Corte di Cassazione sentenza n. 7039 del 22 febbraio 2012
PENALE – DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA – ELEMENTI
massima
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Il delitto previsto dall’art. 2 D.lgs 74/2000(dichiarazione fraudolenta) è integrato, per le imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva delle operazioni figuranti nelle fatture (relativa alla diversità totale o parziale tra costi indicati e sostenuti) mentre, con riguardo all’Iva, il reato comprende anche la inesistenza soggettiva, cioè, quella relativa alla diversità tra il soggetto che ha effettuato la prestazione e quello precisato in fattura.
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ordinanza 3 giugno 2011, il Tribunale di Savona ha respinto la richiesta di riesame di un sequestro preventivo per equivalente (avente ad oggetto beni mobili, immobili, denaro, crediti fino all’importo di Euro 552.252) nella disponibilità di D. G. indagato per il delitto previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2.
Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno rilevato:
– che occorreva valutare unicamente la astratta configurabilità del reato, requisito sussistente nel caso in esame;
– che il provvedimento applicativo del vincolo era legittimo in quanto doveva solo precisare il limite del valore dei beni sequestrati essendo demandata alla fase esecutiva l’indicazione concreta dei beni da vincolare;
– che la stima delle res effettuata dalla Polizia non è macroscopicamente errata e la valutazione di parte sarà vagliata in prosieguo.
Per l’annullamento della ordinanza, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge e difetto di motivazione, in particolare, rilevando:
– che le fatture erano soggettivamente inesistenti nel senso che i lavori erano stati effettuati da una impresa diversa da quella che risultava nei documenti;
– che, in questo caso, non essendoci una evasione di imposta, dal momento che i costi indicati sono stati sostenuti, non esiste il reato di dichiarazione fraudolenta mediante fatture fittizie;
– che tali deduzioni, sottoposte all’esame del Tribunale, non sono state valutate;
– che, in merito al profitto del reato (da intendersi come immediata conseguenza economica della azione criminosa), la motivazione del provvedimento è solo apparente e non tiene conto delle contestazioni difensive.
In materia di sequestri, manca la trasposizione delle condizioni generali per l’applicazione delle misure cautelari personali ed occorre evitare che la funzione del Tribunale del riesame si risolva in un “processo nel processo” ; ciò non significa che i Giudici che procedono a sensi dell’art. 324 c.p.p., debbano limitarsi a prendere atto delle ipotesi di reato formulate dalla pubblica accusa ed a valutarne la sola non arbitrarietà.
La giurisprudenza di questa Corte (sino dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 23/1996) ha precisato che alla giurisdizione compete un controllo non puramente formale di legalità; il Tribunale del riesame – pur nell’ambito delle indicazioni del fatto offerte dal Pubblico Ministero- deve accertare la congruità degli elementi rappresentati a sostenere la provvisoria imputazione e tenere nel debito conto le contestazioni difensive.
Se su tali temi il provvedimento del Tribunale presenta una carenza assoluta di motivazione, e si determina una violazione di legge (precisamente dell’art. 111 Cost., comma 6, e art. 125 c.p.p., comma 3) per la quale può essere proposto il ricorso in Cassazione a sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1 (Sezioni Unite sentenza n. 25932/2008).
Tale è il caso in esame nel quale i Giudici non hanno preso in considerazione la confutazione dell’indagato, sulla realtà delle operazioni riportate nelle fatture, che potevano avere rilievo sulla quantificazione del profitto del reato e, di conseguenza, sul valore dei beni che potevano essere vincolati.
Sul punto, si rileva che il delitto previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, è integrato, per le imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva delle operazioni figuranti nelle fatture (relativa alla diversità totale o parziale tra costi indicati e sostenuti) mentre, con riguardo all’Iva, il reato comprende anche la inesistenza soggettiva, cioè, quella relativa alla diversità tra il soggetto che ha effettuato la prestazione e quello precisto in fattura (Cass. Sez. 3 sentenza 103394/2010).
Per l’omessa risposta a precise e conferenti deduzione dell’indagato, si deve concludere che il Tribunale non ha correttamente svolto il ruolo di garanzia e di controllo che la legge gli demanda di conseguenza, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio al Tribunale di Savona.
P.Q.M.
Annulla con rinvio al Tribunale di Savona.
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