Commissione Tributaria Provinciale di Caserta sezione IV sentenza n. 1866 depositata il 3 maggio 2019
Indagini finanziarie – Versamenti di contanti – Presunzione legale relativa – Importi esigui – Versamenti cumulativi corrispondenti a più fatture e scontrini – Valida prova contraria
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato all’Agenzia delle Entrate con spedizione in data 03.12.18 e depositato alla CTP di Caserta in data 20.12.18, la parte ricorrente D.L. titolare della Ditta individuale “S.S., impugnava l’avviso di accertamento indicato in atti, notificato in data 09.10.18, per IRPEF, IRAP, IVA per l’anno 2015, derivante dall’accertamento di maggior reddito rispetto a quello dichiarato e per costi ritenuti indeducibili.
La parte ricorrente deduceva la illegittimità del provvedimento per difetto di motivazione e violazione dell’art. 32, comma 1 n. 2 DPR n. 600/1973.
Si costituiva telematicamente in giudizio l’Agenzia delle Entrate di Caserta che deduceva l’infondatezza del ricorso e ne chiedeva il rigetto.
All’udienza del 15.04.19 la Commissione decideva come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va rilevato che non sussiste, il lamentato difetto di motivazione dell’atto impugnato, essendo stati indicati tutti gli elementi essenziali della pretesa impositiva.
L’univoca giurisprudenza di legittimità è ferma nel ribadire il principio (cfr. Cassazione civile, sez. trib., 25/03/2011, n. 6928, Cass., sentenza del 10 marzo 2006, n. 5348; Cass. 4632/03), secondo il quale: «la motivazione non può considerarsi nulla se ha i requisiti minimi che consentono di individuare la pretesa impositiva sì da assicurare il duplice risultato di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nella fase contenziosa e consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa, e perciò che è sufficiente, al fine di escludere la nullità dell’atto che l’avviso indichi i criteri di valutazione correlati al caso concreto, salva la prova, in fase contenziosa, degli elementi di fatto che giustifichino, secondo quei criteri, il quantum accertato, che il contribuente ha facoltà di contrastare anche in base a criteri diversi da quelli utilizzati dall’Ufficio».
Inoltre nel caso in cui nel provvedimento amministrativo finale siano richiamati atti presupposti – come nel caso di specie – l’obbligo di motivazione è correttamente assolto, per relationem, in quanto l’indicazione del diretto collegamento consequenziale con i detti atti prodromici esplicita le ragioni della scelta dell’Amministrazione e il richiamo agli stessi atti consente all’interessato di avervi accesso, e ciò anche laddove l’atto cui si rinvia non sia allegato al provvedimento, essendo sufficiente che esso sia indicato e reso disponibile all’interessato (T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 09/05/2013, n. 782).
Orbene nell’atto impugnato, si fa espresso riferimento al PVC emesso dalla GdF di Aversa in data 17.11.16, integralmente riportato nell’avviso impugnato ai fini della motivazione ai sensi dell’art. 42 del DPR n. 600/73, redatto in presenza della parte e sottoscritto dalla stessa, alla quale al termine delle operazioni è stata consegnata una copia.
Nel merito il ricorso è fondato e va accolto per quanto di ragione.
L’accertamento impugnato, fondato sul p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza di Aversa in data 17.11.16, è relativo ad una verifica fiscale riguardante gli anni d’imposta dal 2014 al 2016 nel corso della quale sono state effettuate indagini finanziarie a carico del ricorrente, titolare della ditta individuale “S.S.” di D.L. esercitante l’attività commercio all’ingrosso di altri prodotti alimentari.
A seguito della verifica è stato accertato un maggior reddito per l’anno 2015 per un ammontare complessivo di €. 106.113,00, derivante da ricavi non contabilizzati riferibili ad operazioni bancarie per accreditamenti non giustificati di €. 106.113,00 e per costi indeducibili di €. 10.250,00, avendo l’Agenzia considerato come costi non documentati ai sensi art. 109 del TUIR 917/86 quelli riportati in n. 12 schede carburante e in n. 5 fatture per spese di manutenzione e riparazione autoveicoli per mancata prova del riferimento ad autoveicolo della ditta del ricorrente.
Pertanto l’Agenzia ha accertato a carico del ricorrente ai fini delle II.DD. un reddito d’impresa di €. 131.815,00, con conseguente maggiore IRPEF per €. 48.314,00 e relative addizionali; ai fini IRAP un valore di produzione netta di €. 120.531,00 con una maggiore imposta di €. 5.783,00, e ai fini IVA ai sensi dell’art. 54 del DPR 633/72 maggiori operazioni imponibili di €. 106.113,00 con una maggiore imposta di €. 10.611.00, applicando l’aliquota al 10% in considerazione delle aliquote applicate dal ricorrente nelle operazioni attive, recuperando €. 2.255,00, con aliquota al 22%, su un imponibile di €. 10.250,00.
