COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Lombardia sentenza n. 3610 sez. 67 depositata il 9 agosto 2015
Massima
I giudici bresciani della CTR lombarda, ribaltando quanto stabilito dai giudici di primo grado, si sono pronunciati su un interessante caso relativo alla determinazione della rendita catastale degli stabilimenti industriali.
Nello specifico l’Agenzia delle Entrate contestava alla società la mancata inclusione di alcuni impianti nel computo della rendita catastale dal momento che la nozione di opificio non è riferibile solo al fabbricato che funge da copertura degli impianti, ma costituisce un bene complesso inclusivo anche degli impianti di natura strutturale essenziali al funzionamento dello stesso.
I giudici, a supporto della tesi dell’Agenzia delle Entrate, citano la sentenza n. 162 del 2008 della Corte Costituzionale che richiama la nozione di “bene immobile per incorporazione” prevista dall’art. 812 c. 1 del c. c. (nella quale rientrano tutti gli impianti che, a prescindere dalla amovibilità, costituiscono componenti essenziali che contribuiscono alla funzione complessiva dell’opificio stesso) e la circolare n. 6 del 30-11-2012 dell’Agenzia del Territorio, in cui si afferma che “devono essere inclusi nella stima catastale gli altiforni, le pese, i montacarichi, i carri ponte, trattandosi di parti strutturalmente connesse all’impianto.”
Svolgimento del processo
La società F. M. spa , proprietaria di uno stabilimento per la forgiatura dell’acciaio sito nel Comune di C. C., presentava proposta di variazione della rendita catastale indicandola in euro 72.540.
L’Agenzia delle Entrate di Brescia, previa effettuazione di sopraluogo alla presenza della parte e del tecnico incaricato, riteneva non congrua la dichiarazione effettuata per errata indicazione del valore di alcuni impianti e per la mancata inclusione di altri, quindi emetteva avviso di accertamento con il quale determinava il valore della rendita catastale in euro 215.818,46.
Contro l’avviso di accertamento la società F. M. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Brescia che con sentenza del 28.2.2013 lo accoglieva con condanna dell’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate propone appello per i seguenti motivi: 1) il giudice di primo grado ha erroneamente ritenuto che la nozione di opificio sia riferibile solo al fabbricato che funge da copertura degli impianti, mentre esso costituisce un bene complesso che include anche gli impianti di natura strutturale ed essenziali al funzionamento dell’opificio; la stessa parte proprietaria ha inserita nella propria dichiarazione Do.c.fa la voce “forni” “presse” e “impianti di fusione”; 2) l’Agenzia delle Entrate ha proceduto alla rettifica del valore dei carri ponte e dei sei forni ed ha ulteriormente incluso la pressa da 12.000 tonnellate, la sottostazione, l’impianto di trattamento acque e la gru cavalletto, determinando il valore di ciascun impianto sulla scorta delle fatture di acquisto, del libro dei cespiti e dei contratti di leasing forniti dalla società. In data 20.5.2015 deposita memoria allegando tra l’altro recente pronuncia della Corte di Cassazione.
La società F. M. spa si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso e subordinatamente l’annullamento parziale dell’avviso di accertamento. Controdeduce quanto segue: 1) l’Agenzia delleEntrate ha incluso beni strumentali alla produzione che non sono elementi costitutivi del fabbricato; inutilizzabilità del criterio di semplice svalutazione secondo gli indici Istat ai fini della determinazione del valore degli impianti dovendosi tener conto del rapido degrado del valore tecnologico degli impianti e totale irrealtà del valore del fabbricati determinato dalla Agenzia delle Entrate; 2)nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione e per mancata indicazione effettiva del Responsabile del procedimento genericamente indicato nel Direttore dell’Ufficio. Con memoria illustrativa depositata il 20.4.2015 ribadisce l’errata inclusione delle presse e dei forni nel calcolo della rendita trattandosi di macchinari privi del requisito della “immobiliarità”; deposita documentazione comprensiva di una perizia di parte sulla vita utile delle presse, dei carri ponte e dei forni di trattamento. All’udienza del 25.5.2014 il difensore di parte appellata eccepisce la nullità dell’avviso di accertamento per i motivi posti a base della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Brescia n.277 del 10.3.2015, prodotta, che in un caso analogo ha ritenuto la nullità dell’avviso di accertamento sottoscritto da R. R., quale direttore f.f., per mancanza di valida delega.
A seguito di rinvio della trattazione all’odierna udienza, l’Agenzia delle Entrate di Brescia ha depositato in data 1.6.2015 memoria di replica alla eccezione di illegittimità della sottoscrizione dell’avviso di accertamento deducendo che si tratta di nuovo motivo di ricorso e che R. R. , appartenente alla carriera direttiva, ha sottoscritto in qualità di direttore facente funzioni. Con ulteriore memoria depositata il 12.6.2015, la società F. M. ha replicato alla memoria della Agenzia delle Entrate del 1.6.2015 ribadendo il difetto di legittimazione alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento da parte di R. R., sottoscrizione effettuata al di fuori del periodo di congedo ordinario del direttore in relazione al quale era legittimata a svolgere le funzioni di direttore facente funzioni; eccepisce ulteriormente la nullità dell’avviso per omessa instaurazione del contradditorio preventivo.
Motivi della decisione
L’appello deve essere accolto.
