COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE SONDRIO – Sentenza 06 febbraio 2018, n. 18
Tributi – IRPEF – Compensi professionali – Ritenute d’acconto subite – Omesso versamento da parte del sostituto d’imposta – Solidarietà passiva d’imposta del professionista – Pagamento delle imposte corrispondenti alle ritenute non versate – Esclusione – Illegittimità
Con il ricorso in esame, (…) ha impugnato la cartella di pagamento n. 10520160003105283, con la quale è stato chiesto il pagamento di maggiori imposte sui redditi ed oneri per €. 17.095,53, in riferimento all’anno 2012.
Tale cartella scaturisce dalle verifiche effettuate in sede di controllo formale ex art. 36 ter, D.P.R. 600/1973 della dichiarazione Modello Unico 2013, dalla quale era emerso che la società s.r.l. non aveva versato le ritenute applicate alla liquidazione del compenso spettante al ricorrente, a seguito delle prestazioni da quest’ultimo rese in qualità di libero professionista. In particolare, dal compenso allo stesso spettante e risultante dalla fattura regolarmente emessa, erano stati trattenuti dalla società committente €.11.337,00 quale ritenuta d’acconto; ritenuta poi evidentemente non versata all’erario dalla società Z. s.r.l.
Il ricorso deve trovare accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
Il Collegio non disconosce la sussistenza dell’orientamento secondo il quale: “il fatto che il D.P.R. n. 600 del 1973, articolo 64, comma 1, definisca il sostituto d’imposta come colui che “in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri… ed anche a titolo di acconto ” non toglie che, in ogni caso, anche il sostituito debba ritenersi già originariamente (e non solo in fase di riscossione, come espressamente ribadito dal citato art. 35) obbligato solidale al pagamento dell’imposta; soggetto perciò egli stesso all’accertamento ed a tutti i conseguenti oneri. Fermo restando, ovviamente, il diritto di regresso verso il sostituto che, dopo avere eseguito la ritenuta, non l’abbia versata all’erario, esponendolo così all’azione del fisco (Cass. 23121/2013; Cass. 8316/2009; Cass. 14033/2006); tuttavia, ritiene di dare continuità alla tesi già espressa dalla Commissione in un caso analogo (cfr. C.T.P. Sondrio n. 58/2017), e seguita anche dalla C.T.R. di Milano con la sentenza del 6.12.2016 n. 6550/49/16, propensa ad escludere la solidarietà del sostituito, specie nel caso in cui, come nel caso in esame, lo stesso abbia pacificamente subito la trattenuta dal sostituto.
Al riguardo, è utile ricordare che i sostituti devono operare all’atto del pagamento una ritenuta (pari al 20%) a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti. E, una volta che la somma è stata trattenuta, il sostituto d’imposta ha l’obbligo di versarla all’erario.
Da tale meccanismo emerge che il sostituto d’imposta è il soggetto che la legge tributaria sostituisce completamente a colui che realizza il presupposto di imposta nei rapporti con l’amministrazione finanziaria.
Più precisamente, ai sensi dell’art. 64, comma 1, D.P.R. 600/1973, è sostituto d’imposta “chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento d’imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche e a titolo di acconto”. Il legislatore tributario individua dunque nel sostituto il contribuente di diritto, cioè il soggetto tenuto ad adempiere all’obbligazione tributaria nei confronti del fisco. In altre parole, tale norma non individua una ipotesi di solidarietà, ravvisabile invece nel differente caso in cui venga in considerazione la figura del “responsabile d’imposta” che è “obbligato al pagamento dell’imposta insieme con altri per situazioni o fatti esclusivamente riferibili a questo”. (art. 64, comma 3, D.P.R. 600/1973).
