Imposte e tasse – Norme della Regione Campania – Obbligo del versamento, per i titolari di autorizzazione e di concessione alla coltivazione di giacimenti per attività di cava, di un contributo annuo commisurato all’entità del materiale estratto e destinato al finanziamento dei lavori di completamento e avvio dell’attività dell’aeroporto di Pontecagnano (SA) – Obbligo del versamento, per i titolari di autorizzazioni estrattive, di un contributo ambientale annuo commisurato al tipo e alla quantità dei materiali estratti. – Legge della Regione Campania 11 agosto 2005, n. 15 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria regionale 2005), art. 17 [nel testo anteriore alla modifica di cui all’art. 5, comma 7, della legge regionale 18 gennaio 2016, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione finanziario per il triennio 2016-2018 della Regione Campania – Legge di stabilità regionale 2016)]; legge della Regione Campania 20 (recte: 30) gennaio 2008, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – Legge finanziaria 2008), art. 19.
Fatto e Diritto
La società E.C. S.r.l. con ricorso, notificato il 2 febbraio 2013 alla Regione Campania e al settore provinciale Genio civile di Salerno, e depositato il 22 febbraio 2013 presso la segreteria di questa Commissione tributaria provinciale, ha impugnato il provvedimento dirigenziale, prot. 2012.0891546 del 3 dicembre 2012, della Regione Campania – settore provinciale del Genio civile di Salerno, ricevuto il 7 dicembre 2012, avente ad oggetto richiesta pagamento tributi estrattivi, ex. art. 19, legge Regione Campania n. 1/2008 e art. 17, legge Regione Campania n. 15/2005, e ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale; la società ricorrente esponeva, in sintesi, che: effettuava attività estrattiva, nel sito in località Fontana del Fico del Comune di Eboli; con il decreto di cui sopra, il dirigente della Giunta regionale della Campania – settore provinciale del Genio civile di Salerno, aveva richiesto il pagamento dei seguenti contributi estrattivi per gli anni 2005 – 2012: euro 65.618,00 ex legge Regione Campania n. 15/2005 ed euro 531.506,44 ex legge Regione Campania n. 1/2008; a fondamento della propria reazione giudiziaria, la predetta società sosteneva:
I) Con riguardo alle somme asseritamente dovute ex legge Regione Campania 15/2005.
I.I) Violazione articoli 1 e 17, legge Regione Campania n. 15/2005; eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione: l’atto impugnato aveva quantificato in euro 65.618,00 la somma, dovuta ex art. 17 della legge Regione Campania n. 15/2005: per gli anni dal 2008 al 2012; l’importo era stato ottenuto, moltiplicando euro 16.404,50 per ogni anno, a decorrere dal 2008; ma la previsione di legge regionale s’inseriva nell’ambito della legge regionale del 2005, che, per espresso disposto dell’art. 1 aveva durata triennale, con conseguente venir meno della sua efficacia al 31 dicembre 2007; ciò trovava conferma nella circostanza che la legge Regione Campania n. 15/2005 aveva previsto un’entrata, con specifica destinazione, individuata nel completamento e nell’avvio dell’aeroporto di Pontecagnano (SA), il quale avrebbe dovuto, nelle previsioni del legislatore, essere attuato, entro il triennio 2005/2007; sicché, essendosi verificate, nell’anno 2008, l’avvio del predetto aeroporto, la legittimità dell’imposta era venuta meno, anche per la realizzazione dello scopo, cui la stessa tendeva.
II) Con riguardo alle somme asseritamente dovute ex leggi Regione Campania n. 15/2005 e n. 1/2008.
