Corte di Cassazione sentenza n. 28410 del 16 luglio 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – DATORE DI LAVORO – INDIVIDUAZIONE DEL DATORE DI LAVORO NEL SETTORE PUBBLICO – DIRIGENTE
massima
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Nelle Pubbliche Amministrazioni, nel cui novero rientrano gli enti locali, la qualifica di datore di lavoro – ai fini della normativa sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro – deve intendersi il dirigente al quale spettano poteri di gestione, compresa la titolarità di autonomi poteri decisionali anche in materia di spesa.
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FATTO
1. Con sentenza dell’11.4.2011 il Tribunale di Termini Imerese, in composizione monocratica, condannava (Omissis), previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di euro 2.000,00 di ammenda per plurime violazioni della normativa antinfortunistica.
Rilevava il Tribunale che a seguito di un controllo ispettivo, eseguito nel (Omissis), presso le sedi operative del (Omissis), ente consortile con personalità giuridica ed autonomia negoziale, era stato accertato che il luogo di lavoro (sito in via (Omissis)), in cui operavano i dipendenti, risultava privo dei requisiti elementari per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Tanto premesso, riteneva il Tribunale che dagli atti emergesse la prova della sussistenza di tutte le violazioni riportate nei capi di imputazione.
Assumeva, poi, il Tribunale che gli obblighi inerenti l’osservanza della normativa antinfortunistica riguardassero l’ (Omissis) in qualità di datore di lavoro.
A prescindere dalla nota esplicativa del Presidente del Consiglio di Amministrazione del Consorzio del 7.4.2010 (secondo cui, a norma delle disposizioni statutarie, destinatario degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro, era il direttore generale), l’art. 28 dello Statuto attribuisce al Direttore Generale ampi e pregnanti poteri gestionali, decisionali e di spesa, propri del datore di lavoro.
Trattandosi, poi, di ipotesi contravvenzionali, punibili anche a titolo di colpa, l’eventuale omissione di controllo delle condizioni del luogo di lavoro non esentava l’imputato da responsabilità.
2. Ricorre per cassazione (Omissis), a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge in relazione all’art. 43 c.p., Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 2 e 16; Decreto Legislativo 165 del 2001, art. 1, nonché la manifesta illogicità della motivazione.
Il Tribunale, dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità che individua, per gli Enti, il datore di lavoro nel dirigente al quale siano attribuiti poteri, gestionali, decisionali e di spesa, ha ritenuto che tale qualifica nel Consorzio fosse rivestita dal ricorrente. Ma è proprio dal richiamato art. 28 dello Statuto che emerge che tali poteri non competevano al Direttore Generale, il quale aveva solo compiti di direzione del personale, di organizzazione di funzione e di attribuzione di servizi. Con riguardo al personale dipendente il direttore generale è sostanzialmente carente di poteri decisionali e di spesa.
Secondo il Testo Unico n. 81 del 2008, che ha mutuato l’indirizzo giurisprudenziale, compete allora all’organo di direzione politica il dovere di individuare il dirigente cui attribuire la qualità di datore di lavoro. Non risultando alcuna delega, la qualifica di datore di lavoro non poteva che competere al Presidente del Consorzio. La motivazione è, poi, manifestamente illogica nella parte in cui ha ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato, essendo risultato dalle emergenze processuali che si trattava di un luogo di lavoro “abusivo” (creato dai dipendenti all’insaputa degli amministratori), di cui il Consorzio era completamente inconsapevole.
DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Non c’è dubbio che, ai fini dell’applicazione della normativa antinfortunistica, datore di lavoro sia il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva. Nelle pubbliche amministrazioni per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri gestionali, decisionali e di spesa, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale (cfr. Cass. pen. sez. 4 n. 34804 del 2.7.2010).
Anche con la sentenza n. 29543 del 7.5.2009 di questa sezione, nel ribadire che gli obblighi di prevenzione infortuni e sicurezza in luoghi di lavoro, che per legge fanno capo al datore di lavoro, nel settore degli enti pubblici gravano sul titolare effettivo del potere di gestione, si precisa che tali obblighi possono gravare su un funzionario non avente qualifica dirigenziale qualora lo stesso, a norma del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, art. 2, sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall’organo di vertice dell’amministrazione tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività e sia altresì dotato di poteri decisionali e di spesa.
