Corte di Cassazione sentenza n. 6154 del 12 marzo 2013
LAVORO – PREVIDENZA E ASSISTENZA – INVALIDI CIVILI – INABILITA’ TEMPORANEA ASSOLUTA – INABILITA’ PERMANENTE – DIFFERENZE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 1° ottobre 2007 la Corte d’appello di Bologna, in accoglimento del gravame proposto da S.S. nei confronti dell’INAIL, riformando la sentenza di primo grado impugnata, accertava che in data 15 aprile 1996 il ricorrente aveva subito un infortunio sul lavoro da cui era derivata una invalidità permanente pari all’11% e una inabilità temporanea assoluta dal 15 aprile al 4 settembre 1996; condannava l’INAIL a costituire la rendita con la decorrenza e gli interessi scaduti dal 121° giorno successivo alla domanda amministrativa e a corrispondere l’indennità per l’inabilità temporanea con gli interessi legali dal 121° giorno successivo alla domanda amministrativa.
Avverso tale sentenza l’INAIL propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi ed illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c. Resiste con controricorso S.S.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Istituto ricorrente denuncia violazione dell’art. 74, commi primo e secondo, D.P.R. n. 1124 del 1965 (art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo che la sentenza aveva erroneamente fissato la decorrenza della rendita dalla domanda amministrativa e non dal giorno successivo alla cessazione della inabilità temporanea assoluta. Con il medesimo motivo censura l’erroneo riconoscimento del diritto alla rendita sulla base di un accertamento in fatto di postumi pari all’11% non ancora stabilizzati e, dunque, privi del carattere di permanenza, indicato dall’art. 74 come elemento necessario per l’indennizzabilità.
Con il secondo motivo l’Istituto ricorrente denuncia violazione dell’art. 83, comma primo, del D.P.R. n. 1124 del 1965 (art. 360 c.p.c. n. 3) per non avere la Corte di appello dato rilevanza al recupero della capacità lavorativa generica dall’11% all’8% dopo otto mesi dall’infortunio; si chiede se sia legittima la corresponsione della rendita dell’11% dal 1 gennaio 1997, data in cui i postumi si erano stabilizzati nella misura dell’8%.
Il terzo motivo denuncia error in iudicando per violazione dell’art. 429 c.p.c. in ordine alla decorrenza degli interessi legali dalla domanda amministrativa, sottoponendo a questa Corte il quesito se, essendo stato accertato in fatto che l’inabilità temporanea assoluta era cessata il 4 settembre 1996, corrisponda a corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 429, comma terzo, c.p.c., stabilire che gli interessi sui ratei della rendita decorrano dalla data della domanda amministrativa.
Il quarto motivo denuncia motivazione insufficiente per non avere i giudici di merito esplicitato sulla base di quale iter logico potesse riconoscersi la rendita nei termini di cui alla sentenza impugnata pur in presenza dei vizi denunciati con i precedenti motivi.
È fondata la prima censura formulata con il primo motivo.
L’art. 66 del D.P.R. 30.6.1965 (testo unico per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali), nell’enumerare le prestazioni tipiche dell’assicurazione, indica, rispettivamente al n. 1 e al n. 2, “una indennità giornaliera per l’inabilità temporanea” e “una rendita per l’inabilità permanente”. La prima presuppone uno stato di “inabilità assoluta che impedisca totalmente e di fatto all’infortunato di attendere al lavoro”, stato cui la prestazione è correlata quanto a durata, mentre la sua misura è stabilita nel sessanta per cento della retribuzione giornaliera (art. 68). La seconda presuppone invece uno stato di inabilità permanente (cioè che si protrae “per tutta la vita”), che può essere assoluta o parziale. In tale ultimo caso (inabilità parziale) la rendita permanente è graduata secondo la percentuale di inabilità. In ogni caso, essa decorre dal giorno successivo a quello della cessazione dell’inabilità temporanea, ai sensi dell’art. 74, secondo comma, D.P.R. n. 1124 del 1965 (la rendita “è corrisposta, con effetto dal giorno successivo a quello della cessazione dell’ inabilità temporanea assoluta”). Risultano in tal modo nettamente distinti i due istituti, sia quanto a presupposti, sia quanto a funzione, struttura e disciplina della relativa prestazione assicurativa (cfr. Cass. n. 946 del 1990, n.12268 del 1998). La mancata considerazione di tale distinzione ha determinato la denunziata sovrapposizione delle prestazioni, avendo la Corte di appello riconosciuto la rendita con la medesima decorrenza dell’indennità per inabilità temporanea assoluta e la conseguente erroneità della decisione.
