nei limiti dell’incarico conferito a quest’ultimo e che il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l’idoneità tecnico – professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati.
Riteneva inoltre che, a fronte della pronuncia di primo grado, sorretta da solide argomentazioni in fatto ed in diritto, la Corte di Appello, con una sintetica motivazione, aveva assolto l’imputato osservando, in modo del tutto apodittico, che l’impresa appaltatrice (S.) era idonea all’esecuzione dei lavori, obliterando completamente le osservazioni del Tribunale in ordine alla non iscrizione dell’azienda presso la Camera di Commercio.
Veniva, infine, censurata la decisione di merito nella parte in cui aveva sostenuto che, avendo il V. nominato un responsabile dei lavori, con ciò egli si era esonerato dal controllo del rispetto delle norme di prevenzione infortuni. Così argomentando, infatti, la corte di merito non aveva tenuto conto del fatto che il geometra P. aveva redatto il progetto dei lavori, ma non aveva assunto alcuna posizione di garanzia in sostituzione del committente, in quanto nessuna delega antinfortunistica (per iscritto) gli era stata conferita dal V..
Da qui l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata relativamente alla violazione antinfortunistica – perché estinta per prescrizione -e con rinvio relativamente al delitto di lesioni colpose ad altra sezione della Corte di Appello di Catania.
1. In sede di rinvio la corte d’appello di Catania confermava la decisione del primo giudice sostanzialmente ritenendo che dalle risultanze processuali non ricorressero elementi per discostarsi dalle motivazioni di quest’ultimo.
2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione V. C. deducendo:
1) violazione dell’art. 606, lett. b) ed e), del codice di rito in relazione agli articoli 113 e 590 del codice penale per l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione. Si sostiene al riguardo che erroneamente sarebbe stata ritenuta la responsabilità dell’imputato non potendosi rinvenire nei confronti di quest’ultimo nè gli estremi integranti la colpa generica nè quelli riferibili alla colpa specifica. E ciò in quanto la condotta del V. non poteva essere ritenuta negligente o in violazione di legge in quanto i lavori stessi erano stati affidati ad un’impresa che egli riteneva pienamente affidabile sul piano tecnico e che nessun rimprovero poteva essere mosso ad esso imputato avendo preventivamente affidato l’incarico di direttore dei lavori a soggetto munito delle competenze per l’espletamento dell’incarico.
2) violazione dell’art. 606, lett. b) ed e), del codice di rito in relazione al D.Lgs. n. 626 del 1994, per l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione, in quanto la normativa antinfortunistica attribuisce al committente il ruolo di promuovere la cooperazione ed il coordinamento degli interventi di prevenzione protezione ma tale cooperazione non può intendersi come obbligo del committente di intervenire in supplenza dell’appaltatore tutte le volte in cui costui omettere di adottare le misure di prevenzione prescritte.
Si rileva infine che al contrario di quanto sostenuto dalla corte d’appello non si attanaglia al caso di specie la culpa in eligendo avendo scelto il V. per l’esecuzione dei lavori in questione un soggetto noto nel paese per la professionalità e la frequenza con cui eseguiva lavori di ristrutturazione.
Nell’interesse del ricorrente la difesa ha fatto pervenire memoria aggiuntiva nella quale ribadisce le ragioni di doglianza.
DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Questa Corte annullando la precedente decisione di appello ha, come detto, richiesto in sede di rinvio un nuovo giudizio sostanzialmente finalizzato a verificare la validità della delega dei compiti in materia di sicurezza da parte del committente dei lavori evidenziando le carenze motivazionali sul punto insite nella precedente decisione di merito.
La corte di appello si è specificamente attenuta ai principi enunciati in sede di rinvio evidenziando con argomentazioni logiche e corrette – esenti come tali da censure in questa sede – le ragioni per le quali il committente dei lavori non poteva essere ritenuto immune dal controllo sulla sicurezza della vittima.
I giudici di appello hanno infatti rilevato per un verso che non vi era stata nella specie alcuna valida delega per l’approntamento delle misure di sicurezza in quanto il geometra P.A. aveva ricevuto unicamente l’incarico di svolgere per conto e nell’interesse del V. il progetto dei lavori necessario per avviare presso il comune le pratiche relative all’intervento commissionato; per altro verso che, in ogni caso, il committente era stato in grado di rendersi perfettamente conto delle condizioni di insicurezza in cui il lavoro si stava svolgendo, in quanto il lavori stessi venivano effettuati a distanza ravvicinata dall’abitazione dell’imputato.
Il ricorrente pretende ora di rimettere in discussione tali aspetti.
Con il primo motivo riafferma infatti la pienezza della delega al geometra P. sulla sicurezza nel cantiere e la piena affidabilità della ditta appaltatrice in materia di sicurezza.
Il che evidentemente non è possibile in sede di legittimità sostanziandosi entrambi i rilievi in censure di merito non più deducibili dinanzi alla Corte posto che la decisione di merito si è fatta specificamente carico di esaminare i limiti della delega escludendo con argomentazione adeguata e corretta che la stessa potesse ricomprendere anche la vigilanza sulla sicurezza dei lavoratori.
Ma anche la censura dedotta con il secondo motivo è palesemente infondata.
Si contesta la correttezza giuridica della affermazione di corresponsabilità del committente nel caso in cui l’evento si possa comunque essere collegato casualmente alla sua colposa omissione quando l’omessa adozione delle misure di prevenzione prescritte sia immediatamente percepibile.
Ora fermo restando che questo aspetto è dai giudici di appello esaminato ad abundantiam e per completezza motivazionale avendo gli stessi ritenuto già dirimente già il primo profilo esaminato, si deve rilevare comunque la manifesta infondatezza della specifica doglianza.
Si è già affermato, infatti, che in tema d’infortuni sul lavoro, il principio d’affidamento va contemperato con il principio di salvaguardia degli interessi del lavoratore “garantito” dal rispetto della normativa antinfortunistica; ne consegue che il datore di lavoro, garante dell’incolumità personale dei suoi dipendenti, è tenuto a valutare i rischi ed a prevenirli, e non può invocare a sua discolpa, in difetto della necessaria diligenza, prudenza e perizia, eventuali responsabilità altrui. (Sez. 4, n. 22622 del 29/04/2008 Rv. 240161).
L’obbligo di verifica delle misure di sicurezza, attualmente espressamente affermato dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 97, è dunque senz’altro rinvenibile anche nei precedenti arresti di questa Corte di talché anche sotto quest’ultimo profilo le censure del ricorrente si appalesano manifestamente infondate.
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000,00.
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