COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Lombardia sez. 13 sentenza n. 2965 depositata il 5 luglio 2017
CESSIONE AD ESPORTATORI ABITUALI – TARDIVO INVIO DICHIARAZIONE DI INTENTI – VIOLAZIONE MERAMENTE FORMALE – ILLEGITTIMITA’ SANZIONE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso alla Commissione Tributart.a Provinciale di Milano, M S.p.a. (di seguito anche solo semplicemente la “Societa’”) impugnava l’avviso di accertamento n. X , relativo all’Imposta sul valore aggiunto, con cui si accertava che la stessa, esercente attivita’ di esportatore abituale, effettuava operazioni nell’anno 2010 senza comunicare i dati contenuti nelle dichiarazioni di intento ricevute, successivamente trasmesse in data 17 luglio 2014.
Con il suddetto avviso l’Agenzia delle Entrate di Milano lamentava la violazione dell’art. 7, comma 4 bis, D.lgs. 471/97, applicando la sanzione di euro 286.572,00.
Con il summenzionato ricorso, il contribuente chiedeva, previa sospensione dell’esecutivita’ giustificata dall’insostenibilita’ economica della sanzione, la dichiarazione di illegittimita’ dell’accertamento ed in subordine la riformulazione dell’aspetto sanzionatorio, lamentando; i) che l’infrazione rientra nell’alveo delle violazioni formali, per cui la sanzione deve rispettare il principio di proporzionalita’; ii) che il comportamento della Societa’ non ha ostacolato in alcun modo le attivita’ di controllo dell’ufficio in quanto i documenti richiesti sono stati forniti in data 17 luglio 2014; iii) che secondo la circolare n. 41/E/2005 dell’Agenzia delle Entrate la sanzione dal cento al duecento per cento dell’imposta, si applica nel caso di omessa incompleta o inesatta comunicazione e non anche nel caso di comunicazione tardiva; iv) che, successivamente, l’art. 20, comma 1, D.lgs. n, 115/2014 ha imposto di effettuare la comunicazione telematica delle lettere di intento direttamente all’esportatore abituate; v) che alla luce dei principi contenuti nello statuto del contribuente non possono essere irrogate sanzioni per indicazioni contenuti in atti dell’Amministrazione fiscale e in assenza di uno Statuto dell’inapplicabilita’ delle sanzioni quando la violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sull’ambito e sulla portata applicativa della norma; vi) che nel caso di specie il comportamento della ricorrente e’ stato ispirato al principio di buona fede e pertanto mancherebbe l’elemento soggettivo dell’infrazione.
L’Agenzia delle Entrate – D.P. II di Milano si costituiva formulando le proprie controdeduzioni a sostegno della correttezza del provvedimento impugnato, evidenziando che in caso di omessa comunicazione nei termini della dichiarazione di intenti il cedente/pressatore e’ tenuto al pagamento della sanzione del cento al duecento per cento dell’imposta non applicata in fattura, mentre, in caso di assenza totale, il cedente/prestatore e tenuto al pagamento del tributo non addebitato.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano accoglieva il ricorso, riconoscendo che la condotta della ricorrente di invio tardivo della dichiarazione di intenti non puo’ considerarsi equiparata all’assenza totale della stessa e pertanto non puo’ ritenersi applicabile l’art. 7, comma 4 bis, D.lgs. n. 471/97.
L’Agenzia delle Entrate – D.P. II di Milano ha proposto appello, lamentando la scorrettezza della pronuncia di prime cure, riproponendo quanto gia’ eccepito in primo grado in relazione agli ulteriori profili del ricorso originario.
La M S.p.A. ha presentato le proprie controdeduzioni, affermando, in primis, la correttezza della pronuncia dei giudici di primo grado e, di seguito, ribadendo l’illegittimita’ del provvedimento oggetto di causa; inoltre, la societa’ ha presentato appello incidentale lamentando la violazione dei criteri adottati dai giudici di primo grado per la liquidazione delle spese.
Infine, la M S.p.A. presentava memorie integrative a sostegno della propria posizione.
Alla pubblica udienza tenutasi in data 31 maggio 2017 la causa e’ stata posta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti presenti e rappresentate in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Questa Commissione respinge l’appello, ritenendo corretto quanto disposto dai giudici di prime cure.
Deve preliminarmente rilevarsi, per quel che concerne la deduzione di difetto di motivazione sollevata dall’Ufficio appellante, che le valutazioni espresse dalla Commissione Tributaria Provinciale nella pronuncia impugnata appaiono, pur nella sintetica esposizione, atte a dare conto delle ragioni della decisione adottata.
A tal proposito, anche in questa sede, si ravvisa idonea e sufficiente la documentazione contabile prodotta dalla Societa’, fornendo un adeguato riscontro (in senso negativo) alle deduzioni del medesimo Ufficio.
Cio’ posto, va in ogni caso rimarcato come il giudizio di fondatezza del ricorso dei giudici di primo grado risulti corretto e vada per l’effetto confermato.
Infatti, la tardiva trasmissione telematica, da parte dell’impresa che cede beni o servizi, dei dati riepilogativi delle dichiarazioni d’intento (regolarmente e progressivamente annotate nell’apposito registro) di esportatori abituali legittimati ad effettuare acquisti in esenzione di IVA, ex art. 8 D.P.R. n. 633/72 e art. 1 l. n. 17/1984, risultati pienamente regolari, non puo’ essere sanzionata alla stregua dell’assenza della dichiarazione di intenti stessa.
Solo in questa seconda ipotesi, a cui non puo’ non ritenersi assimilabile la prima, la presente Commissione ritiene applicabile l’art. 7, comma 4 bis, D.lgs. 471/97.
Come gia’ evidenziato in primo grado, il fatto che il contribuente abbia rispettato gli adempimenti richiesti ai fornitore di un “esportatore abituale” finalizzati all’emissione di fatture “in sospensione d’imposta” (numerazione progressiva delle dichiarazioni d’intento ricevute, annotazione entro 15 giorni sull’apposito registro, riporto de: relativi estremi nelle Iatture emesse, verifica del modello utilizzato per le dichiarazioni d’intento secondo le prescrizioni ex D.M. 6/12/86), a eccezione dell’invio telematico tardivo all’Agenzia delle Entrate dei dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento, non puo’ essere equiparato ad assenza totale della stessa.
Una statuizione di tal tipo comporta la non operativita’ della sanzione dal 100% al 200% dell’imposta prevista dalla versione dell’art. 7, comma 4 bis, D.lgs. n. 471/97 applicabile ratione temporis in quanto violazione formale la cui omissione non ha impedito all’amministrazione di esercitare il normale controllo ne’ ha arrecato alcun danno erariale, cosi’ da non essere equiparabile ad una sua totale assenza.
La particolarita’ della questione, comunque, suggerisce alla Commissione la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M
La Commissione respinge l’appello e conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
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