Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 266/16/11 del 12 maggio 2011
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ricorso depositato presso la Commissione in data 6.10.10 la ALPHA-J S.R.L. ha impugnato l’avviso di accertamento n. — relativo all’anno 2005 con il quale la Direzione Provinciale III di Roma, sulla base del p.v.c. notificato il 10.10.08 e redatto dai funzionali dell’Agenzia delle Entrate di Roma 4, ha accertato, in conseguenza dei rilievi analiticamente descritti nello stesso avviso di accertamento, ai fini ires un maggior reddito d’impresa per Euro 4.096.679,00, ai fini irap il maggior valore della produzione lorda pari a Euro 4.096.679,00 ed ai fini iva una maggiore imposta pari ad Euro 279.628,00.
La ricorrente società ha chiesto annullarsi in tutto o in parte l’avviso impugnato tenuto conto di quanto rilevato in relazione a ciascuna contestazione e dei motivi di ricorso; in particolare, per i motivi esposti nel ricorso e nella successiva memoria, ha contestato la legittimità dell’operato dell’Ufficio in relazione alla plusvalenza che dalla società è stata imputata per competenza in relazione alla durata del contratto di lease-back in conformità a quanto disposto dall’art. 2425-bis 4° comma mentre l’Ufficio ha ritenuto che dovesse essere interamente computata nell’anno di stipula dello stesso contratto.
L’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale Roma 3 si è costituita e, depositato il p.v.c. su cui è basato l’accertamento, ha controdedotto in relazione ai motivi di ricorso e, confermata la legittimità del proprio operato, ha chiesto rigettarsi il ricorso.
La società ricorrente ha depositato memorie con le quali ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso.
La Commissione esaminati gli atti, ritiene che il ricorso debba essere rigettato ed a tal fine rileva quanto segue.
Considerata la complessità ed il numero dei rilievi che hanno portato all’accertamento impugnato la Commissione, ai fini dell’esame dei motivi di ricorso, ritiene necessario far riferimento ai singoli rilievi identificati con il numero dato agli stessi nell’atto impugnato.
Rilievo n. 1: omessa dichiarazione nell’esercizio 2005 tra i proventi tassabili della intera plusvalenza derivante dal contratto di lease-back.
La ricorrente asserisce la legittimità del proprio operato e quindi della imputazione di tale plusvalenza per competenza in relazione alla concordata durata del contratto di lease-back richiamando la natura complessa del contratto composto da due contratti collegati funzionalmente – vendita e leasing finanziario – da ritenersi unitariamente posti in essere per pervenire al finanziamento dell’impresa cedente e poi locataria dell’immobile e rilevando pertanto come non sia possibile considerarli ai fini impositivi come due distinte ed autonome fattispecie; richiama anche, a tal fine e decisivamente a suo parere, il disposto dell’art. 2425-bis c. 4° c.c., come modificato ed integrato dall’art. 16 D.Lgs. n. 310/04, secondo cui “le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione”.
Pur condividendo quanto asserito dalla ricorrente sulla natura del contratto di cui trattasi anche se occorre rilevare che la retrocessione dell’immobile è eventuale perché effetto di esercizio di opzione a favore dell’originario cedente, tuttavia la Commissione non ritiene che possano accogliersi le conclusioni a cui perviene la stessa ricorrente in punto di imposizione della plusvalenza realizzata.
Infatti deve considerarsi che l’ordinamento tributario contiene una specifica normativa in materia costituita dagli artt. 86 e 109 del T.U.I.R. e più precisamente l’art. 86 al comma 4° dispone che “le plusvalenze realizzate, diverse da quelle di cui al successivo articolo 87 (plusvalenze esenti n.d.r.), determinate a norma del comma 2, concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni…, a scelta del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto”; l’art. 109 poi al comma 2 lett. a) dispone che “i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti… alla data della stipulazione dell’atto per gli immobili”.
Pertanto deve ritenersi che la fattispecie in esame è direttamente disciplinata dalla normativa tributaria che in quanto speciale prevale sulla normativa civilistica e, nella fattispecie, sull’art. 2425-bis c.c. 4° comma, rilevando peraltro da una parte che quest’ultima norma ha effetti limitati al diritto societario ed in particolare è diretta a disciplinare la formazione del bilancio a fini civilistici e dall’altra che il contratto in esame, pur avendo una finalità di finanziamento, pur tuttavia realizza, comunque una cessione disciplinata ai fini tributari dal T.U.I.R.; del resto la mancata interferenza tra disciplina civilistica e disciplina tributaria è confermata e nella fattispecie discende da quanto disposto dal 3° comma del citato art. 109 T.U.I.R. secondo cui “i ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto economico”.
Pertanto non può ritenersi censurabile l’operato dell’Ufficio che ha applicato la suddetta normativa di cui al T.U.I.R.