Giova, inoltre, ricordare che la ritenuta, alla stregua degli artt. 23 e ss. del D.P.R. 600/73, è una somma che il sostituto è obbligato ad operare ed a versare periodicamente all’amministrazione finanziaria a titolo di IRPEF, da calcolarsi sul reddito spettante al percipiente quale controprestazione del servizio reso al sostituto (ad es. una prestazione di lavoro autonomo) e che può essere a titolo di acconto oppure a titolo d’imposta. Nel caso della ritenuta a titolo d’acconto, come nella fattispecie, essa costituisce un’anticipazione del tributo dovuto dal sostituito, il quale rimane obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi percepiti, e ad individuare l’imposta complessiva dovuta mediante autotassazione. Ma, per legge, ha il diritto di portare in detrazione l’ammontare delle ritenute subite.
In forza di tale meccanismo, nel momento in cui il sostituito ha effettivamente subito la trattenuta dal sostituto, non è dato comprendere per quale ragione lo stesso possa poi essere assoggettato ad imposta per somme già allo stesso trattenute, in base ad una presunta solidarietà passiva con il sostituto che non trova riscontro nella legge, nel caso in cui quest’ultimo, operata la trattenuta, non l’abbia poi versata al fisco.
Tale solidarietà, che come evidenziato non può essere desunta dal citato art. 64, non pare rinvenibile nemmeno nell’art. 35, D.P.R. 602/1973.
Invero, quest’ultima disposizione prevede l’iscrizione a ruolo del sostituito a titolo di coobbligato solidale solo nel caso in cui il sostituto – a titolo di imposta e non di acconto – non abbia effettuato le ritenute sui redditi corrisposti al sostituito e non abbia conseguentemente provveduto al versamento (“Quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, soprattasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato né le ritenute a titolo di imposta né i relativi versamenti, il sostituito è coobbligato in solido”). Da un’analisi letterale del dato normativo emerge in primo luogo come la solidarietà prevista dall’art. 35, D.P.R. 602/1973 sia limitata alla sola sostituzione a titolo d’imposta; per le ritenute a titolo di acconto, invece, nessuna solidarietà del sostituito è espressamente prevista.
Inoltre, in base al chiaro tenore della norma, la solidarietà scatta solo per quelle trattenute che non siano state né effettuate, né versate da parte del sostituto d’imposta. Ne consegue che se le ritenute sono state effettuate e il percipiente ha incassato le somme al netto delle ritenute operate, l’erario può agire solo nei confronti del sostituto, mentre il sostituito ha diritto allo scomputo sulla base delle ritenute subite. In caso contrario, il contribuente verrebbe a pagare due volte l’imposta dovuta e, certamente, non per fatti allo stesso attribuibili, e dei quali può perfino essere all’oscuro. Tale esito, oltre che non trovare riscontro in un chiaro dettato legislativo, non pare conforme ad un interpretazione delle norme citate in senso costituzionalmente orientato, svilendo il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., posto che, in tal modo, il contribuente viene assoggettato a tassazione due volte per il medesimo reddito: una prima volta a seguito della trattenuta operata dal sostituto; una seconda per la pretesa dell’erario, che nonostante la ritenuta già subita, pretende comunque la corresponsione dell’imposta dal medesimo sostituito.
La possibilità di scomputare le trattenute subite – anche se non versate dal sostituto – trova, inoltre, una inequivoca conferma nell’art. 22, comma 1, lettera c), T.U.I.R., il quale prevede che dall’imposta lorda si scomputano “le ritenute alla fonte a titolo di acconto operate, anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, sui redditi che concorrono a formare il reddito complessivo..
