COMMISSIONE TRIBUTARIA Regionale di Genova – Sentenza n. 903 sez. T del 3 settembre 2015
TRIBUTI – ICI – PROCESSO TRIBUTARIO – COSTITUZIONE IN GIUDIZIO DEL COMUNE
Svolgimento del processo
Il Comune di Genova richiede il pagamento di maggiore imposta ICI e relativi accessori per l’anno 2008 con avviso notificato il 14.10.2011.
La contribuente ricorre avverso l’atto presso la CTP di Genova, eccependo che l’immobile de quo godeva di tariffa agevolata in quanto era locato con contratto stipulato ex art. 2 comma 3 L. 431/98 (3 anni più due di proroga, con canone definito in osservanza degli accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori).
Il Comune eccepisce che l’accertamento è scaturito dalla mancata osservanza del termine di 30 giorni per la comunicazione del contratto al Comune, come prescritto da delibera n. 18/2008 punto 3 sub.2, ove si subordina l’accesso alla tariffa agevolata a tale adempimento.
La CTP GE con la sentenza oggi impugnata accoglie il ricorso, sul presupposto che la ricorrente ha adempiuto alle condizioni richieste dalla legge e quindi ha diritto ad usufruire dell’agevolazione; osserva che il Comune non ha avuto conoscenza della stipula dell’atto, regolarmente registrato, a causa della mancata interazione tra le banche dati del Comune stesso e della Agenzia delle entrate, per cui non può esserne fatto carico alla contribuente dal punto di vista della normativa ICI. Osserva anche, però, che il mancato rispetto dell’ordinanza comunale da parte della contribuente ha costretto il Comune ad avviare l’accertamento, per cui addebita alla contribuente le spese di giudizio stabilite in € 200,00.
Successivamente, la contribuente presenta appello con richiesta di riforma parziale in punto spese, osservando che la condanna alle spese della parte interamente vittoriosa non è ammissibile.
Il Comune si costituisce e – ribadita la sostenibilità della propria tesi in merito alla debenza ICI, osserva che a seguito della inosservanza della delibera sono stati emessi diversi avvisi, e che per il 2006, per esempio, non è stato eccepito alcunché, mentre per il 2008 la contribuente ha visto accolte le proprie ragioni. Chiede conferma della prima sentenza con vittoria di spese.
Si procede in pubblica udienza, durante la quale le parti insistono come in atti.
In particolare parte privata appellante chiede che sia verificata la regolarità della costituzione del Comune.
In particolare il Comune afferma che la costituzione è avvenuta in termini e che l’art. 92 c.p.c. consente comunque al giudice di assegnare le spese a chi ritiene.
Motivi della decisione
La Commissione, letti gli atti e udite le parti, è dell’avviso che l’appello sia fondato.
Preliminarmente, va osservato che la costituzione in giudizio del comune appare regolare, giacché non è prevista alcuna specifica sanzione per l’inosservanza del termine ex art. 23 (richiamato dall’art. 54 d.lgs 546/92) (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4296 del 2015). Dunque, se il resistente non si costituisce in giudizio entro il sessantesimo giorno dalla conoscenza legale del ricorso, lo stesso non incorrerà nella irricevibilità delle sue difese e delle sue produzioni. Pertanto, è da ritenersi che la parte resistente possa costituirsi depositando documenti e controdeduzioni entro il ventesimo giorno precedente la trattazione, ovvero (come è stato nella fattispecie) soltanto controdeduzioni entro il decimo giorno precedente la trattazione.
Ritenuta pacifica la successione temporale dei fatti come descritta in narrativa, la controversia è limitata alla attribuzione delle spese. I primi giudici hanno ritenuto di porle a carico del contribuente, ancorché vittorioso, sul presupposto che comunque la controversia è stata originata da sua manchevolezza; il contribuente osserva che le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa; il Comune a sua volta osserva che l’attribuzione delle spese è effettuata a discrezione del giudice, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., anche previa valutazione del comportamento delle parti.
La Commissione osserva che la tesi del contribuente è – riguardo all’odierna fattispecie – corretta giacché fondata sul fatto che il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse (Cass. Sez. 5, Sent. n. 10731 del 2014); tale principio potrebbe trovare un limite solo allorquando parte vittoriosa contravvenisse ai doveri di lealtà previsti dall’art. 88 c.p.c.: ma questi si riferiscono al comportamento processuale, mentre nella fattispecie trattasi – semmai – di comportamento non corretto extraprocessuale. Appare, quindi, pacifico che nei fatti di causa si ravvisano ragioni sia da parte del Comune (che aveva formalmente titolo per emettere l’avviso), sia da parte del contribuente che aveva titolo per resistere (con esito favorevole). Trattasi dunque di questione nella quale non si ravvisano comportamenti temerari o processualmente scorretti, ma effettivamente controvertibile; circostanza che costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese di primo e secondo grado.
P.Q.M.
Accoglie l’appello del contribuente e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, compensa le spese per entrambi i gradi di giudizio; conferma nel resto.
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