II.I) Natura tributaria della pretesa – Incostituzionalità: era illustrata la natura tributaria dei contributi in oggetto e, segnatamente, la loro qualificazione:
a) il prelievo ex art. 17, legge Regione Campania n. 15/2005, come tributo di scopo, in quanto imposto per la realizzazione e l’avviamento dell’aeroporto di Pontecagnano (SA), avente ad oggetto, quale presupposto economicamente rilevante, la gestione di impianti per la coltivazione di giacimenti per attività di cava, quali soggetti passivi, i titolari delle relative autorizzazioni e concessioni, quale soggetto attivo la Regione Campania e quale base imponibile l’entità, in metri cubi, del materiale estratto;
b) il contributo, ex legge Regione Campania n. 1/2008, come pretesa – genericamente definita «ambientale» – avente medesimi soggetti attivi e passivi, presupposto economico e base imponibile.
II.II) Sul contrasto degli articoli 17 legge Regione Campania n. 15/2005 e 19 legge Regione Campania n. 1/2008 con gli articoli 23 e 119 Cost. – Sul contrasto con gli articoli (117 e) 119 Cost.: contrasto della normativa regionale, istitutiva del tributo, con gli articoli 117 e 119 Cost.; invero, secondo il ricorrente, la Regione non poteva istituire tributi, motu proprio, ma solo nell’ambito dei principi della legislazione statale; poiché, nella specie, non era stata emanata alcuna disposizione di legge statale, che avesse attribuito alla Regione Campania la suddetta potestà normativa di attuazione, con specifico riferimento ai prelievi tributari, imposti della leggi Regione Campania in commento, ne discendeva l’illegittimità costituzionale dei medesimi.
II.III) Sul contrasto con l’art. 23 Cost.: violazione dell’art. 23 della Costituzione, per mancanza di una legge statale, di supporto all’istituzione del tributo (violazione della riserva di legge circa le prestazioni patrimoniali imposte, nel cui novero rientravano senza dubbio i contributi di cui sopra).
II.IV) Sul contrasto degli articoli 17, legge Regione Campania n. 15/2005 e 19, legge Regione Campania n. 1/2008 con il diritto comunitario: le leggi Regione Campania in questione, nell’assoggettare a tassazione le sole imprese estrattive aventi sede in Campania, creavano un’evidente. discriminazione delle stesse, rispetto alle imprese che svolgevano la stessa attività, in luoghi diversi dalla predetta Regione; era, inoltre, ribadito che l’imposta ex legge Regione Campania n. 15/2005 aveva perso efficacia, per effetto dell’attuazione dello scopo (avvio dello scalo aeroportuale di Pontecagnano) in vista del quale la stessa era stata istituita.
III) Violazione art. 19 della legge Regione Campania n. 1/2008: erroneità, nel merito, del decreto dirigenziale gravato, il quale non avrebbe preso a riferimento i volumi estrattivi, riportati nel programma di coltivazione allegato al titolo legittimamente la stessa, quanto piuttosto «dati acquisiti aliunde».
In conformità a tali censure, pertanto, la società ricorrente chiedeva accogliersi il ricorso e annullarsi l’atto impugnato, con ogni conseguenza di legge.
Si costituiva in giudizio la Regione Campania, osservando quanto appresso:
– l’attività estrattiva della E.C. S.r.l. era abusiva, poiché si era svolta, sulla base di ordinanze cautelari del TAR Salerno, ma il relativo giudizio di merito era, poi, andato in perenzione;
– i contributi dovuti, in base alle leggi Regione Campania di cui sopra, riguardavano gli anni dal 2008 al 2011, piuttosto che gli anni dal 2008 al 2012, come indicato erroneamente in ricorso; essi erano stati determinati, provvisoriamente e salvo conguaglio, applicando le tariffe relative ai volumi di scavo, desunti in base alla media dei materiali estratti nell’ultimo quinquennio (2004 – 2008);
– con nota acquisita al prot. 812696 del 6 novembre 2012, la ricorrente aveva chiesto di poter paga a rate le somme, dovute per gli anni 2006 e 2008, così riconoscendo la debenza della relativa imposizione, anche oltre il termine triennale (2005 – 2007);
– non rispondeva al vero che il contributo sarebbe stato dovuto, fino al 31 dicembre 2007, dato che esso riguardava «il completamento» dell’aeroporto di Pontecagnano (SA), allo stato ancora non avvenuto;
– non sussisteva alcuna violazione del diritto europeo, atteso che i tributi in esame erano richiesti, in base al principio qui inquina paga.