Nelle operazioni relative al PVC redatto dalla Guardia di Finanza sono stati accertati i versamenti in conto corrente bancario di somme per €. 106.113,00, ritenuti non giustificati in quanto: “per i versamenti cumulativi di denaro contante, mancando la corrispondenza esatta tra la fattura o scontrino emesso in quel giorno ed il versamento, magari effettuato in giorni successivi, la prova contraria non è superata e pertanto il valore accreditato diventa “ricavo omesso”, e costi indeducibili per €. 9.221,00 per schede carburanti con dati incompleti rispetto a quelli previsti dall’art. 2 del DM 07.06.77 e per la scheda redatta come da DPR 444 del 1997, e per €. 1.581,77 per elenco fatture ricambi auto.
Orbene l’art. 32, comma 1, n. 2 e 7, d.P.R. n. 600 del 1973, attribuendo all’ufficio delle imposte il potere di procedere ad accertamenti bancari, prevede espressamente una presunzione legale a carico del contribuente, che comporta una vera e propria inversione dell’onere della prova, in forza della quale egli è tenuto a giustificare i vari movimenti bancari. Infatti la presunzione di redditività ritraibile dall’esame delle movimentazioni bancarie effettuate e poste a base degli accertamenti rientra nel campo delle “presunzioni legali relative” o iuris tantum, poiché la presunzione in questione, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 del c.c. per le presunzioni semplici, (Cass. Sent. n. 9103 del 5/04/01, n. 15538 del 14/06/02 e n. 19003 del 28/09/05).
Proprio sulla base delle movimentazioni finanziarie, in relazione alle quali il contribuente sottoposto ad indagine non abbia fornito la prova della loro estraneità ad operazioni imponibili, l’Amministrazione Finanziaria può, dunque, emettere l’avviso di accertamento senza essere obbligata a svolgere ulteriori indagini. (Cass. sent. n. 5365/06).
Nel caso di specie la parte ricorrente ha contestato l’inclusione, nel calcolo del maggior reddito, dell’importo di €. 106.113,00 qualificato come versamento non giustificalo.
Ha, infatti, sostenuto che l’importo, imputato nel calcolo del maggior reddito, è derivante da versamenti cumulativi degli incassi giornalieri per contanti per la vendita di merce, ed ha effettivamente depositato n. 901 copie di fatture emesse per vendite per contanti per €. 139.250,39, relative all’anno d’imposta 2015 e un prospetto di “riconciliazione” degli incassi in contanti e fatture emesse, riepilogativo dei versamenti bancari effettuati per gruppi di fatture per le vendite per contanti, per il valore complessivo di €. 107,654,00, fornendo così prova idonea circa la provenienza dei versamenti. Infatti trattandosi di incassi relativi a piccoli importi il ricorrente incassava per contanti per cui non esisteva tracciabilità e trattandosi di versamenti cumulativi neppure può argomentarsi dalla mancata corrispondenza esatta con la fattura o scontrino emesso la imputazione del versamento a ricavo omesso.
Il ricorrente ha poi contestato il mancato riconoscimento delle deduzione dal reddito dei costi sostenuti per l’acquisto carburante e per la manutenzione del veicolo.
Orbene tenuto conto che il ricorrente esercita, come dichiarato, l’attività di commercio di prodotti alimentari, fornendo la merce ai propri clienti a domicilio, avvalendosi di un furgone di proprietà, e che pertanto inevitabilmente sopporta costi per carburante e manutenzione del veicolo, ben possono i costi del carburante, essere imputati come costi deducibili, in quanto tutti riferiti ad un unico veicolo, targato (omissis), verosimilmente adoperato per l’attività commerciale e possono essere considerale idonee alla deducibilità dei costi di manutenzione le fatture allegate e riferite proprio a tale attività di riparazione e manutenzione che sono di ordinaria amministrazione. Invero tenuto conto della natura dell’attività economica svolta dal ricorrente e delle modalità di svolgimento, la mancanza di qualche dato formale nelle schede non può ritenersi idoneo ad escluderne l’inerenza tenuto conto della compatibilità dei costi con il volume di affari.
Pertanto, avendo nel caso di specie il ricorrente fornito prova sufficiente a dimostrare la imputazione dei versamenti effettuati e dei costi deducibili, il ricorso va accolto e va annullato l’atto impugnato.
Tenuto conto delle ragioni della decisione le spese di lite vanno compensate tra le parti.
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
– compensa tra le parti le spese di lite.
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