Sono invece infondate le restanti censure mosse dall’Istituto ricorrente.
Il secondo quesito di diritto formulato nel primo motivo muove dal presupposto che i giudici di merito abbiano ritenuto di potere riconoscere la rendita nella misura dell’11% in presenza di un positivo accertamento dell’assenza di stabilizzazione dei postumi, ma tale assunto non trova riscontro nella sentenza impugnata, dalla quale non si evince che la Corte di appello, nel recepire per relationem la c.t.u. medico-legale disposta in secondo grado, abbia ritenuto sussistente una inabilità non permanente pari all’11%.
Se è vero che il C.t.u. aveva affermato (in sede di chiarimenti) che non poteva ritenersi stabilizzato il quadro dei postumi prima dell’ottavo mese successivo all’infortunio, non per questo aveva (pure) affermato – come invece ritenuto dall’INAIL – che a tale epoca il grado di inabilità, già riscontrato pari all’11% alla data 5 settembre 1996, secondo le valutazioni del primo C.t.u. non contestate in giudizio, si fosse ridotto all’8% e in tale misura si fosse stabilizzato.
La Corte di appello non disponeva, dunque, di alcuna valutazione tecnica che avesse accertato una riduzione dall’11% all’8% alla data indicata dal C.t.u. come rilevante per la stabilizzazione dei postumi. Tale indicazione temporale non valeva ad escludere che il grado di inabilità pari all’11%, positivamente riscontrato esistente al 5 settembre 1996, fosse rimasto invariato successivamente (ed anche oltre l’ottavo mese successivo all’infortuno) fino alla data del nuovo accertamento della sua riduzione all’8%, riscontrata dal C.t.u. in sede di visita medica peritale eseguita il 18 maggio 1999.
Quanto al secondo motivo, con cui ci si duole del riconoscimento della rendita in presenza di un grado di inabilità inferiore alla soglia indennizzabile alla data di stabilizzazione dei postumi (gennaio 1997), deve rilevarsi che anche tale censura muove dall’errato presupposto che esistesse il positivo accertamento della riduzione dei postumi dall’11% all’8% a distanza di otto mesi dall’infortunio, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito a base del proprio convincimento, non validamente censurato. Il motivo contraddice inoltre la precedente censura, poiché richiamando l’art. 83 D.P.R. n. 1124 del 1965 in tema di revisione della rendita presuppone l’esistenza del diritto alla prestazione previdenziale e dunque la stabilizzazione dei postumi all’11%.
Il terzo motivo resta assorbito nell’accoglimento del primo (per quanto di ragione), dovendo gli interessi legali decorrere dalle scadenze dei singoli ratei della rendita decorrente dalla cessazione della inabilità temporanea assoluta.
Il quarto motivo, vertente sul vizio di motivazione, si limita ad una generica doglianza di insufficiente illustrazione delle ragioni sottese alla decisione adottata, laddove queste costituivano il recepimento della relazione peritale e dei chiarimenti forniti dal C.t.u.
La sentenza impugnata va dunque cassata nella parte in cui non ha fatto decorrere la rendita per inabilità dal giorno successivo alla cessazione della inabilità temporanea assoluta. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte decide nel merito ex art. 384, secondo comma, c.p.c.
Le spese del giudizio di merito sono regolate nei termini di cui ai precedenti gradi, mentre il parziale accoglimento del ricorso per cassazione giustifica la compensazione di quelle relative al giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara il diritto di S.S. alla rendita per inabilità permanente con decorrenza e interessi dalla cessazione dell’inabilità temporanea totale. Conferma la statuizione sulle spese del giudizio di merito e compensa le spese del presente grado.
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