Corte di Cassazione sentenza n. 8872 del 7 marzo 2011
SICUREZZA SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ – DATORE DI LAVORO – LAVORATORE – MACCHINA ED ATTREZZATURA DI LAVORO – TORNIO E MANCANZA DI PROTEZIONE DEGLI ORGANI IN MOVIMENTO
massima
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In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore faccia venir meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, configurabile come un fatto assolutamente eccezionale, del tutto al di fuori della normale prevedibilità.
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FATTO
Con sentenza in data 3.6.2010 la Corte di Appello di Genova confermava la sentenza in data 15.7.2008 del Tribunale di Massa che aveva condannato A.S., con circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, alla pena di Euro 200 di multa con il beneficio della non menzione in ordine al delitto di lesioni colpose (alla mano dx) con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in danno di F.F., dipendente della s.p.a. S., che lavorava al tornio parallelo, omettendo di fornirgli attrezzatura adeguata al lavoro da svolgere ovvero adatta a tale scopo ed idonea ai fini di sicurezza e della salute (commesso il ….).
Il fatto, quale tratto dalle sentenze di merito.
F.L., operaio alle dipendenze dell’imputato nella ditta S. spa, era addetto a un tornio avente la forma di parallelepipedo, davanti al quale stazionava in piedi, durante la lavorazione di un pezzo metallico avente forma cilindrica, dovendone effettuare la misurazione con il calibro, la PO aveva fermato il tornio, ma, negli istanti successivi, il movimento rotatorio del tornio non si era subito interrotto ed egli aveva inavvertitamente avvicinato la mano ad esso che aveva agganciato il guanto cagionando le lesioni indicate in rubrica.
La Asl aveva accertato che la cuffia di protezione del mandrino non copriva la parte dove il F. aveva appoggiato la mano infortunandosi, e cioè sopra il carrello porta utensile e che se fosse stato collocato sul tornio uno schermo trasparente di protezione, che avrebbe consentito di seguire visivamente la lavorazione dei pezzi, la PO non avrebbe potuto inserire una mano mentre il meccanismo rotatorio era ancora in atto: tale schermo era stato apposto dall’imputato dopo il fatto.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di A.S., deducendo la manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta mancanza di protezione degli organi in movimento, essendo stato omesso un concreto esame circa l’effettiva idoneità dello schermo protettivo (“del tipo di quelli normalmente utilizzati come paraspruzzi”), predisposto dall’ASL ed installato successivamente all’infortunio, ad impedire l’evento lesivo.
Si duole, inoltre, della violazione dell’art. 41 c.p., comma 3 in relazione all’autonoma ed esclusiva valenza causale nell’eziologia dell’evento della imprudente condotta del lavoratore, contestando le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale che sembrava legare la nozione di abnormità del comportamento penalmente esimente del lavoratore all’erroneo presupposto che il comportamento stesso fosse del tutto estraneo al processo produttivo e alle fasi di lavorazione.
DIRITTO
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate ed aspecifiche.
Invero è palese la sostanziale aspecificità della prima censura mossa che ha riproposto in questa sede la medesima doglianza rappresentata dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattesa con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile, laddove ha evidenziato, al di là della funzione paraspruzzi dello schermo trasparente raccomandato dalla ASL, che l’apposizione di tale strumento protettivo avrebbe avuto una duplice valenza e cioè quella di consentire l’osservazione del pezzo impedendo il contatto accidentale, e soprattutto costringere l’operatore a sollevarlo prima di accedere al pezzo. Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. 4, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. 2, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Anche il secondo motivo di ricorso, che attiene all’asserita responsabilità esclusiva del dipendente, sarebbe aspecifico, poiché ripropositivo di analoga doglianza rappresentata in appello, ma è comunque manifestamente infondato.
In relazione ad esso è sufficiente osservare che, come più volte questa Corte ha ribadito, perché la condotta colposa del lavoratore faccia venire meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, che esuli dalle normali operazioni produttive e che esorbiti rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute (cfr, ex multis, Sez. 4, 23.5.2007, n. 25532, Rv. 236991, e ciò ancora con la n. 15009 del 17.2.2009, Rv. 243208; n. 727 del 10.11.2009, Rv. 246695).
In altre parole, la condotta del lavoratore, per giungere ad interrompere il nesso causale (tra condotta colposa del datore di lavoro o chi per esso, ed evento lesivo) e ad escludere, in definitiva, la responsabilità del garante, deve configurarsi come un fatto assolutamente eccezionale, del tutto al di fuori della normale prevedibilità (v. ex plurimis: Cass. pen. Sez. 4, n. 952 del 27.11.1996, Rv. 206990, secondo cui il datore di lavoro è esonerato da responsabilità soltanto quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che o sia stato posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro). E, nel caso in esame, oltre a non essere imprevedibile l’evento poiché di certo l’operaio poteva inavvertitamente appoggiare la mano alla macchina in movimento, la condotta tenuta dal F. non può essere considerata abnorme, poiché, come osservato dalla Corte territoriale, l’infortunio si è verificato a causa del processo lavorativo e durante esso nonché a causa delle caratteristiche della macchina nella sua componente uomo/macchina essendo la leva che azionava il blocco posizionata in un punto che consentiva di tenere su di essa la mano sinistra e sul tornio in movimento la mano destra.
Si aggiunga che le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, avendo lo scopo di impedire l’insorgere di pericoli, anche se del tutto eventuali e remoti, in qualsiasi fase del lavoro, sono dirette a tutelare il lavoratore anche contro gli incidenti derivanti da un suo comportamento colposo e dei quali, conseguentemente, l’imprenditore è chiamato a rispondere per il semplice fatto del mancato apprestamento delle idonee misure protettive, anche in presenza di condotta deviante del lavoratore (v. Cass. Sez. 3, 20.10.1982, n. 627, Rv. 158239; Sez. 4, 3.10.1990, n. 16380, Rv. 185986 secondo cui il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di apportare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure il dipendente ne faccia effettivamente uso).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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