Con sentenza della Sezione IX di questa C.T.P., n. 605/13 depositata il 7 ottobre 2013, era declinata la giurisdizione della Commissione tributaria, in favore del G.O.
La società ricorrente gravava detta sentenza d’appello, sostenendo che la giurisdizione appartenesse a questa C.T.P.; si costituiva in appello la Regione Campania, aderendo all’eccezione di difetto di giurisdizione del G.O. e nel merito concludendo per la reiezione del ricorso perché infondato.
Con sentenza della Sezione XXVIII della C.T.R. di Napoli, n. 7222/14, depositata il 22 luglio 2014, era accolto l’appello e per l’effetto la causa era rimessa alla C.T.P. di Napoli, ai sensi dell’art. 59, lettera a) del decreto legislativo n. 546/1992, venendo assegnata a questa Sezione.
All’udienza del 29 ottobre 2015, sulle conclusioni riportate a verbale, il ricorso era trattenuto in decisione.
Si premette che, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87 dell’11 marzo 1953:
«Nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale una delle parti o il pubblico ministero possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza, indicando:
a) le disposizioni della legge o dell’atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, viziate da illegittimità costituzionale;
b) le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali che si assumono violate.
L’autorità giurisdizionale, qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale o non ritenga la questione sollevata sia manifestamente infondata, emette ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi della istanza con cui fu sollevata la questione, dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso.
La questione di legittimità costituzionale può essere sollevata, di officio, dall’autorità giurisdizionale davanti alla quale verte il giudizio con ordinanza contenente le indicazioni previste alle lettere a) e b) del primo comma e le disposizioni di cui al comma precedente.
L’autorità giurisdizionale ordina che a cura della cancelleria l’ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata, quando non se ne sia data lettura nel pubblico dibattimento, alle parti in causa ed al pubblico ministero quando il suo intervento sia obbligatorio, nonché al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Presidente della giunta regionale a seconda che sia in questione una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o di Una Regione. L’ordinanza viene comunicata dal cancelliere anche ai presidenti delle due Camere del Parlamento o al Presidente del consiglio regionale interessato».
Ritiene la commissione che, al fine di dirimere la presente controversia, occorre verificare se la normativa, invocata dall’ente impositore, sia compatibile con la Costituzione.
Premesso che, nella specie, il quesito, circa la conformità al parametro costituzionale, delle norme impositive dei tributi de quibus, è certamente rilevante, ovvero sussiste un evidente collegamento tra le norme, della cui costituzionalità si dubita, e la controversia, all’esame della commissione (essendo di tutta evidenza come, dall’ipotetica dichiarazione d’incostituzionalità di tali norme, potrebbe discendere la non debenza dei medesimi tributi); nonché premesso che la questione di costituzionalità, sollevata da parte ricorrente, non è manifestamente infondata, ponendo la stessa consistenti dubbi, circa la rispondenza al testo costituzionale della normativa di fonte legislativa regionale, sul fondamento della quale i tributi in questione sono stati pretesi, s’osserva, anzitutto, che le disposizioni di legge regionale, di cui occorre verificare la probabile incostituzionalità, sono le seguenti:
– art. 17, legge Regione Campania 11 agosto 2005, n. 15 (nel testo vigente ratione temporis): 1. «Il titolare di autorizzazione e di concessione alla coltivazione di giacimenti per attività di cava di cui alla legge regionale n. 54/1985, e successive modificazioni, è tenuto a versare alla Regione Campania, in un’unica soluzione, entro il 31 dicembre di ogni anno, un contributo annuo di euro 1,00 per ogni 10 metri cubi di materiale estratto con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge. 2. Le somme di cui al comma 1 quantificabili per l’anno 2005 in euro 800,000,00 sono iscritte nel bilancio regionale a decorrere dal corrente esercizio finanziario alla unità previsionale di base 9.31.71 della entrata ed alla unità previsionale di base 1.55.97 della spesa per il finanziamento nella misura dell’importo effettivamente riscosso dei lavori di completamento ed avvio dell’attività dell’aeroporto di Pontecagnano (Sa)»;
– art. 19, legge Regione Campania 20 gennaio 2008, n. 1: 1. «I titolari di autorizzazioni estrattive sono tenuti annualmente, in aggiunta ai contributi di cui all’articolo 18 della legge regionale 13 dicembre 1985, n. 54, e dell’articolo 17 della legge regionale 11 agosto 2005, n. 15, al pagamento alla regione Campania di un contributo ambientale così determinato:
a) euro 1,50/mc per le pietre ad uso ornamentale;
b) euro 0,90/mc per sabbie e ghiaie;
c) euro 0,75/mc per gli altri materiali.