Occorre peraltro rilevare – considerato che nella prima parte del comma 4° dello stesso art. 86 sopra richiamato è disposto che la plusvalenza può concorrere a formare il reddito in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto, solo nei limiti previsti da detto articolo (possesso dell’immobile per un periodo non inferiore a tre anni) – che la plusvalenza di cui trattasi non può neppure concorrere a formare il reddito in quote costanti in quattro esercizi come disposto dalla suddetta norma posto che l’immobile ceduto, come risulta dal contratto di vendita del 25.7.2005, è pervenuto alla società nel 2003 e che quindi alla data dell’atto non era ancora maturato il prescritto triennio di possesso.
Premesso e fermo restando quanto precede, la Commissione ritiene di rilevare ulteriormente quanto segue.
L’art. 83 del T.U.I.R., in tema di determinazione del reddito complessivo, dispone che “per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionale di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da detti principi contabili”; pertanto è di tutta evidenza che la possibilità di usare criteri di imputazione del reddito diversi da quelli disposti dalle norme successive al riportato art. 83 costituisce una espressa deroga ai principi generali riservata esclusivamente ai soggetti IAS e che, proprio perché tale, non può essere estesa ai casi non rientranti nella deroga che restano pertanto disciplinati dalla normativa generale.
Occorre peraltro osservare che il tentativo di coloro che intendono sottrarre la tassazione della plusvalenza al momento della sua realizzazione, sostenendo una imputazione della stessa diluita nel tempo in corrispondenza della durata del contratto di leasing, viene supportato con argomentazioni diverse il che dimostra la difficoltà di giustificare giuridicamente tale tesi; del resto il fatto che la giurisprudenza abbia avuto rarissime occasioni di intervenire al riguardo conferma, considerata la ferma posizione dell’Agenzia delle Entrate sul punto, che gli operatori hanno inteso adeguarsi a quanto ritenuto dall’Agenzia delle Entrate evitando il contenzioso; aggiungasi a conferma che la Corte di Cassazione, a quanto risulta alla Commissione, non ha mai avuto occasione di intervenire in materia anche se occorre rilevare che – obiter dictum e decidendo sulla deducibilità dei canoni di leasing da parte dell’utilizzatore – Cass. n. 9944/2000 ha richiamato, ai fini dell’iscrizione all’attivo della plusvalenza realizzata, all’atto della vendita del bene alla società concedente, proprio l’art. 54 ora 86 del T.U.I.R.
Si ribadisce pertanto in relazione al rilievo n. 1 la legittimità dell’operato dell’Ufficio.
Rilievo n. 2: illegittima deduzione dell’intero importo del primo canone di Euro 1.125.000 nell’esercizio 2005.
È indubbio che nella fattispecie il canone di Euro 1.125.000 corrisposto nel 2005, in relazione ad un canone complessivo per la durata di dodici armi di leasing di complessivi Euro 5.266.759,00, costituisce un “maxicanone” e che conseguentemente, trattandosi di un contratto di durata ed ai sensi dell’art. 102 T.U.I.R., è ammessa, per ogni esercizio, la deduzione dell’importo risultante dalla suddivisione del complessivo canone di Euro 5.266.759,00 per il numero degli anni e/o dei mesi di durata del contratto.
Conseguentemente è legittimo l’operato dell’Ufficio che ha determinato in Euro 193.595,50 l’importo di competenza del 2005 a fronte di quello dedotto per Euro 1.125.000,00.
Rilievo n. 4: non inerenza della fattura della BETA-J S.R.L. per Euro 500.000,00 per compensi dovuti per attività di intermediazione nel contratto di cessione di ramo d’azienda tra la GAMMA-J S.R.L. e DELTA-J S.R.L.
Deve ritenersi legittimo l’operato dell’Ufficio rilevato che il costo di cui alla contestata fattura si riferisce ad attività di intermediazione prestata a favore di soggetti diversi dalla ricorrente per la conclusione di un contratto tra gli stessi concluso; né sono sufficienti al fine di contestare l’operato dell’Ufficio i vaghi, astratti e generici rilievi della ricorrente peraltro privi di ogni supporto probatorio.
In relazione poi a tutti gli ulteriori rilievi, esaustivamente motivati nell’avviso impugnato, la Commissione rileva che parte degli stessi sono condivisi dalla stessa ricorrente e parte sono confutati con motivazioni del tutto vaghe, insufficienti e comunque prive di ogni supporto probatorio; conseguentemente deve confermarsi la legittimità di tali rilievi e del conseguente operato dell’Ufficio ai fini della tassazione.
Per tutto quanto precede la Commissione ritiene che il ricorso vada rigettato.
In considerazione della complessità e novità della materia oggetto del giudizio sussistono equi e giustificati motivi per compensare le spese di giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Commissione rigetta il ricorso;
spese compensate.
Roma, il 19 aprile 2011.
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