Corte di Cassazione sentenza n. 4509 del 29 gennaio 2013
SICUREZZA SUL LAVORO – MACCHINA STIRATRICE – ADEGUAMENTO AI SISTEMI ANTINFORTUNISTICI SUCCESSIVAMENTE SPERIMENTATI – INFORTUNI SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ PENALE DEL DATORE DI LAVORO
massima
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Sussiste la penale responsabilità del datore di lavoro in relazione all’infortunio occorso al lavoratore a causa della non idoneità del macchinario cui il medesimo era addetto, per violazione del principio secondo cui tra i compiti di prevenzione che fanno capo al datore di lavoro vi è anche quello di dotare il lavoratore di strumenti e macchinari del tutto sicuri, dovendo in proposito ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. In circostanze siffatte, qualora l’addebito alla parte datoriale risulti radicato sia sull’improvvido, consentito intervento sul meccanismo di funzionamento, sia sulla omissione di adeguata manutenzione, a nulla rileva la conformità della macchina alla normativa comunitaria.
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FATTO
1. Il Tribunale di Teramo, Sezione Distaccata di Atri, con sentenza del 27/2/2007, assolse (Omissis) perché il fatto non sussiste dal delitto di lesioni colpose ai danni di (Omissis), lavoratore dipendente, del quale una mano era rimasta schiacciata dall’improvvisa chiusura del coperchio della macchina stiratrice, causato dalla scarsa tenuta dei pistoncini di ritegno.
1.1. La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 6/10/2011, giudicando a seguito dell’impugnazione proposta dal Procuratore Generale, in riforma della statuizione di primo grado, riconosciuta la penale responsabilità dell’imputato, condannò lo stesso alla pena pecuniaria reputata di giustizia.
2. L’imputato proponeva ricorso per cassazione, prospettando due censure.
2.1. Con le due censure esposte, intimamente connesse, viene denunziato vizio motivazionale rilevabile in sede di legittimità: a) per non avere il la Corte territoriale tenuto conto delle dichiarazioni rese dallo stesso infortunato, dalle quali sarebbe dovuto trarre che l’evento era dipeso da colpa esclusiva del predetto; b)per non avere considerato che il rimedio proposto dall’ASL (montaggio di pistoncini più resistenti) non constava essere stato sottoposto a giudizio di controfattualità; c) per non avere preso in considerazione le dichiarazioni del teste (Omissis), dalle quali si ricavava che, nel mentre l’imputato si recava assai di rado nello stabilimento, vi era un direttore responsabile [tale (Omissis)].
DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato. L’impugnante sembra ignorare che la posizione di garanzia che rivestiva gli imponeva di approntare ogni mezzo prevedibile secondo il modello dell’agente avveduto perchè il garantito (l’operaio infortunato) non andasse incontro ad infortuni.
La circostanza che il macchinario causa dell’infortunio, come ha correttamente evidenziato la Corte di merito, risultava conforme alle norme di sicurezza vigenti al momento dell’acquisto non esonerava certamente l’imputato da responsabilità, stante che il detto macchinario avrebbe dovuto essere adeguato ai sistemi antinfortunistici successivamente sperimentati [il certificato di collaudo, infatti, risaliva al lontano (Omissis)] e mantenuto costantemente efficiente.
La fragilità dei pistoncini (per propria intrinseca debolezza o usura, non rileva) risulta pienamente acclarato dalla dinamica dell’incidente e dai successivi rilievi dell’organo ispettivo (il pesante coperchio, che avrebbe dovuto mantenerne la posizione, anche se non del tutto spalancato, proprio a cagione della fragilità dei predetti supporti, crollò sulla mano del malcapitato operaio). Modificati i pistoncini, secondo le prescrizioni rilasciate dal funzionario del Servizio di Medicina del Lavoro della U.L.S.S. di Teramo, la copertura ha mostrato di mantenere saldamente la posizione, siccome risulta dalle testimonianze degli operai acquisite. Né è dato cogliere la ragione per la quale, secondo l’apodittico assunto impugnatorio, dalle stesse dichiarazioni dell’infortunato si sarebbe dovuto trarre il convincimento che l’incidente era dipeso da colpa esclusiva di quest’ultimo (evenienza, questa, peraltro, che, come ben noto non esonera affatto il responsabile per la garanzia, salvo ipotesi, ben lontane dall’accadimento qui in esame, di condotte imprevedibili e bizzarre del lavoratore).
Fuori luogo, quindi, appare il richiamo operato dal ricorrente al giudizio di controfattualità; proprio attraverso quel processo logico, infatti, risulta che ove il macchinario fosse stato tempestivamente rinforzato nella maniera di cui detto l’incidente non si sarebbe avuto.
Infine, l’asserita presenza di un direttore di stabilimento del quale, tuttavia, si sconoscono, e del tutto (né, in questa sede vengono neppure sommariamente evocati), i poteri di verifica, controllo, budget e, in caso di necessità, di diniego di utilizzo di strumenti ed accesso a locali divenuti non più sicuri, in attesa che si apportino i necessari interventi, non può in alcun modo elidere la responsabilità per garanzia del datore di lavoro, senza che rilevi la frequenza con la quale costui sia solito recarsi presso lo stabilimento.
4. La genetica inidoneità del ricorso, a causa della sua inammissibilità, ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza gravata non consente di prendere in considerazione il computo prescrizionale maturato dopo la statuizione della Corte di merito (fra le tante, S.U. 11/7/2001, n. 33542; S.U. 22/4/2005, n. 23428; Sez. 1, 4/6/2008, n. 24688; Sez. 3, 8/10/2009, n. 42839; Sez. 6, 4/7/2011, n. 32872).
5. L’epilogo giustifica la condanna del ricorrente alle spese processuali e al pagamento della sanzione pecuniaria stimata di giustizia di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
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