2. Il contributo indicato al comma 1 è corrisposto, entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla scorta dei volumi estrattivi riportati nel programma di coltivazione allegato al titolo legittimante la coltivazione rilasciato in conformità del piano regionale delle attività estrattive. L’entità del contributo è aggiornata ogni due anni in relazione alle variazioni biennali intervenute nell’indice ISTAT del costo della vita.
3. L’importo dei contributi di cui al comma 1, quantificato in euro 1 milione 500 mila, è iscritto nel bilancio regionale a decorrere dal corrente esercizio finanziario alla UPB 11.81.80 della entrata ed è destinato per il 50 per cento ad alimentare il Fondo per la ecosostenibilità di cui all’articolo 15, per il restante 50 per cento al finanziamento delle spese iscritte alla UPB 2.68.156 concernenti i lavori di recupero ambientale, la redazione del progetto unitario di gestione del comparto, se lo stesso non è redatto dai titolari di attività estrattiva, e al finanziamento delle attività di controllo dell’organo di vigilanza in materia di cave».
Parte ricorrente ha denunziato l’incostituzionalità della suddetta normativa di fonte legislativa regionale, sulla base di due concorrenti rilievi, vale a dire il contrasto della stessa:
a) con gli articoli (117 e) 119 Cost.;
b) con l’art. 23 Cost.
Entrambi i rilievi sono non manifestamente infondati e quindi tali, da convincete la commissione della necessità di trasmettere gli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale, affinché decida, relativamente alla questione della rispondenza, alla Carta fondamentale, delle prefate disposizioni legislative della Regione Campania.
Iniziando dal primo di tali rilievi, e, quindi, dal denunziato contrasto della normativa dì marca regionale, con gli articoli (117 e) 119 Cost., è noto che, in tema d’imposizione fiscale, vige il principio della riserva relativa di legge (ovvero, la legge detta i principi regolatori della materia, mentre il dettaglio viene normato con regolamento).
Orbene, occorre accertare se una legge regionale possa validamente istituire un tributo, in subiecta materia.
Nel sistema di riparto, stabilito dall’attuale testo dell’art. 117 Cost., la materia dei tributi regionali devesi ritenere compresa nell’ambito della materia coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario: in questo caso, come espresso dall’ultima parte dell’art. 117, comma 3 Cost., la legislazione regionale può muoversi nell’ambito dei principi fondamentali, riservati alla legislazione statale.
Non solo, ma il fatto che i tributi in questione gravino (esclusivamente) sui coltivatori di case, impone di considerare la materia sottostante, afferente al governo del territorio, come anch’essa di legislazione concorrente (e tanto, ad onta dalla mancata riproposizione delle cave e torbiere tra le materie di legislazione concorrente, per effetto delle modifiche, all’art. 117 Cost., introdotte con la l.c. n. 3 del 2001).
Non vi à dubbio, pertanto, che la materia de qua non rientri nell’ipotesi di legislazione esclusiva regionale, la cui conseguenza sarebbe la potestà legislativa esclusiva, ma in quella, come detto, concorrente.
Viene, poi. in rilievo l’art. 119 Cost., secondo i cui primi due commi: «I comuni. le province, le città metropolitane e le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea. I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni hanno risorse autonome.
Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo ì principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio».
Nell’interpretazione di tale disciplina, viene in rilievo la fondamentale sentenza della Consulta, n. 37 del 2004, secondo la cui massima: «L’attuazione del disegno costituzionale relativo al sistema finanziario e tributario degli enti locali, delineato dall’art. 119 Cost. richiede come necessaria premessa l’intervento del legislatore statale, il quale, al fine di coordinare l’insieme della finanza pubblica, dovrà non solo fissare i principi cui i legislatori regionali dovranno attenersi, ma anche determinare le grandi linee dell’intero sistema tributario, e definire gli spazi e i limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva, rispettivamente, di Stato, regioni ed enti locali, prevedendo altresì una adeguata disciplina transitoria, sicché deve escludersi, in materia tributaria, sia una piena esplicazione di potestà regionali autonome in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale, sia la potestà delle regioni di legiferare (se non nei limiti ad esse già espressamente riconosciuti dalla legge statale) sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali, spettando tuttora al legislatore statale la potestà di dettare norme modificative, anche nel dettaglio, della disciplina dei tributi locali esistenti».
Se questo è l’ambito della controversia (sia che si consideri, quale parametro di riferimento, l’art. 117 Cost., sia che si consideri, invece, l’art. 119 Cost. sia che si considerino entrambe tali norme), non sembrava irrevocabile in dubbio che, per l’istituzione di un nuovo tributo regionale, occorra una previsione di massima, contenuta in una legge statale; e del pari non v’è dubbio che la legislazione, a fondamento dei tributi regionali de quibus, si sia mossa, in assenza di una norma statale, che abbia dettato i principi fondamentali delle nuove imposte. Nella fattispecie in particolare, i principi fondamentali della legislazione statale sono dettati dalla fondamentale legge 16 maggio 1970, n. 281 («Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle regioni a statuto ordinario»).
Ma le citate leggi regionali, n. 15 del 2005 (art. 17) e n. 1 del 2008 (art. 19), nel prevedere, rispettivamente, il tributo di scopo per i lavori di completamento ed avvio dell’attività dell’aeroporto di Pontecagnano (SA) e il cd. contributo ambientale, hanno innovato il quadro dei tributi regionali, in maniera del tutto avulsa dalla normativa generale, di derivazione statale. E’ da escludere, in particolare, che detti nuovi tributi possano essere ricondotti, a meno di un’evidente forzatura interpretativa, alle normative, di cui agli articoli 1 («Entrate tributarie»), 3 («Tasse sulle concessioni regionali»), 11 («Beni di demanio e patrimonio regionale»), 12 («Contributi speciali») e 14 («Tributi propri») della citata legge statale quadro, n. 281/1970. S’è trattato, in sostanza, di due normative, inserite in altrettante leggi finanziarie regionali, che non si sono mosse nel solco di principi fondamentali dettati dallo Stato, ma hanno, motu proprio, istituito tributi del tutto nuovi, l’uno finalizzato ad uno scopo contingente e, tutto sommato, estemporaneo, oltre che nient’affatto collegate all’attività di coltivazione delle cave, e l’altro, a una generica finalità di recupero, in materia ambientale, in assenza di una previsione di massima contenuta in leggi statali e, quindi, in contrasto con i citati parametri, di fonte costituzionale. Si tratta, del resto, di una vicenda giuridica analoga – per quanto concerne, almeno, il c.d. contributo ambientale – a quella, mutatis mutandis, già oggetto di scrutinio, da part della Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 5 del 10 aprile 2015, secondo la cui massima:
«E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 16, comma 4, legge Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24. La disposizione impugnata – la quale stabilisce che i soggetti che gestiscono impianti di pre – trattamento e di trattamento di scarti animali quali quelli ad alto rischio e a rischio specifico BSE corrispondono ai comuni sede degli impianti un contributo minimo annuo di 0,25 euro ogni 100 chilogrammi di materiale trattato nell’anno e che i soggetti che gestiscono impianti di riutilizzo di scarti animali trattati ad alto rischio e a rischio specifico BSE corrispondono ai comuni sede degli impianti un contributo minimo di 0,15 euro ogni 100 chilogrammi di materiale riutilizzato nell’anno – prevede la corresponsione di un contributo, che ha chiaramente natura tributaria, in una materia, quale il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, rientrante nella «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema» che è riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 117, comma 2, lettera s) Cost., anche nella prospettiva di preservare il bene giuridico «ambiente» dai possibili effetti distorsivi derivanti da vincoli imposti in modo differenziato in ciascuna Regione, sussistendo l’esigenza che vi sia un quadro regolativo uniforme degli incentivi e disincentivi inevitabilmente collegati alla imposizione fiscale, tenuto conto dell’influenza dispiegata dal tributo (i cosiddetti «effetti allocativi») sulle scelte economiche di investimento e finanziamento delle imprese operanti nel settore dei rifiuti e della loro attitudine a ripercuotersi, per l’oggetto stesso dell’attività esercitata da tali imprese, sugli equilibri ambientali. (sentenze numeri 26 del 1982, 2, 11 del 1995, 37 del 1997, 370 del 2003, 50, 73 del 2005, 334 del 2006, 378 del 2007, 62, 64, 335, 437 del 2008; 141, 164, 225, 249, 314 del 2009, 244, 280 del 2011, 54 del 2012, 285 del 2013, 67 del 2014)».
Sotto un secondo, concorrente, profilo, parte ricorrente ha denunziato il contrasto delle disposizioni di legge regionale, istitutive dei tributi di cui sopra, con l’art. 23 della Carta fondamentale, seconde cui: «Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge».
Trattasi, a ben vedere, di un contrasto dello stesso genere di quello, evidenziato in precedenza, nella misura in cui anche i tributi regionali – del tipo di quelli in esame – sono certamente assimilabili a «prestazioni patrimoniali», per la cui imposizione si postula una riserva di legge, che nella specie sarebbe stata violata (facendo, in particolare, difetto una legge generale statale che fissi i principi, in base ai quali la Regione possa deliberare l’istituzione dei nuovi tributi in oggetto).
Altri parametri costituzionali che, nella specie, parrebbero altresì pretermessi, come si desume, per implicito, anche dalla terza censura dell’atto introduttivo del giudizio (pur se rapportata, ivi, al contrasto con il diritto comunitario), sono, ad avviso della Commissione, il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e il principio della libertà dell’iniziativa economica (art. 41 Cost.), i quali paiono violati dall’istituzione dei tributi de quibus, avvenuta a mezzo delle leggi regionali, delle quali viene denunziata la non conformità ai principi della Carta fondamentale, tributi concernenti esclusivamente l’attività di coltivazione di cave, e non altre attività di tipo imprenditoriale, nonché attività di coltivazione di cave, svolte unicamente all’interno delle Regione Campania, piuttosto che in altre Regioni: una discriminazione – e un ostacolo alla libera esplicazione dell’attività imprenditoriale – che si manifesterebbe, in definitiva, sotto due concorrenti profili:
a) sia tra attività economiche (rispettivamente: di coltivazione di cave, e non) svolte nell’ambito territoriale regionale di riferimento;
b) sia tra l’attività di coltivazione di cave, esercitata nell’ambito della Regione Campania, rispetto all’identica categoria di attività. svolta nel territorio di altre regioni italiane.
In conformità alle suddette considerazioni, in definitiva, la Commissione, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata da parte ricorrente nell’ambito del giudizio in epigrafe, potendo risultare violati, dalle disposizioni di legge regionali specificate sopra, i parametri, di cui agli articoli 3, 23, 41, 117 e 119 Cost., letto l’art. 23 della legge n. 87/1953, provvede, come da dispositivo che segue.
P.Q.M.
Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso.
Ordina che, a cura della Cancelleria, l’ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti in causa nonché al Presidente della giunta regionale della Campania.
Dispone, altresì, che la presente ordinanza venga comunicata, dal cancelliere, anche al Presidente del consiglio regionale della Campania.