1. L’eccezione preliminare, relativa al difetto di legittimazione del funzionario che ha sottoscritto l’atto in qualità di direttore facente funzioni, è inammissibile trattandosi di eccezione nuova, non rilevabile d’ufficio, che non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di appello a norma dell’art.57 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n.546. In tal senso si è espressa la giurisprudenza di legittimità secondo cui, nel processo tributario, la nullità dell’avviso di accertamento non è rilevabile d’ufficio e la relativa eccezione, se non formulata nel giudizio di primo grado, non è ammissibile qualora venga proposta nelle successive fasi del giudizio. (Sez. 5, Sentenza n. 10802 del 05/05/2010, Rv. 612623).
Ugualmente inammissibili sono le eccezioni nuove relative alle dedotte nullità dell’avviso di accertamento per omessa indicazione del responsabile del procedimento e per omessa instaurazione del contraddittorio preventivo ( in realtà intervenuto a mezzo del preventivo sopraluogo effettuato presso lo stabilimento al quale ha partecipato il tecnico incaricato dalla società).
2. Nel merito l’appello è fondato. La tesi sostenuta nella sentenza impugnata, secondo cui tutti i macchinari e gli impianti considerati nell’avviso di accertamento non possono essere utilizzati ai fini della determinazione della rendita catastale perché “suscettibili di essere smontati o rimontati”, contrasta con il comportamento concludente adottato dalla stessa società ricorrente che, nella propria dichiarazione Do.c.fa ai fini della determinazione della rendita catastale, ha inserito gli impianti rappresentati da forni, presse e impianti di fusione.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il riferimento testuale contenuto nella normativa catastale alle “unità immobiliari”, anziché agli “immobili”, evidenzia l’intento del legislatore di assumere quale base imponibile per la determinazione del rendita catastale non solo l’immobile inteso quale opera muraria, ma anche i complessi di beni che solo dal reciproco collegamento acquistano l’utilità e la capacità reddituale di cui sono ordinariamente privi; pertanto, la rendita castale degli opifici industriali è determinata dal complesso degli elementi costitutivi, intesi come strutture murarie e impianti fissi, che caratterizzano le unità immobiliari classificabili come “opifici”. (Sez. 5, Sentenza n. 26441 del 04/11/2008, Rv. 605445; Sez. 5, Sentenza n. 7372 del 31/03/2011, Rv. 617566).
La Corte cost. con la sentenza n.162 del 2008 ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.1 quinquies del d.l.n.44 del 2005, di interpretazione autentica dell’art.4 del decreto legge 13.4.1939 n.652, poiché esso ” non ha creato un regime particolare per le centrali elettriche, ma, anzi, ha riportato le stesse nell’àmbito della tipologia di beni cui sono state sempre accomunate, come, tra l’altro, gli altiforni, i carri-ponte, i grandi impianti di produzione di vapore, eliminando qualsiasi dubbio sorto sulla determinazione della rendita catastale delle stesse”; ha richiamato la nozione di “bene immobile per incorporazione” prevista in via generale dall’art.812 comma 1 cod.civ. nella quale devono rientrare tutti gli impianti che, a prescindere dalla amovibilità, costituiscono (come le turbine delle centrali elettriche ) “una componente strutturale ed essenziale che contribuisce alla funzione complessiva ed unitaria dell’opificio stesso”.
Dalla citata giurisprudenza costituzionale e di legittimità è desumibile il principio che, ai fini della determinazione della rendita catastale degli stabilimenti industriali, devono essere considerate non solo le opere murarie ma anche gli impianti strutturalmente connessi all’opificio e costituenti elementi essenziali, idonei a realizzare un unico bene complesso; viceversa, non devono essere prese in considerazione le apparecchiature mobili e gli impianti che non siano componenti essenziali dello stabilimento.
Con disposizione di interpretazione autentica l’art.1 comma 244 della legge 23.12.2014 n.190 ( legge di stabilità per il 2015), , ha stabilito che l’art.10 del decreto legge 13.4.1939 n.652 relativo alla determinazione della rendita catastale degli opifici, deve essere applicato ” secondo le istruzioni di cui alla circolare della Agenzia del Territorio n.6 del 30.11.2012″. Per effetto di tale norma di interpretazione autentica, le disposizioni contenute nella circolare in oggetto hanno assunto valenza di norme di legge valide erga omnes. Pertanto deve attribuirsi efficacia vincolante alla circolare nella parte in cui si afferma che ” devono essere inclusi nella stima catastale gli altiforni, le pese, i montacarichi i carri ponte”, trattandosi di parti strutturalmente connesse all’impianto siderurgico. Ugualmente l’impianto di trattamento delle acque deve considerarsi parte strutturale ed essenziale dello stabilimento industriale, che senza di esso non potrebbe funzionare nel rispetto delle norme sulla tutela ambientale.
3. L’Ufficio ha partitamente indicato il valore di ciascuno degli impianti valutati ai fini della rendita catastale, utilizzando le fatture di acquisto, il libro cespiti ed i contratti di leasing forniti dalla società ricorrente, riportandoli all’epoca censuaria di riferimento (biennio 1988-89). Di contro la società ha prodotto una consulenza di parte con la quale contesta genericamente la durata di vita utile degli impianti valutati dall’Ufficio, ma senza specificamente indicare quale sia il diverso valore attribuibile agli impianti e le modalità del relativo calcolo, avuto riguardo alla allegata durata di vita utile inferiore.
La complessità anche tecnica della materia giustifica la compensazione delle spese per entrambi i gradi di giudizio.
p.q.m.
in riforma della sentenza appellata dalla Agenzia delle Entrate di Brescia, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente. Spese compensate per entrambi i gradi di giudizio.
Brescia 29.6.2015.
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