Del resto, lo stesso orientamento contrario a quello accolto dal Collegio precisa che la solidarietà passiva ex lege può esistere anche indipendentemente da un’esplicita qualificazione normativa, con ciò confermando l’esegesi del quadro normativo innanzi delineata, dal quale non emerge alcun indizio circa la sussistenza della solidarietà passiva tra sostituto e sostituito. Piuttosto, quest’ultimo orientamento fa leva sulla norma civilistica di cui all’art. 1292 cod.civ., che conterebbe “incontestabilmente un principio applicabile anche in materia tributaria”. In altre parole, si riconosce generalmente che l’esistenza di diversi obbligati alla stessa prestazione, anche quando non vi sia identità della fonte, dia luogo a solidarietà passiva (la quale deriva automaticamente dalla presenza di più obbligati ad una stessa prestazione: art. 1294 cod. civ.), purché le fattispecie costitutive del rapporto configurino un complesso unitario. Secondo l’orientamento qui non condiviso, tali elementi sarebbero innegabilmente presenti nel meccanismo della sostituzione d’imposta.
Al riguardo, ci si limita a rilevare che non pare affatto scontato che l’obbligazione del sostituto e quella del sostituito abbiano la medesima fonte. Invero, la prima trova fonte in una specifica norma, eccezionale, che individua il sostituto quale unico soggetto passivo, rispetto ad un presupposto di imposta posto in essere da un altro soggetto. Viceversa, deve ritenersi che la responsabilità del sostituito è riconducibile ai generali principi che regolano la tassazione del reddito, che, però, in forza del peculiare meccanismo proprio della sostituzione, sorge solo nel momento in cui il sostituto non ha operato le ritenute (e non nel caso in cui le abbia operate e non abbia versato il relativo importo all’erario). In altre parole, è lo stesso meccanismo proprio della sostituzione che esclude la sussistenza di un’ipotesi di solidarietà originaria, la quale, come detto, può sorgere solo nel momento in cui il sostituto non operi la trattenuta.
Del resto, se la solidarietà trovasse la sua giustificazione già nelle norme civilistiche, non si comprende la necessità di prevedere un’apposita norma – l’art. 35 cit. – che la contempla, al solo fine della riscossione e nel solo caso in cui il sostituto non ha effettuato né le ritenute a titolo di imposta né i relativi versamenti.
Da ultimo, per scrupolo, si ricorda che l’orientamento fatto proprio da questa Commissione, in passato è stato affermato anche dalla sessa Corte di Cassazione (Cass. 12991/1999) secondo la quale: “in sostanza il sostituto, quale debitore di entrata tassabile in luogo dell’obbligato principale è tenuto, in luogo di quest’ultimo, ad adempiere a tutti gli obblighi sostanziali propri del soggetto passivo, e a subire le conseguente dell’attività dell’Amministrazione Finanziaria, che dovrebbero avere ordinariamente come destinatario il debitore principale, se non operasse in via eccezionale la prevista sostituzione, che rende il sostituto <protagonista del fatto imponibile>”; la stessa pronuncia conclude testualmente nel senso che “non può sussistere solidarietà nella fase d’accertamento del tributo fra sostituto e sostituito”. Infine, deve osservarsi che la necessità di riconoscere la solidarietà tributaria nel caso in esame, pur manifestando l’apprezzabile intento di rendere più agevole la riscossione dell’imposta, non può contravvenire, come già evidenziato, al principio di capacità contributiva, esponendo il sostituito al pagamento della somma, già allo stesso trattenuta dal sostituto e dunque non percepita.
Tale pregiudizio non può dirsi ovviato dal fatto che il sostituito possa poi rivalersi sul sostituto. Invero, l’azione verso il sostituto, vero autore del mancato pagamento della somma dovuta, può essere meglio perseguita dall’amministrazione, oltretutto attraverso i poteri d’imperio alla stessa riconosciuti e dei quali non può certo avvalersi il contribuente, costretto invece ad intentare la meno agevole, e certamente più dispendiosa, strada dell’azione avanti il Giudice Ordinario per ottenere (forse) la restituzione della trattenuta subita.
Per le ragioni esposte, essendo pacifico che nel caso in esame si versa in una ipotesi di ritenuta a titolo di acconto e che il ricorrente ha effettivamente subito la trattenuta, il ricorso deve trovare accoglimento.
Il ricordato contrasto giurisprudenziale consente la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e compensa le spese di lite.
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