È, poi, pacifico che il datore di lavoro, individuato secondo i criteri sopra indicati, possa delegare gli obblighi su di lui gravanti ad altri, con conseguente sostituzione e subentro del delegato nella posizione di garanzia, ma l’atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo, dovendo inoltre investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo restando l’obbligo per il datore di lavoro di vigilare e controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (cfr. Cass. Sez. 4, 25.8.200 n. 9343 – Archetti; conf. cass. pen. sez. 4, 1.4.2004, Rossetto).
La delega quindi è in linea generale ed astratta consentita, ma per essere rilevante ai fini dell’esonero da responsabilità del delegante, deve, come ribadito da questa Corte (cfr. sez. 3 n. 26122 del 12.4.2005 – Capone), avere i seguenti requisiti: essere puntuale ed espressa, senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri residuali di tipo discrezionale; il soggetto delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; il trasferimento delle funzioni deve essere giustificato in base alle esigenze organizzative dell’impresa; unitamente alle funzioni debbono essere trasferiti i correlativi poteri decisionali e di spesa; resistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo.
1.2. Il Tribunale ha correttamente applicato i principi sopra enunciati, individuando nel ricorrente il “datore di lavoro” in base allo Statuto del (Omissis).
Ha evidenziato, infatti, che mentre l’art. 20 attribuisce al Presidente del Consiglio di amministrazione, oltre alla rappresentanza legale del consorzio, mere funzioni generali di raccordo, di coordinamento e di vigilanza, l’art. 28 attribuisce al direttore generale (all’epoca, pacificamente, l'(Omissis)) ampi poteri gestionali, decisionali e di spesa, assegnandogli “la responsabilità gestionale del consorzio”, la possibilità di operare “assicurando il raggiungimento dei risultati programmatici, sia in termini di servizio che in termini economici” e, in particolare, i compiti di “dirigere il personale del consorzio, organizzare funzioni ed attribuzioni di servizi, settori e coordinamenti di aree; predisporre i piani di formazione ed aggiornamento del personale; provvedere agli acquisti in economia ed alle spese indispensabili per il normale ed ordinano funzionamento del consorzio ed entro i limiti e con le modalità previste da apposito regolamento; firmare gli ordinativi di incasso ed i mandati di pagamento”. Non c’è dubbio quindi, come ha ineccepibilmente ritenuto il Tribunale, che il direttore generale del Consorzio avesse, a norma di statuto, poteri gestionali, decisionali e di spesa e che, quindi, su di lui gravassero gli obblighi di prevenzione infortuni e sicurezza nei luoghi di lavoro. Nè risulta (non è stato neppure dedotto) che tali obblighi siano stati delegati ad altri.
2. Quanto al secondo motivo le censure sollevate dal ricorrente non tengono conto che il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. Anche a seguito della modifica dell’art. 606 c.p.p., lettera e), con la Legge n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata (cfr. Cass. pen. sez. 6 n. 752 del 18.12.2006).
2.1. Il Tribunale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha accertato che non si trattava, come assume il ricorrente, di un luogo di lavoro “abusivo” di cui il Consorzio non era a conoscenza, ma che i locali in questione costituivano l’unica sede del Consorzio medesimo in (Omissis), dove i lavoratori “potevano conservare le attrezzature ed accedere alla firma giornaliera dei registri ed alla comunicazione delle notizie affisse in bacheca..”. Si trattava, quindi, a prescindere dalla titolarità dell’immobile, di una “sede” dell’Ente, come attestato dalla esistenza di registri per la firma di presenza e di bacheca per affissione comunicazioni e notizie.
Conseguentemente, sotto il profilo dell’elemento psicologico, trattandosi di reato contravvenzionale, l’eventuale omissione di controllo delle condizioni del luogo di lavoro non può che costituire una violazione dei doveri derivanti dalla posizione di garanzia.
3. Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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