CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 gennaio 2014, n. 49
Tributi – Riscossione – Imposte dovute da società semplice – Preventiva escussione del patrimonio sociale – Limiti
Osserva
La CTR di Firenze ha rigettato l’appello dell’ Agenzia delle Entrate -appello proposto contro la sentenza n. 47/02/2008 della CTP di Siena che aveva accolto il ricorso di V. W.- così annullando la cartella di pagamento per IVA-IRAP relativa al periodo d’imposta 2002 e dovuta dalla “W. V. snc’’, cartella notificata al V. come socio nella predetta società, e perciò come coobbligato solidale.
La CTR ha motivato la decisione con l’argomento che ai sensi dell’art.2304 cod civ i creditori sociali non possono pretendere il pagamento da parte dei soci se prima non è stato escusso per intero il patrimonio sociale, onde rivolgersi poi in via sussidiaria al singolo socio per soddisfare il credito restante.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
L’intimato non si è costituito.
II ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 cpc – può essere definito ai sensi dell’art. 375 n. 1 cpc. Con il motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art. 2304 cod civ e degli art. 12, 24, 25, 45 e 50 del DPR n. 602/1973) la parte ricorrente si duole che il giudice del merito abbia (sostanzialmente) qualificato la cartella di pagamento atto esecutivo, mentre essa è l’atto conclusivo dell’iter che conduce alla formazione del titolo esecutivo (parifIcabile all’atto di precetto) e preannuncia l’esercizio dell’azione esecutiva, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2304 cod civ, che disciplina il beneficium excussionis relativamente alla sola fase esecutiva.
Il motivo appare fondato e da accogliersi, alla luce dell’indirizzo interpretativo recepito da questa Corte secondo cui:”il beneficio d’escussione previsto dall’art. 2304 civ.cod. ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce allo stesso creditore d’agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest’ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13183 del 26/11/1999).
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, con facoltà della Corte di decidere la causa anche nel merito (rigettando l’impugnazione del contribuente) il quale ultimo non si è costituito in appello e perciò non ha riproposto le censure che risultano essere rimaste assorbite nella sentenza di primo grado.
Roma, 30 gennaio 2013.
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in € 1.000,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
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